Corte di Cassazione Penale sez. VI 16/10/2008 n. 39017; Pres. Milo N.

Redazione 16/10/08
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OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

1. Il Procuratore generale di Bologna ricorre per Cassazione, deducendo erronea applicazione della legge penale, avverso la sentenza con cui il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Ravenna, ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di C.G., in ordine al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, come modificato dalla L. n. 49 del 2006.

Il C. era stato chiamato a rispondere della illecita detenzione di gr. 33,48 di hashish che, per quantità di principio attivo (pari a 2,603 grammi, peso superiore di al quantitativo massimo di 1.000 mg. Previsto dal D.M. 11 aprile 2006), per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo, nonchè alle complessive circostanze dell’azione, appariva destinato ad uso non esclusivamente personale.

Il giudice di merito ha ritenuto che le circostanze in cui la droga fu reperita (il C., richiesto da agenti della Guardia di Finanza se detenesse stupefacenti, dichiarò di non averne con sè ma di farne abitualmente uso, condusse gli agenti nella sua casa, consegnando un panetto di hashish), la spontanea consegna, l’assenza di indici di trasporto, il non frazionamento o confezionamento in dosi, la mancanza di ogni strumento o materiale solitamente utilizzato per la preparazione allo spaccio, escludevano la destinazione a terzi.

2. Rileva il ricorrente che la sentenza è errata in punto di diritto, avendo il giudice omesso di considerare il mutamento del quadro normativo per effetto dell’entrata in vigore della L. n. 49 del 2006, che, in presenza di superamento della soglia quantitativa fissata nella specifica tabella, prevede una presunzione relativa circa la destinazione illecita della sostanza stupefacente.

"L’imputato – secondo il ricorrente – avrebbe dovuto fornire idonei elementi comprovanti che l’intero quantitativo dell’hashish rinvenuto nella sua abitazione fosse destinato al suo esclusivo uso personale, non essendo allo scopo sufficienti le sue mere dichiarazioni spontanee circa l’abituale uso della droga".

3. Il ricorso è infondato.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la modificazione al testo della L. n. 49 del 2006, art. 73 non ha introdotto a carico dell’imputato che detiene un quantitativo di sostanza stupefacente in quantità superiore ai limiti massimi indicati con decreto ministeriale nè un’inversione dell’onere della prova, costituzionalmente inammissibile (art. 25 Cost., comma 2 e art. 27 Cost., comma 2), nè una presunzione, sia pure relativa, di destinazione della droga detenuta ad uso non personale (cfr. Cass. 6, n. 17899/08, rv 239932; id. n. 19788/08, rv 239963).

L’onere della prova ricade, secondo le generali regole di garanzia processuale, sull’accusa ed il giudice deve prendere in esame, oltre alla quantità di principio attivo, tutti gli indici indicati dalla norma (modalità di presentazione, peso lordo complessivo, confezionamento frazionato, altre circostanze dell’azione), con un dovere di più rigorosa motivazione nel caso in cui ritenga che dagli altri parametri normativi si debba escludere una destinazione "ad un uso non esclusivamente personale", pur in presenza del superamento dei limiti massimi indicati nel decreto ministeriale.

4. La sentenza impugnata ha fatto corretta interpretazione e applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, come modificato dalla L. n. 49 del 2006, escludendo la destinazione ad uso non esclusivamente personale con motivazione adeguata, sulla quale peraltro nessun rilievo è stato formulato dal ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Redazione