Corte di Cassazione Penale sez. VI 18/8/2009 n. 33422; Pres. Serpico F.

Redazione 18/08/09
Scarica PDF Stampa
FATTO E DIRITTO

Mediante il difensore il cittadino (omissis) impugna per cassazione l’epigrafata sentenza della Corte di Appello di Venezia, che ha confermato la sentenza, in data 8-3-2004 del g.u.p. del Tribunale di Vicenza, con la quale – nelle forme del giudizio abbreviato – e stato riconosciuto colpevole del delitto di concorso in detenzione e trasporto illeciti anche per finalità di vendita o cessione a terzi di 50 grammi di cocaina e, per l’effetto, Condannato – con le circostanze attenuanti generiche e ritenuta l’ipotesi del fatto lieve ex art. 73, comma 5, L.S. – alla pena condizionalmente sospesa di un anno di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa.

Condotta criminosa integrata dell’accertata disponibilità, nei corso di un ordinario controllo autoveicolare di p.g., da parte del (omissis) e del connazionale (omissis) della sostanza stupefacente in sequestro, rinvenuta occultata in un vano sotto la leva del cambio dell’autovettura a bordo della quale i due circolavano. Disponibilità dello stupefacente che il (omissis) e i coimputato, interrogati nel corso dell’udienza di convalida del loro arresto in flagranza, prontamente ammettevano, affermando di aver acquistato la cocaina poco prima del controllo a (omissis) per il prezzo di Euro 2.000,00 (somma che i due si erano previamente divisa), per destinarla al proprio sporadico personale consumo non terapeutico e per cederla ed offrirla in consumo gratuitamente a propri amici in occasione di una festa che intendevano organizzare.

I giudici di merito, a fronte dell’oggetti va storicità del fatto detentivo, hanno riconosciuto la limitata offensività dello stesso, concedendo ai due prevenuti la circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 5, L.S., in base al duplice rilievo che le perquisizioni domiciliari e personali eseguite nell’immediatezza dell’avvenuto arresto dei due stranieri non hanno portato al rinvenimento di oggetti e strumentazione idonei ad accreditare una stabile attività di spaccio dei due imputati e che la sostanza in sequestro, la cui non modesta quantità è incompatibile con la formazione di una riserva o scorta per mero uso personale, sia stata davvero acquisita anche per offrirla a terzi ed amici a titolo gratuito, contegno che vale in ogni caso a perfezionare la contestata fattispecie criminosa.

Con l’odierno ricorso il difensore dell’imputato censura la sentenza di appello, denunciandone violazione di legge (art. 530 c.p., comma 2, art. 75, L.S.) ed insufficienza e illogicità di motivazione, nella parte in od il percorso giustificativo della decisione non chiarirebbe ragionevolmente, in assenza di una non disposta perizia chimica sulla sostanza in sequestra (per accertarne l’effettivo principio attivo), le cause escludenti il delineato esclusivo consumo personale dello stupefacente e, in subordine, la correlata scriminante del c.d. uso di gruppo.

Il ricorso va dichiarato inammissibile per indeducibilità e manifesta infondatezza delle enunciate doglianze.

In primo luogo gli odierni rilievi critici e le connesse violazioni di legge non sono stati dedotti con i motivi di appello, imperniati unicamente sulla mancata assoluzione dell’imputato per l’asserito uso personale della droga detenuta con il coimputato (senza alcun riferimento ad eventuali accertamenti tecnico – tossicologici) e, in subordine, sulla gravosità dell’infitta pena.

In secondo luogo, deve – da un lato – rilevarsi la totale inconferenza della proposta tematica della mancata effettuazione di una perizia chimica per accertare l’effettivo coefficiente drogante della cocaina in sequestro, la cui natura è assicurata dal solo esame mediante narco – test compiuto dalla p.g. nell’immediatezza dell’arresto. In vero l’imputato ha chiesto e ottenuto di essere giudicato nelle forme del rito abbreviato c.d. incondizionato senza alcuna riserva od eventuale richiesta istruttoria integrativa, non formulata neppure (come detto) con l’atto di appello. D’altra parte natura della sostanza (cocaina) e suo reale peso (50 grammi) sono conclamati dalle dichiarazioni dello stesso (omissis) e del suo coimputato, oggettivamente riscontrale – come osservano i giudici di merito – dal prezzo pagato per l’acquisto (2.000,00 Euro) indicato dai medesimi imputati. Prezzo senz’altro corrispondente, secondo gli indici del mercato al dettaglio, ad un quantitativo di cocaina del peso di quello sottoposto a sequestro.

Quanto – da un altro lato – alla prospettazione dell’uso di gruppo della droga in sequestro, avendo correttamente la Corte di Appello escluso la configulabilità di un uso personale esclusivo dei due imputati ("un quantitativo di circa 50 grommi di cocaina risulto obiettivamente eccessiva rispetto ad un usa esclusivamente personale da parte di due sole persone"), la prospettazione medesima e manifestamente priva di fondamento, se non altro perche espressione di una semplice addotta "intenzione" dell’imputato (parte della sostanza destinata ad essere ceduta gratuitamente ad amici), che di per se – come pure con, logico argomento chiarisce la Corte lagunare – non vale ad escludere la sussistenza del reato di cui all’art. 73 L.S..

Evidenziata che con riguardo ai fatti reato commessi prima dell’entrata in vigore delle novellata disciplina penale degli stupefacenti ai sensi della L. n. 49 del 2006, (quali quelli aggetto dell’odierna regiudicanda) per ritenere la sussistenza di una codetenzione di droga per c.d. uso di gruppo deve attribuirsi rilievo alla provata destinazione dello stupefacente ad un suo comune collettivo consumo personale anche progressivo nel tempo e non ad una destinazione ad un uso collettivo contestuale secondo l’odierna più rigorosa disciplina (arg. ex Cass. Sez. 4^, 7.7.2003 n. 37989, Gazzabin, rv. 242015), è agevole osservare che nel caso di specie difetta ogni elemento di prova – alla luce delle emergenze, processuali ripercorribili attraverso le motivazioni dette due conformi sentenze di merito – di una effettiva originaria codetenzione della cocaina anche nomine alieno. Laonde nessuna scriminante ex art. 75 L.S. è ravvisabile nella condotta dell’imputato. La non punibilità per l’eventuale c.d. uso di gruppo della droga impone – infatti – una rigorosa prova, da offrirsi a cura dell’imputato, di un acquisto comune della sostanza (contribuiti finanziari di tutti i consumatori) ovvero – in caso di consumo di gruppo integrato anche, da cessioni gratuite della sostanza drogante – della concretezza di siffatta finalizzazione dell’acquisto. Prova del tutto assente nella vicenda per cui è processo, potendosi rendere non punibile il contegno di chi acquisti sostanze stupefacenti anche per un consumo collettivo o di gruppo solo quando si accerti (al di là di semplici propositi o intenzioni del soggetto agente, per di più come nel caso in esame – ignoti agli altri componenti del gruppo) che gli altri consumatori abbiano avuto fin dall’acquisto anche essi un diretto o indiretto potere di fatto sulla droga. Con la conseguenza che, in difetto di tale condizione, l’acquirente e detentore dello stupefacente deve considerarsene l’unico originario detentore e la successiva consegna a terzi, anche gratuita, si configura come una cessione penalmente rilevante (v. Cass. 4.7.2006, n. 31443, ********, rv. 235213).

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo quantificare in Euro 1.000,00 (mille).

P.Q.M.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Redazione