Corte di Cassazione Penale sez. VI 21/7/2005 n. 26934

Redazione 21/07/05
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
SENTENZA

RITENUTO IN FATTO
A.S. propone ricorso contro la sentenza 11 ottobre 2004 della Corte d’appello di Salerno con la quale è stata confermata la decisione 18 dicembre 2002 del Tribunale di Vallo della Lucania che lo dichiarò responsabile del delitto di interruzione di pubblico servizio, perché, quale titolare della farmacia di ******* turbava la regolarità del relativo servizio di pubblica necessità, provvedendo all’apertura dell’esercizio, con sistematico ritardo sia al mattino che al pomeriggio, di circa trenta- quarantacinque minuti.
Ad avviso del giudice d’appello, il quadro probatorio posto a fondamento della sentenza di primo grado trova conferma nelle risultanze processuali e giustifica la responsabilità di A. S. per il delitto di cui all’art. 340 c.p.
La Corte territoriale ha disatteso le censure poste alla decisione di primo grado e ha ritenuto che i sistematici ritardi nell’apertura della farmacia avevano arrecato turbamento alla regolarità del servizio in modo da alterare la tempestiva regolarità del servizio medesimo, specificamente negata dal teste M. A., costretto a recarsi in due occasioni a comprare le medicine fuori paese.
Inoltre, per la Corte di merito, priva di fondamento è la tesi difensiva secondo cui la contemporanea gestione di due farmacie, l’una in ******* e l’altra in S. Mauro La Brusca, avrebbe dovuto giustificare la condotta di A. S., in quanto, nonostante la concessione prevedesse l’esercizio delle due distinte attività, S. era tenuto a rispettare i doveri inerenti la regolarità del servizio e, se del caso, a rinunciare ad una delle due.
Peraltro, rileva la Corte, la distanza trai due paesi non era tale da giustificare la continuità dei ritardi.
Con un unico motivo, articolato in due distinti punti, la difesa di A. S. deduce la violazione o erronea applicazione dell’art. 340 c.p.
Ad avviso del ricorrente, la condotta ascritta ad A. S. non integra l’elemento materiale del reato di interruzione o turbamento di un pubblico servizio, in quanto non vi è stato un turbamento della funzionalità della farmacia, bensì singoli episodi di brevissima durata che, come tali non hanno arrecato pregiudizio alcuno alla regolarità dell’attività.
Interruzione e turbamento sono condotte entrambe che devono essere incisive per la regolarità del servizio, situazione non verificata e non accertata in concreto.
Il ricorrente pone in risalto che A. S. ha rispettato le condizioni contenute nella convenzione relativa al servizio affidatogli che non gli consentiva di ricorrere all’ausilio di personale nella vendita di farmaci in S. M. La Bruca durante la chiusura della farmacia di *******.
Le modalità di esercizio del pubblico servizio sono state quelle previste dalla convenzione che gli affidava, oltre all’esercizio della farmacia in *******, anche l’attività di vendita di farmaci in S. M. La Bruca.
A.S. ha puntualmente adempiuto agli obblighi assunto con la convenzione, che contemplava il lasso di tempo per l’esercizio delle due attività, e dunque, non potrebbe configurarsi il reato di cui all’art. 340 c.p.
I giudici di merito, rileva il ricorrente, non avrebbero tenuto conto dell’operatività della scriminante di cui all’art. 51 c.p., in quanto S. avrebbe puntualmente adempiuto ai doveri prescritti dalla Convenzione.
Inoltre, non è stato accertato che i cittadini di ******* e di S.M. La Bruca abbiano sofferto un pregiudizio, non essendo mai accaduto che abbiano trovato chiuso le due farmacie.
La testimonianza di M. A. farebbe riferimento ad un contesto del tutto diverso rispetto a quello enunciato nell’imputazione.
Sotto altro profilo, il ricorrente rileva che i giudici di merito non avrebbero tenuto conto dell’elemento soggettivo richiesto per la configurazione del reato.
Nel caso di specie vi sarebbe stato un comportamento colposo di S. e non il dolo di turbamento o di interruzione del servizio.
Tale è la sintesi ex art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. dei termini delle questioni poste.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e, per altro verso non diretto a censure di mancanze argomentative e illogicità ictu oculi percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative e compiutamente giustificate dal giudice di merito e a prospettare una alternativa ricostruzione della vicenda rispetto a quella operata, in base al quadro probatorio descritto in sentenza, dal giudice di appello.
Come si è esposto in narrativa, la Corte territoriale ha posto in rilievo gli accertamenti compiuti in sede di indagini e acquisiti nel corso del giudizio di primo grado circa i sistematici ritardi nell’apertura della farmacia di *******.
Oltre al teste A., nel corso del giudizio di primo grado sono stati sentiti il vigile urbano F.B. e il maresciallo dei carabinieri, F.C., che hanno concordemente riferito dei ritardi sistematici e delle lamentele dei cittadini di ******* per il disservizio della farmacia.
Il giudice di appello ha confermato tale complessivo quadro probatorio e ha posto in rilievo che la convenzione, pur riguardando due distinte attività da svolgere nei due paesini, non determinava l’obbligo di continuare a gestirle entrambe nel caso di difficoltà nell’assicurare la regolarità del servizio.
Come noto, integra il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico la condotta di colui che cagioni allo svolgimento del servizio anche un semplice ritardo, purché apprezzabile sul piano temporale e su quello del suo regolare andamento (Sez. VI, 29 aprile 2001, ******* rv. 219359).
I giudici di merito si sono correttamente attenuti a tale principio di diritto e hanno verificato che il ritardo nell’espletamento del servizio è stato tale da arrecare uno apprezzabile riflesso sul buon andamento, tenuto conto anche della specificità del servizio diretto ad assicurare una tempestiva e puntuale erogazione di medicinali.
Non è da revocare in dubbio che singoli ritardi non integrano il reato in questione, allorché in concreto la funzionalità del servizio non abbia subito alcuna disfunzione.
Nel nostro caso, però, si è accertato che vi è stato un notevole disservizio tale da richiedere l’intervento dei vigili urbani e dei carabinieri sollecitati proprio dalle lamentele dei cittadini di *******.
La sistematicità dei ritardi non può, del resto, essere interpretata come mera inosservanza del dovere di rispettare l’orario di apertura, perché essa ha determinato, tenuto conto che la farmacia di A. S. era l’unico dispensario di farmaci in *******, un reale e concreto pregiudizio al servizio diretto a tutelare beni costituzionalmente tutelati quale il diritto alla salute.
Manifestamente infondato il rilievo concernente il mancato accertamento del dolo richiesto per la configurazione del reato.
Il mancato rispetto dell’orario, pur se ascrivibile ad una negligenza e ad un disordine nell’organizzazione del lavoro, non per tale motivo può essere ascritto a colpa, in quanto è espressione di una volontà sistematica di non rispettare il dovere imposto dalle prescrizioni relative all’esercizio del servizio, indipendentemente dalle ragioni che possono averlo determinato.
La coerenza e completezza del ragionamento probatorio svolto dalla Corte di appello in ordine alla sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del delitto de quo rende manifestamente infondata la censura articolata col ricorso.
Peraltro, il ricorrente propone una ricostruzione e un significato probatorio delle dichiarazioni rese dai testi del tutto diverso rispetto a quello, logico e argomentativo, posto dal giudice di merito a fondamento della propria decisione.
Regola juris che è stata posta a fondamento di una ormai nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte con la quale si è precisato che esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. Un. 30 aprile 1997, *********, rv. 207994).
In conclusione, questa Corte ritiene che l’iter logico- argomentativo seguito dai giudici di merito sia stato corretto e conforme ai canoni di logicità attraverso i quali il giudice deve dare …conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati…
Il ricorso è, dunque, inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, a versare una somma, che si ritiene equo determinare in Euro 1000, 00, in favore della cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni richieste dalla sentenza della Corte costituzionale 13 giugno 2000, n. 186.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e a quello della somma di Euro 1000, 00 in favore della casa delle ammende.
Roma, 23 giugno 2005.
Depositata in Cancelleria il 21 luglio 2005.

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