Corte di Cassazione Penale sez. V 5/10/2009 n. 38577; Pres. Ferrua G.

Redazione 05/10/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Venezia confermava la sentenza del 29 maggio 2007, con la quale il Tribunale di Treviso aveva dichiarato (omissis) quale institore (dal (omissis)) della sas (omissis) dichiarata fallita il (omissis) – responsabile di tre distinte ipotesi di reato (bancarotta fraudolenta per distrazione, ricorso abusivo al credito ed aggravamento di dissesto societario) e, per l’effetto (con le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante), l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.

Avverso la pronuncia anzidetta l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, parte ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione dell’art. 192 c.p.p., e della *******., artt. 216 e 217; nonchè difetto motivazionale con riferimento alle finalità distrattive dell’operazione di lease back.

Il secondo motivo denuncia carenza di motivazione e violazione dell’art. 191 c.p.p., con riferimento al ritenuto programma fraudolento dell’istitutore nel ricorso abusivo al credito, nonchè la mancanza assoluta di motivazione in ordine al requisito della dissimulazione.

Il terzo motivo deduce violazione dell’art. 192 c.p.p., contraddittorietà e mancanza di motivazione con riferimento all’omessa assunzione di prova decisiva in ordine ai pagamenti che sarebbero stati eseguiti dall’institore in favore di terzi.

2. – Le prima due doglianze si collocano ai limiti dell’ammissibilità, limitandosi a riproporre tesi difensive che erano state puntualmente disattese dal giudice di appello, senza reale o pertinente rilievo critico alle ragioni in forza delle quali la ricostruzione offerta dall’imputato era stata disattesa.

In particolare, la Corte territoriale ha indicato, puntualmente, le ragioni per le quali l’anomala operazione di lease – back, consistita nella vendita di un impianto di imbottigliamento della società fallita all'(omissis) e da questa all'(omissis) che, successivamente lo aveva concesso il leasing proprio alla società fallita, fosse da ravvisare connotazione distruttiva. Il giudizio è stato, convincentemente, motivato con riferimento sia alle particolari modalità della vendita all'(omissis) avvenuta peraltro senza fattura, sia al riscontro conclusivo che il prezzo pagato (pari all’importo di L. 480.000.000 milioni, al lordo di IVA) che sarebbe dovuto confluire nelle casse della società fallita, proprietaria dell’impianto, era invece finito, sia pure in parte, nelle casse di altra società, l'(omissis) cui era amministratore unico lo stesso (omissis).

Parimenti ineccepibili sono le argomentazioni in forza delle quali sono state ravvisate le altre condotte illecite, in considerazione del fatto che il (omissis) era ben consapevole della situazione economica della società e dello stato di dissesto oramai irreversibile e che, nonostante questo, aveva continuato a gestire la società sotto un’apparenza di normalità, dissimulandone le condizioni attraverso un vorticoso giro di finanziamenti destinati a coprire temporaneamente i precedenti buchi, con il solo effetto di ritardare colpevolmente una fine ormai inevitabile.

Si tratta, in tutta evidenza, di plausibili accertamenti in fatto, in ordine ai quali la motivazione offerta dalla Corte distrettuale si sottrae ai rilievi di parte, risultando congrua e formalmente corretta.

La terza censura è generica posto che indica, specificamente, neppure quale prova – in ipotesi decisiva – sarebbe stata pretermessa della Corte di merito. Nella realtà, ancora una volta parte ricorrente prospetta valutazioni alternative alla ricostruzione della vicenda relativa a pagamenti in favore di terzi, in ordine alla quale l’apporto giustificativo dei giudici di merito, nella globale ricostruzione della vicenda, risulta ineccepibile.

3. – Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione