Corte di Cassazione Penale sez. IV 6/5/2009 n. 18962; Pres. Morgigni A.

Redazione 06/05/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 5 novembre 2004 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del 22 novembre 2002 del GIP del Tribunale di Milano, emessa a seguito di rito abbreviato, riconosciuto il concorso di colpa della parte offesa nella misura del 60 %, ha ridotto la pena inflitta a S.S. per il reato di omicidio colposo di A.D. a seguito di incidente stradale (art. 589 c.p.) a mesi otto di reclusione, oltre statuizioni accessorie.

L’incidente era consistito nel tamponamento sull’autostrada (omissis) da parte dell’autoarticolato condotto dal S., alle ore 2,30 di notte, di una autovettura Fiat Tempra, sulla quale si trovava A.D., ferma sul margine destro della strada, che non aveva corsia di emergenza.

La colpa e l’incidenza sull’evento della condotta dell’imputato è stata desunta dal non avere prestato la dovuta attenzione, dall’avere proceduto ad una velocità non adeguata (e cioè di 89 km/h), dall’avere trasportato un carico leggermente superiore al consentito, dalla prevedibilità della possibile sosta di automezzi per un colpo di sonno del conducente.

Per ciò che concerne la condotta della parte offesa, premessa l’irrilevanza della circostanza se l’autovettura fosse parcheggiata con i fari accesi ovvero spenti, la Corte territoriale ha ritenuto che "vi è stato tuttavia anche concorso di colpa della vittima, in quanto fermarsi di notte lungo la autostrada senza segnalazione alcuna appare un atteggiamento irresponsabile o giustificato solo da un malore, del quale non vi è prova. Tale concorso, considerate le modalità del fatto, si determina nella misura del 60 %".

La parti civili L.T., A.M., A.A. e D.S.M. (quest’ultima in proprio e quale legale rappresentante della figlia minore A.A.), a mezzo del loro comune difensore, hanno proposto ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al riconoscimento del concorso di colpa della vittima nella misura del 60 %.

Con il primo motivo è stata dedotta la manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in quanto, pur attribuendosi al S. una serie di condotte gravemente colpevoli e anche la prevedibilità della presenza dell’autovettura, è stato attribuito alla vittima il concorso di colpa nella causazione del sinistro, e senza chiarire se le luci di posizione erano accese ovvero spente.

Con il secondo motivo di gravame è stata eccepita l’illogicità della motivazione per violazione delle massime di esperienza e travisamento del fatto, in quanto il giudice di primo grado aveva quanto meno ritenuto presumibile che A.D. era stato colto da malore, ipotesi ritenuta probabile anche dai verbalizzanti, in quanto l’autopsia aveva escluso l’uso di stupefacenti e non era risultata credibile la dichiarazione dell’imputato, secondo la quale la vittima aveva i pantaloni abbassati. Invece, il giudice di appello ha dichiarato immotivamente non provata l’esistenza di un malore.

Con il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti hanno assunto l’erronea applicazione dell’art. 41 c.p., essendo stata la condotta della vittima al più occasione dell’incidente, e non comportamento da causare l’evento.

Con il quarto ed ultimo motivo di gravame i ricorrenti hanno censurato per illogicità e carenza di motivazione la misura del concorso di colpa, non oggetto di nessuna comparazione le condotte di imputato e vittima, e non essendo la motivazione neppure conforme alle massime di esperienza e al comune buon senso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso delle parti civili è infondato e va rigettato.

Il primo e il secondo motivo di impugnazione riguardano circostanze di fatto che, se correttamente valutate e motivate dal giudice di merito, non sono sindacabili in sede di legittimità (Cass. 24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999; n. 6402/1997).

Infatti, il richiamare la condotta indubbiamente colpevole dell’imputato, tanto che ha indotto anche la Corte di Appello a dichiararne la responsabilità, non ha rilievo al fine di escludere il parimenti motivato concorso della vittima, che ha indubbiamente arrestato il proprio mezzo sul lato destro di un’autostrada. Così come è superfluo sottolineare la visibilità del mezzo in sosta sia che esso avesse i fari accesi ovvero spenti, essendo comunque visibile.

Quel che rileva è che la Corte di merito ha ineccepibilmente ritenuto la colpa concorrente della vittima sia per imprudenza sia per violazione delle norme che regolano la circolazione stradale, essendo stato il mezzo comunque parcheggiato su una autostrada di grande traffico (quale la (omissis)), e non essendovi prova di un malore improvviso. Lo stesso fatto che comunque il veicolo sia stato fermato sulla destra della strada, e non sia sbandato, dimostra che l’eventuale (e non provato) malore non è stato comunque di tale repentinità da non consentire altra manovra di parcheggio in zona dove la sosta dell’autoveicolo non avrebbe cagionato incidenti.

Pertanto, non solo l’esistenza di un malore non è stata provata, ma è comunque certo che non si sia trattato di un malore che abbia provocato immediatamente la perdita del controllo delle proprie azioni da parte della vittima.

In ordine poi al rilievo dei ricorrenti, secondo il quale, la condotta della vittima sarebbe stata occasione, e non concausa dell’evento, si osserva che "un comportamento illecito può considerarsi mera occasione e non causa dell’evento, soltanto quando ad esso sopravvenga una nuova serie causale dotata di tale efficienza autonoma, da potere fare ritenere detto comportamento tamquam non esset" (Cass. Sez. 4^, 23.3.1982 n. 7588).

Da tali considerazioni si evince anche l’infondatezza del terzo motivo di ricorso, inerente alla erronea applicazione dell’art. 41 c.p., ponendosi comunque l’incauta scelta della vittima sicuramente come antecedente causale dell’evento, pur concorrendovi certamente l’elevata velocità del mezzo condotto dall’imputato S., il trasporto di un carico leggermente superiore al consentito, che diminuisce il tempo di frenata, e la prevedibilità di una condotta incauta che – seppure molto rara – non è comunque assolutamente imprevedibile per un conducente di un autoarticolato e quindi guidatore esperto.

E’ appena poi il caso di ricordare che l’art. 41 c.p. sancisce l’equivalenza delle cause nella produzione dell’evento.

Con riferimento al caso di specie, è stato poi ritenuto che "quando una condotta colposa s’inserisce in una situazione pericolosa determinata da altri, anche questi è colpevole dell’evento che ne deriva in quanto chi pone in essere una situazione di pericolo risponde delle conseguenze eventualmente provocate dalla condotta colposa di terzi" (Cass. Sez. 4^, 23.2.1993 n. 1737 riv. 193061).

In relazione all’ultimo motivo di impugnazione, attinente alla misura del concorso, si osserva che lo stesso è proposto in modo assolutamente generico in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), e che comunque "la determinazione della percentuale in cui la condotta del singolo utente ha effetto concausale nella produzione dell’evento, rientra nella competenza del giudice di merito ed è sottratta al sindacato di legittimità della Corte di Cassazione qualora sia immune da vizi logici e giuridici" (Cass. Sez. 4^, 22.4.1981 n. 5575 riv. 149229; conformi ex plurimis Cass. Sez. 4^, 14.4.1983 n. 6004 riv. 159632; Cass. Sez. 4^, 30.1.1991 n. 4856 riv. 187056).

Al rigetto del ricorso consegue la condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, a norma dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Redazione