Corte di Cassazione Penale sez. VI 9/7/2008 n. 28139; Pres. Lattanzi G.

Redazione 09/07/08
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FATTO

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Venezia disponeva la consegna all’autorità giudiziaria della Repubblica Federale Tedesca di L.C., cittadino italiano, nei confronti del quale era stato emesso in data 24 luglio 2007 dal Procuratore di Stato di Monaco di Baviera (************************) mandato di arresto europeo (MAE) per il reato di evasione fiscale, punito con la reclusione fino a cinque anni dall’art. 370 codice tributario tedesco e dall’art. 50 cod. pen. tedesco, sulla base di un provvedimento di custodia cautelare interno (Haftbefehl) emesso dalla Pretura di Monaco di Baviera (Amtsgericht Munchen) il 10 luglio 2007.

La Corte di Appello, in applicazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 19, comma 1, lett. c, disponeva che la consegna era subordinata alla condizione che il L., dopo il processo, fosse rinviato in Italia per qui scontare la pena di misura di sicurezza privativa della libertà personale.

Avverso detta sentenza ricorre per Cassazione il difensore del L., avv. *****************, il quale denuncia:

1. Violazione della L. n. 69 del 2005, mancando una relazione sui fatti addebitati, recante la indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luogo di commissione dei fatti e della loro qualificazione giuridica.

Tale relazione non poteva considerarsi supplita dal contenuto del MAE, dato che esso contrastava con il mandato di arresto interno con riguardo al tempo di consumazione dei fatti addebitati.

Dal MAE si ricava che il L. non avrebbe effettuato la dichiarazione dei redditi e della tassa comunale sull’esercizio di attività di impresa dal 1998 al 2002, ma poi nel prospetto allegato al mandato di arresto interno veniva aggiunto anche l’anno 2003.

Inoltre dallo stesso MAE si ricava che il L. non avrebbe effettuato la dichiarazione di imposta sul valore aggiunto dal 1999 al 2003, ma in un precedente MAE emesso nell’anno 2005 (poi nn eseguito) il periodo di consumazione si sarebbe esteso sino al 2005.

Ancora, dalla documentazione trasmessa, non è dato desumere il contenuto delle violazioni di legge, che sono invece, meramente indicate, nel mandato di arresto interno.

Queste lacune e incertezze circa i fatti contestati determinavano una evidente lesione del diritto di difesa.

2. Violazione della L. n. 69 del 2005, art. 7 e carenza di motivazione in punto di doppia punibilità in materia di reati fiscali.

La Corte di appello ritiene che le ipotesi indicate nel MAE siano assimilabili a tasso o imposte previste dall’ordinamento italiano. Ma l’autorità tedesca non ha indicato nè il contenuto delle norme tributarie nè i soggetti cui la relativa disciplina è indirizzata.

Certamente l’omesso pagamento della imposta comunale sull’attività commerciale non trova alcun aggancio nelle previsioni della L. n. 74 del 2000.

Inoltre, l’art. 7, richiede che per la violazione di analoghi obblighi tributari l’ordinamento italiano preveda la pena della reclusione pari o superiore a tre anni, ma secondo il nostro ordinamento, ai fatti di omesso pagamento di tasse e imposte commessi sino alla entrata in vigore della L. n. 74 del 2000, e cioè sotto il regime della L. n. 516 del 1982, erano applicabili solo fattispecie contravvenzionali.

3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimenti alla L. n. 69 del 2005, art. 40.

In base a tale disposizione, la disciplina sul Mae non si applica ai reati commessi anteriormente al 7 agosto 2002.

La sentenza impugnata desume dal riferimento a un unico disegno criminoso contenuto nel MAE l’esistenza nell’ordinamento tedesco di un istituto assimilabile a quello del reato continuato previsto dal nostro ordinamento, senza però che di esso vi sia alcuna specifica indicazione.

In ogni caso la configurabilità del reato continuato quale reato unico, secondo criteri ispirati nell’ordinamento italiano al favor rei, non può comportare conseguenze sfavorevoli per il soggetto interessato.

DIRITTO

1. Il ricorso è solo in parte fondato.

2. La previsione secondo cui al MAE deve essere allegata una "relazione sui fatti addebitati alla persona delle quale è domandata la consegna, con l’indicazione delle fonti di prova, in tempo e del luogo di commissione dei fatti stessi e della loro qualificazione giuridica" (L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 4, lett. a) non va intesa in senso formalistico, come sarebbe su si ritenesse imprescindibile l’allegazione al MAE di un atto così denominato, ma nel senso che nella documentazione trasmesse dall’autorità, dello Stato emittente siano indicati gli elementi che tale norma richiede ai fini dell’accoglimento della richiesta è consegna, che ben possono essere contenuti in qualsiasi atto proveniente da tale autorità (v. tra le altre Cass., sez. 6^, 1 febbraio 2007, Piaggio).

Nella specie, come del resto riconosce lo stesso ricorrente, tali dati erano tutti desumibili dall’allegato al mandato di arresto interno (fol. 111), in cui si specificano, appunto, i fatti addebitati, le fonti di prova (di natura documentale), il tempo e il luogo delle omesse dichiarazioni fiscali.

3. Non vi è contraddizione tra il MAE e il mandato di arresto interno circa le indicazioni temporali dei fatti contestati. In entrambi i provvedimenti si fa riferimento "ai redditi conseguiti" dalla impresa del L. negli anni dal 1998 al 2002, mentre il richiamo all’anno 2003 si riferisce alla condotta omissiva, e ciò alle dichiarazioni che dovevano essere fatte con riferimento all’anno precedente.

Non vi è ragione poi di considerare quanto risulterebbe indicato in un precedente MAE del 2005, che, per motivi che qui non interessano, non ha avuto alcun seguito e che non costituisce titolo della presente procedura di richiesta di consegna.

4. Risulta solo parzialmente soddisfatta la previsione della L. n. 69 del 2005, art. 7, comma 2 circa il presupposto della assimilabilità, per analogia, delle tasse o imposte evase nello Stato di emissione rispetto a quelle contemplate dalla italiana.

Dal MAE e dalla documentazione allegata si ricava, una delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto assimilabili ai corrispondenti obblighi tributari previsti dall’ordinamenti italiano (IRPEF, IVA).

Stante il disposto del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, in tema di omessa dichiarazione relativa alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, appare dunque rispettato il requisito della punibilità nel nostro ordinamento con la reclusione pari o superiore a tre anni, non rilevando che in passato, sotto il regime del D.L. n. 429 del 1982, conv. nella L. n. 516 del 1982, analoghe violazioni fossero punite nell’ordinamento italiano a titolo di contravvenzione, non dovendo l’autorità giudiziaria italiana investita di un MAE occuparsi della applicazione di pene ma solo della compatibilità, nei limiti previsti della legge, delle previsioni penali contenute nell’ordinamento dello Stato membro con quelle interne.

Invece, la contestazione dell’omesso pagamento dell’imposta comunale sull’attività di impresa non trova riscontro in una analoga fattispecie criminosa dell’ordinamento italiano. Anche ammettendo che tale imposta possa corrispondere alla imposi regionale sulle attività produttive (IRAP) previste dall’ordinamento tributario italiano, per le varie condotte relative al mancato pagamento di essa non sono contemplate ipotesi di reato ma solo violazioni amministrative.

5. Appare parzialmente fondato anche il rilievo che fa leva sul discrimine temporale, fissato nel 7 agosto 2002 dalla L. n. 69 del 2005, art. 40, ai fini dell’applicabilità della disciplini del MAE. L’autorità tedesca ha precisato nel MAE che il L. ha posto in essere le condotte contestate "seguendo il suo piano criminoso" ma, rispondendo a una richiesta di informazioni di questa Corte non ha dichiarato che nell’ordinamento tedesco esiste un istituto assimilabile a quello del reato continuato contemplato dall’art. 81 cpv. c.p., precisando solo che esiste la possibilità di un cumulo giuridico delle pene qualora più reati siano esaminati nell’ambito dello stesso procedimento penale (par. 53 cod. pen. tedesco).

Non sussistono dunque i presupposti per ritenere le varie condotte unificate in un unico reato che abbia avuto come ultima manifestazione criminosa una condotta realizzata dopo la detta data del 7 agosto 2002, e quindi non è possibile applicare nella specie la stessa ratio decidendo su cui avevano fatto leva le sentenze e questa Sezione in data 26 ottobre 2007, ******** e 10 dicembre 2007, ****; non rilevando a tal fine un mero cumulo giuridico delle pene conseguenti a reati commessi prima e dopo detto discrimine temporale (v. in analoga fattispecie Sez. 6^, 27 febbraio 2006 Busuleac).

Tutte le condotte relative all’omesso pagamento dei tributi commesse prima dell’anno 2003 non possono dunque formare oggetto di consegna.

6. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio limitatamente ai reati commessi prima del 7 agosto 2002 e a tutti quelli relativi all’imposta comunale sulle attività commerciali prevista dall’ordinamento tedesco.

Nel resto il ricorso deve essere rigettato.

La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati commessi prima del 7 agosto 2002 e a tutti quelli relativi all’imposta comunale sulle attività commerciali.

Rigetta nel resto il ricorso.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Redazione