Corte di Cassazione Penale Sezioni unite 27/5/2010 n. 23909

Redazione 27/05/10
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Svolgimento del processo

La persona offesa del procedimento per diffamazione nei confronti di S.L. e T.V., Z.D., ricorre tramite difensore contro decreto di archiviazione in data 25.9.08 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ferrara.
Il G.I.P. ha accolto la richiesta di archiviazione, ripetuta dal Pubblico Ministero dopo lo svolgimento di indagini suppletive, indicategli nell’ordinanza consecutiva all’udienza camerale seguita ad una prima opposizione della stessa persona offesa che, ricevuto l’avviso della nuova richiesta, l’ha riproposta. Stavolta ha ritenuto irrilevanti, perchè già svolte, le indagini indicate con la nuova opposizione ed infondata la notizia di reato perchè, come sostenuto dal P.M., si è in presenza di esercizio del diritto di critica politica.
Il ricorso deduce: a) violazione del principio del contraddicono, perchè l’oggetto delle investigazioni suppletive di cui all’art. 410 c.p.p., comma 1, può riguardare anche un’integrazione, nella specie richiesta; b), perchè il G.I.P., riportandosi alle argomentazioni del P.M., ha omesso di considerare che la notizia, pubblicata nel periodico (omissis), è smentita dalle stesse indagini suppletive; c) il Giudice, reiterata la richiesta di archiviazione, presentata all’esito delle indagini suppletive e di nuova opposizione della persona offesa, avrebbe dovuto fissare l’udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 409 c.p.p., comma 2, per valutare in contraddicono i risultati di tali indagini.
La successiva memoria richiama in particolare le sentenze secondo le quali il giudice, prima di provvedere sulla seconda richiesta di archiviazione, ha l’obbligo di instaurare il contraddittorio in udienza camerale.
La Sezione 5^, preso atto del ricorso e delle conclusioni di inammissibilità del Procuratore ********, in ordinanza del 29.1.2010, ha rilevato che l’ultimo motivo pone questione preliminare, perchè sentenze della Sez. 1^, n. 1203/96, ******* – Sez. 2^, n. 842/95, ******; n. 43913/03. P.O. in proc. *********, rv. 227333; – Sez. 5^ n. 23899/02, ******* ed a.; Sez. 6^, n. 2174/98, ********, rv. 211791; n. 2318/00, P.O. in proc. *****, rv. 220551; n. 40691/06, P.O. in proc. *******, rv. 235551 e n. 21988/06, P.O. in proc. *********, hanno nel caso affermato la necessità di fissazione di nuova Camera di consiglio.
Rilevato contrasto di giurisprudenza, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite.

Motivi della decisione

1 – E’ questione "se, dopo l’espletamento delle indagini disposte in esito ai non accoglimento, su opposizione della persona offesa, di una prima richiesta di archiviazione, il giudice per le indagini preliminari, riproposta dal pubblico min/stero fa richiesta di archiviazione, sia tenuto a fissare l’udienza camerale o possa provvedere con decreto". 1.1 – Le sentenze citate nell’ordinanza di rimessione formano un indirizzo che afferma, per ragioni confluenti ma non concordi, l’obbligo del giudice per le indagini di fissare nuova camera di consiglio, dopo che il pubblico ministero ha compiuto le indagini disposte in prosecuzione nel termine fissato con ordinanza ai sensi dell’art. 409 c.p.p., comma.
La citata Sez. 1^ ******* ha sottolineato il diritto della persona offesa, riportandosi a sentenze della Corte Costituzionale, n. 413/94 (che estendeva la facoltà di opposizione al rito pretorile) e n. 88/91 (v. oltre). Ed ha affermato che, già instaurato il contraddittorio, non è necessario che la persona offesa rinnovi l’opposizione (nello stesso senso le citate Sez. 6^ ********* e Tollare da ultimo ****, n. 40113/09 – rv. 244560).
Altre sentenze (cfr. le citate Sez. 6^ ******** e *****, Sez. 5^ *******, Sez. 2^ *********, nonchè Sez. 4^ ******, n. 3494/04, rv. 229835) hanno ritenuto invece necessaria la nuova opposizione. Ma Sez. 6^ Oulai, n. 2100/98 – rv. 211957 ha rimarcato che il giudice deve comunque provvedere con ordinanza.
1.2 – In senso contrario si ritiene, per ragioni di sistema, che il P.M. debba ripetere l’avviso alla persona offesa, che può riproporre opposizione per nuovo contraddittorio, che il G.I.P. può dichiarare inammissibile ed archiviare per decreto (art. 410 c.p.p., comma 2).
Diversamente, spiega la sentenza ******** (Sez. 5^, n. 2825/01, rv. 218831), si esproprierebbe il P.M. delle sue scelte discrezionali ed il giudice del controllo di legalità.
La Nannarone (Sez. 6^, n. 4229/97, rv. 210310), rifacendosi a S.U. Testa n. 2/96, esige la nuova opposizione concreta e specifica per l’ulteriore prosecuzione delle indagini, escludendo che possa replicare nel merito. E la ******* (Sez. 4^, n. 2009/02, rv. 220790) sottolinea che i margini della dichiarazione di inammissibilità sono nel caso più ampi perchè, già discusso il tema delle nuove indagini da svolgere, il G.I.P. può motivatamente ritenerne la completezza e superfluo proseguirle. Nello stesso solco si pongono Sez. 2^, n. 26675/03, ********* (rv. 225162) e Sez. 4^, n. 34405/03, ****** (rv. 225718).
2 – Per risolvere il contrasto, rileva anzitutto la diversa lettura dell’obbligo di esercizio dell’azione penale nel Codice vigente, rispetto a quello preesistente alla Costituzione.
Il rito inquisitorio prevedeva che il pubblico ministero, in alternativa alla propria istruzione sommaria, chiedesse nei casi complessi al giudice di svolgere quella formale. Formulata invece richiesta di archiviazione, secondo l’art. 74 c.p.p. 1930, comma 2, il giudice istruttore poteva disporre con ordinanza di proseguire lui le indagini. La norma era ritenuta rispondente all’art. 112 Cost., perchè la richiesta d’archiviazione del pubblico ministero era intesa per diritto vivente forma residua di esercizio dell’azione penale.
La Corte Costituzionale, difatti, affermò l’intangibilità del principio di "obbligatorietà dell’azione penale" da parte del pubblico ministero, volta ad assicurare l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, in sentenza n. 84/79 che, occupandosi di norme (L. n. 378 del 1865) che attribuivano azioni penali ad organi diversi, le ritenne sussidiarie o concorrenti.
Mutato il rito, la Corte ha riaffermato il "principio d’intangibilità" in sentenza n. 88/91 (cit. in Cass. Sez. 1^, *******) che, nel ritenere legittimo il dettato del D.P.R. n. 271 del 1989, art. 125, (Disp. att. c.p.p. 1988), premette che il rito accusatorio, teso ad evitare la "superfluità del processo", affida al giudice per le indagini il controllo che il pubblico ministero non si sottragga all’obbligo di esercizio di azione penale per "mera inopportunità".
Qui si rileva che, esclusa la fictio che unificava le opposte iniziative del P.M. nel rito inquisitorio, la concisa lettera dell’art. 112 Cost., ha consentito al legislatore del’88 di invertire l’economia del processo. L’art. 50 del Codice difatti reca: "il pubblico ministero esercita l’azione penale quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione". E l’art. 125 cit. in attuazione da contenuto ai "presupposti", disponendo che presenti al giudice la richiesta "quando ritiene l’infondatezza della notizia di reato perchè gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio".
Se la richiesta risponde al parametro di inidoneità degli elementi acquisiti, il G.I.P. decreta incensurabilmente l’archiviazione. Se la richiesta non risponde al parametro, il giudice per le indagini dispone che il P.M. prosegua le indagini o eserciti l’azione penale, instaurando in entrambi i casi il contraddicono, che ha in ciascuno diversa funzione.
2.1 – Le alternative s’incentrano sulla sufficienza delle indagini svolte.
Se il G.I.P. le ritiene insufficienti, non accoglie la richiesta e, per l’art. 409, comma 2, fissa con ordinanza udienza camerale a sensi dell’art. 127 c.p.p., cui partecipano l’indagato e la persona offesa. Consecutivamente indica al P.M., se necessarie, le ulteriori indagini da compiere in termini indispensabili (comma 4).
Se le ritiene sufficienti, il G.I.P. dispone che il P.M. formuli l’imputazione (eserciti l’azione penale), entro dieci giorni. Nei due giorni successivi fissa con decreto (conclusivo delle indagini) l’udienza preliminare, in cui discusso il merito tra le parti, quale G.U.P. dispone il giudizio per decreto o decide in sentenza il "non luogo a procedere".
Nel primo caso (art. 409, comma 2), dunque, la legge prevede un "contraddittorio incidentale" a seguito del quale il G.I.P. indica in ordinanza al P.M. le altre indagini da svolgere o archivia la notizia di reato per infondatezza, restituendogli gli atti.
L’ordinanza (comma 6) è "ricorribile per cassazione" se emessa senza osservare le disposizioni d’instaurazione e svolgimento della camera di consiglio di cui all’art. 127, commi 1, 3 e 4, sanzionate da nullità nel comma 5, non per la sua motivazione.
La conclusione ineludibile è che, se l’indagato non può sottrarsi alla prosecuzione d’indagini, nè l’offeso contestare l’archiviazione della notizia di reato, l’ordinanza conclusiva del G.I.P., sia o non propulsiva, è destinata esclusivamente al pubblico ministero.
2.2 – Al fine propulsivo, la persona offesa può offrire contributo al G.I.P., in ragione della sua conoscenza del fatto. L’art. 408 c.p.p., la autorizza a proporre opposizione entro dieci giorni dalla notifica d’avviso della richiesta di archiviazione, di cui abbia già chiesto al P.M. di essere eventualmente informata. E l’art. 410, comma 1, prevede che con tale opposizione la persona "chieda la prosecuzione delle indagini, indicando a pena di inammissibilità l’oggetto di investigazione suppletiva ed i relativi elementi di prova".
Se il G.I.P. ritiene le indicazioni dell’opponente rilevanti e pertinenti, come richiesto da S.U. n. 2/96 Testa, cioè tali da dimostrare che la richiesta di archiviazione del P.M. non vada accolta per incompiutezza delle indagini (difetto d’iniziativa del P.M, non erronea valutazione d’infondatezza della notizia), dispone udienza ai sensi dell’art. 409, comma 2.
Ma il G.I.P può dichiarare inammissibile l’opposizione non autorizzata o tardiva e disporre ugualmente l’udienza camerale, per indicare al P.M. proprio le indagini già suggerite dalla persona offesa. La proposizione dell’opposizione non è dunque per sè condizione di prosieguo del contraddicono già instaurato. E non lo è nemmeno la consecutiva ordinanza del G.I.P., secondo quanto già affermato in S. U. n. 22909/05, Mine/vini.
La sentenza ha riconosciuto bensì al G.I.P. il potere di controllo sull’intera notitia criminis con facoltà di estenderla a persone diverse, imponendo al P.M. l’iscrizione relativa dei nomi nel registro delle notizie di reato e la prosecuzione delle indagini (rv. 231162).
Ma gli ha negato il potere di fissare contestualmente nuova udienza di rinvio per l’ulteriore corso, in quanto creerebbe un vincolo per le valutazioni conclusive del P.M. circa l’idoneità degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio, sicchè sotto questo profilo il suo provvedimento ordinatorio è abnorme (rv. 231163).
E’ evidente che, compiute ulteriori indagini, il P.M. è ripristinato nella facoltà di richiedere l’archiviazione, dandone avviso alla persona offesa, che ha conservato il diritto di esserne informata a sensi dell’art. 408. E la nuova opposizione non obbliga il G.I.P. ad emettere ordinanza per la fissazione di camera di consiglio, se la riconosce inammissibile ed accoglie la ripetuta richiesta di archiviazione del P.M., salvo un parametro diverso dall’unico già riconosciuto nel diritto vivente.
3 – In sintesi, il processo dev’essere non solo necessario, come premesso, ma anche di durata ragionevole, come rammenta la sopravvenuta novella dell’art. 111.
Il rispetto combinato dei due principi è connaturato al sistema, che ha invertito l’economia del rito, confinando anzitutto la fase delle indagini in termini rigorosi, seppur prorogabili (art. 405 c.p.p. e ss.) e correlando il contributo dell’offeso all’esigenza di proseguire le indagini in precisa direzione. La garanzia del contraddittorio incidentale assume dunque rilievo solo se funzionale alla prospettiva di esercizio dell’azione penale, in ipotesi di valutazione del G.I.P. discorde da quella del P.M. sulla sufficienza delle acquisizioni per decidere se archiviare, come richiestogli o che il P.M. eserciti l’azione penale.
L’opposizione ha il fine di offrire al G.I.P. contributo conoscitivo. Ed il contraddittorio incidentale gli consente di riceverlo, eventualmente sulla premessa dell’opposizione ammissibile, anche dall’indagato (posto che il P.M. deve accertare del pari quanto è a suo favore, giusto l’art. 358 c.p.p.) in posizione di terzietà, quando il G.I.P. ritiene di dover disporre il prosieguo delle indagini. Non ha altra funzione, se infine si osserva che l’art. 414 c.p.p., prevede che, disposta l’archiviazione, il G.I.P. possa riaprire le indagini con decreto motivato, su richiesta del P.M. motivata con l’esigenza di nuove investigazioni.
Pertanto alla questione si risponde che "il giudice può provvedere con decreto se non vi sia nuova opposizione o se questa sia inammissibile". 4 – Infondato il motivo preliminare del ricorso, gli altri due, volti a sostenere la ripetuta opposizione, sono invece inammissibili, perchè in contrasto con il diritto vivente.
In via di principio è ovvio che la nuova opposizione debba, non solo possa, avere ad oggetto supplementi integrativi d’indagine, purchè rispondenti ai parametri dell’art. 410, comma 1, S.U. Testa (cit.) li ha sottolineati, per impedire che il giudice nel decreto di cui all’art. 410, comma 2, documentalmente unico, ritenga in via apodittica l’inammissibilità dell’opposizione o la confonda con la valutazione di infondatezza della notizia di reato.
Ma il rispetto dei parametri integra il presupposto di diniego del contraddittorio. Perciò il ricorso contro il decreto è previsto per inosservanza di rito, non per vizio di motivazione (art. 606, comma 1, lett. e), sulla rilevanza o pertinenza delle indicazioni o nell’affermare infondata la notizia, salvo trasferire al giudice di legittimità il controllo riservato al G.I.P..
Nella specie, si è premesso che il decreto fa proprio il tenore della richiesta del P.M., che da conto delle indagini svolte (vertenza politica, opinioni di ciascun indagato per i quali è notizia di reato, acquisizioni documentali, etc.). E significa che la compiutezza delle indagini dimostra che la ripetuta opposizione non indichi nulla di rilevante da acquisire ancora.
Il primo motivo dunque travisa che il decreto di inammissibilità dell’opposizione si rifa proprio al parametro richiesto, sicchè risulta ictu oculi riconoscibile quale presupposto di esclusione del contraddittorio in vista di ulteriore prosecuzione delle indagini.
L’equivoco è di assoluta evidenza nel secondo motivo, che sostiene il "difetto di motivazione circa l’infondatezza della notizia di reato e i risultati d’indagine".

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

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