Corte di Cassazione Penale sez. VI 5/10/2009 n. 38617; Pres. Mannino F.S.

Redazione 05/10/09
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FATTO E DIRITTO

Il Tribunale di Napoli, con sentenza 9/12/2004, condannava N. V., previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione per tentativo continuato di concussione, perchè, nella qualità di presidente del Consiglio comunale di Afragola, aveva esercitato, tra l’agosto 1998 e il febbraio 1999, ripetute pressioni sui responsabili di un ipermercato di prossima apertura perchè procedessero all’assunzione di 250 persone nominativamente segnalate, prospettando implicitamente, in caso contrario, la frapposizione di ostacoli all’avvio operativo della struttura commerciale.

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza 22/1/2007, in accoglimento del gravame proposto dall’imputato, assolveva il medesimo dal reato ascrittogli, perchè il fatto non sussiste.

Riteneva il Giudice distrettuale che il N., nell’esercitare pressioni sui vertici della società commerciale per tentare d’imporre l’assunzione di propri raccomandati, si avvalse della sua autorevolezza politica e non della carica pubblica rivestita, alla quale era estraneo qualsiasi potere idoneo ad essere strumentalizzato per creare ostacoli all’avvio dell’ipermercato. Aggiungeva che la condotta dell’imputato avrebbe avuto un rilievo penale solo se fosse rimasta ferma l’impostazione iniziale d’accusa, secondo cui il predetto avrebbe agito d’intesa col sindaco C., il quale, avendo competenza specifica in materia, avrebbe strumentalizzato i propri poteri per il noto fine clientelare; l’assoluzione irrevocabile di quest’ultimo, però, rendeva penalmente irrilevante il comportamento del N..

Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore ******** presso la Corte partenopea, deducendo l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale, sotto il profilo che l’effetto preclusivo del giudicato (art. 649 c.p.p.) non può che riguardare lo stesso imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili e non il coimputato concorrente nello stesso reato; l’accertamento della responsabilità di quest’ultimo non può incontrare limiti, anche ove implichi, a tale circoscritto fine, una rivalutazione incidentale del comportamento della persona assolta.

La difesa dell’imputato ha depositato in data 27/5/2009 memoria, con la quale ha sollecitato la declaratoria d’inammissibilità del ricorso, perchè strutturato su motivi non ricompresi nell’elencazione di cui all’art. 606 c.p.p. e sostanzialmente orientati a porre in discussione la logica ricostruzione in fatto operata dal giudice di merito.

Il ricorso è fondato.

La sentenza impugnata, invero, pur dando atto delle pesanti e perentorie interferenze del N. sui vertici della società interessata all’apertura in (OMISSIS) di un ipermercato, al fine d’imporre l’assunzione nominativa di un rilevante numero di persone da lui raccomandate, non ravvisa in ciò gli estremi del contestato reato per le ragioni innanzi sintetizzate.

Tale conclusione è meramente assertiva e non fa buon governo della legge penale.

La censura articolata dal P.G. ricorrente, se pur sinteticamente esplicitata, coglie sostanzialmente nel segno e resiste ai rilievi, meramente formali, contenuti nella memoria difensiva depositata nell’interesse dell’imputato.

Il richiamo fatto dal ricorrente alla norma di cui all’art. 649 c.p.p. non è fuori luogo, perchè finalizzato a contrastare la tesi della inconfigurabilità di una responsabilità concorsuale del N. nel reato, per effetto della pronuncia assolutoria, passata in giudicato, del coimputato C., che sarebbe stato l’unico soggetto investito, per competenza istituzionale, di poteri strumentalizzabili.

Osserva, al riguardo, la Corte che il giudicato formatosi nei confronti di un determinato imputato per un certo fatto non vincola il giudice chiamato a rivalutare lo stesso fatto in relazione alla posizione di altro imputato, concorrente nel medesimo reato; il che comporta – tra l’altro – che, qualora il giudicato sia stato di assoluzione, il giudice del procedimento a carico del concorrente nel medesimo reato ben può sottoporre a rivalutazione la condotta della persona assolta all’unico fine – fermo il divieto del ne bis in idem a tutela della posizione di quest’ultima – di accertare la sussistenza e il grado di responsabilità dell’imputato da giudicare (cfr. Cass. sez. 1 16/11/1998 n. 12595; 29/11/2000, *******; sez. 3 3/5/2005 n. 21998).

Nè può fondatamente sostenersi che sarebbe stata preclusa alla Corte territoriale, per difetto di devoluzione, la possibilità di rivisitare la posizione del N. sotto il profilo della responsabilità concorsuale, esclusa dal giudice di primo grado, che aveva ritenuto l’ipotesi monosoggettiva. E ciò perchè l’esatta ricostruzione del fatto, la cui valutazione è comunque devoluta alla cognizione del giudice d’appello, rientra nei poteri propri di questo, che non è vincolato alla ricostruzione operata dal giudice di primo grado, purchè non esorbiti dai limiti della contestazione.

In ogni caso, anche l’ipotesi di una responsabilità autonoma e non concorsuale del N. non può semplicisticamente essere esclusa dagli argomenti, meramente assertivi, utilizzati dalla sentenza impugnata.

Premesso che anche questo aspetto deve ritenersi implicitamente investito dal proposto ricorso, che censura l’intero iter argomentativo della sentenza di merito, non può essere sottovalutata la circostanza, regolarmente contestata, che l’imputato si avvalse certamente, nell’imporre l’assunzione di propri protetti ai responsabili della società commerciale, del ruolo ricoperto (presidente del C.C.) in seno al Comune, che era l’ente competente a interloquire con la società e ad autorizzare l’apertura dell’ipermercato. Non rileva che esulava dai poteri del N. una competenza specifica al riguardo. Ciò che è necessario per la configurabilità del reato di concussione è che il comportamento abusivo abbia idoneità intimidatoria tale da determinare nel soggetto passivo uno stato di soggezione. Detto illecito è configurabile anche nel caso in cui il pubblico ufficiale si attribuisca poteri estranei alla sua competenza, posto che l’abuso è riferibile sia alla qualità del pubblico ufficiale indipendentemente dall’ufficio suo proprio e quindi anche in rapporto ad atti non rientranti nella sua competenza funzionale, sia all’estrinsecazione oggettiva della funzione della quale egli è investito in maniera determinata. E’ sufficiente, pertanto, che la qualità soggettiva dell’agente avvalori o renda credibile la sussistenza di una specifica competenza di mero fatto.

Considerato che, in punto di fatto, il giudice di merito ha accertato che il N., quando ancora gli organi comunali non avevano dato il via libera all’apertura del l’ipermercato, esercitò notevoli pressioni sui vertici della società commerciale perchè venissero assunte persone da lui segnalate ed indicate nominativamente in un apposito elenco, è necessario che questa realtà venga adeguatamente rivalutata alla luce degli enunciati principi e, a tal fine, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli per nuovo giudizio.

Redazione