Corte di Cassazione Penale sez. IV 30/3/2009 n. 13831; Pres. Campanato G.

Redazione 30/03/09
Scarica PDF Stampa
RITENUTO IN FATTO

Con decreto del 2 luglio 2008 il G.I.P. presso il Tribunale di Milano disponeva, ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 2, il sequestro preventivo della vettura ************ tg. (omissis) di proprietà di F.F.. Il G.I.P. dava atto del fatto che a seguito di un controllo, al F. era stato rilevato un tasso alcolemico di 1,90 g/l, cosicchè lo stesso era indagato del reato di guida in stato di ebbrezza; osservava ancora il G.I.P che detta norma, come modificata dalla novella del 2008, ed avuto riguardo al livello del tasso alcolemico riscontrato nell’organismo del F., prevedeva la confisca del veicolo se appartenete allo stesso autore del reato: di tal che il sequestro doveva essere disposto in funzione della successiva confisca.

Avverso detto provvedimento presentava istanza di riesame il F., contestando l’esistenza stessa del "fumus" del reato posto che, a suo avviso, in mancanza delle due prove strumentali previste per legge, il fatto sarebbe al più riconducibile nell’ambito di applicazione dell’ipotesi di cui alla fascia a) dell’art. 186 C.d.S., comma 2, per la quale non è prevista la confisca del veicolo.

Il Tribunale di Milano – in funzione di giudice del riesame – dichiarava inammissibile il gravame. Quanto alla configurabilità del reato contestato, il Tribunale riteneva sussistente il "fumus" richiamando le circostanze evidenziate nel provvedimento di sequestro quali desumibili dal verbale di contestazione: in particolare, l’esito dell’esame alcolimetrico e le condizioni soggettive del F. al momento del controllo quali direttamente descritte dagli operanti ed espressamente indicate come causa impeditiva dell’ultimazione del test attraverso l’espletamento della seconda prova. Detto giudice, riteneva esservi peraltro carenza dell’attualità di interesse dell’indagato ad ottenere una pronuncia del Tribunale stesso trattandosi di res soggetta a confisca obbligatoria ex art. 240 c.p., comma 2; sottolineava il Tribunale che l’effetto restitutorio – anche a seguito dell’eventuale accertamento dell’illegittimità del decreto di sequestro gravato – doveva ritenersi impedito dal disposto dell’art. 324 c.p.p., comma 7, che precluderebbe, anche a seguito di annullamento del decreto di sequestro, la restituzione dei beni soggetti a confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2. Conclusivamente, evidenziava il Tribunale che non poteva che prendersi atto dell’impossibilità di restituzione ai sensi dell’art. 324 c.p.p., comma 7, e, quindi, della carenza di interesse a una pronuncia sull’impugnazione che, in ogni caso, mai avrebbe potuto determinare la restituzione nel procedimento incidentale.

Ricorre per cassazione il F., tramite il difensore, deducendo violazione di legge sull’asserito rilievo della esistenza dell’interesse al riesame, e, conseguentemente, alla restituzione del veicolo, posto che, a suo avviso, sarebbe insussistente il presupposto stesso del sequestro, e cioè la ipotizzabilità, anche in astratto, del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), tenuto conto della mancanza della seconda prova con l’etilometro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito enunciate.

Mette conto premettere che erroneamente il Tribunale ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di riesame.

Stabilisce, invero, l’art. 324 c.p.p., comma 7, che la revoca del provvedimento di sequestro non può essere disposta "nei casi indicati nell’art. 240 c.p., comma 2".

Si tratta dei casi riguardanti le "cose che costituiscono il prezzo del reato" e quelle "la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali" costituisca reato; di queste cose è sempre ordinata la confisca obbligatoria (del secondo gruppo di esse "anche se non è stata pronunciata condanna").

Richiamandosi a detta disposizione il Tribunale ha – come si è visto – affermato la carenza di interesse del F., dichiarando l’inammissibilità della sua domanda.

Sennonchè il veicolo alla guida del quale il soggetto sia sorpreso in stato di ebbrezza non è riconducibile ad alcuna di dette categorie di cose.

Ne deriva che la disposizione dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), là dove contempla che sia sempre disposta, con la sentenza di condanna o con quella di applicazione della pena a richiesta delle parti, la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato "ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2", richiama quest’ultima disposizione non con l’intenzione di affermare che il caso disciplinato rientri tra quelli che detta disposizione contempla, ma semplicemente al fine di rimarcare l’obbligatorietà della confisca, sempre che il veicolo non appartenga a persona estranea al reato e che sia stata pronunciata sentenza di condanna o di patteggiamento.

In assenza di una norma siffatta il veicolo con il quale è commessa la contravvenzione in esame (o quella di rifiuto all’accertamento di cui all’art. 186, comma 7), andrebbe ricondotto, seguendo le linee tracciate dall’art. 240 c.p., nel novero delle cose, indicate nel primo comma di detto articolo, soggette a confisca facoltativa.

La confisca è, invece, obbligatoria proprio perchè così ha voluto, in deroga all’art. 240 c.p., il legislatore del codice della strada, ma, come si è detto, è rispondente alla ratio legis interpretare il richiamo, contenuto nell’art. 186, all’art. 240 c.p., comma 2, non come riferimento alla natura ed alle caratteristiche delle cose ivi elencate, bensì nel senso della previsione della obbligatorietà della confisca per il veicolo condotto da soggetto in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c, (ovvero da soggetto che si è rifiutato di sottoporsi all’accertamento): il veicolo non è ex se una res tale da non poter restare in circolazione prescindendo dal soggetto che ne aveva la disponibilità e dall’esito del giudizio, ma una res da considerarsi pericolosa solo in relazione a quel soggetto trovato in (grave) stato di ebbrezza (o che si è rifiutato di sottoporsi all’accertamento in tal modo impedendo di fatto il controllo delle sue condizioni di idoneità alla guida), ed ovviamente all’esito dell’accertamento giudiziale della attribuibilità di quel fatto-reato al soggetto cui è stata sottratta la disponibilità della res con il sequestro.

Siffatta interpretazione, tra l’altro, si pone assolutamente in sintonia con i principi che le Sezioni Unite di questa Corte enunciarono allorquando furono chiamate ad esaminare una analoga questione con riferimento alla confisca prevista dall’art. 722 c.p. ("è sempre ordinata la confisca") per il denaro esposto nel gioco d’azzardo e per gli arnesi od oggetti ad esso destinati; nella circostanza, le Sezioni Unite (Sez. U, Sentenza n. 5 del 25/03/1993 Cc. – dep. 23/04/1993 – Rv. 193120, imp. Carlea ed altri), sottolineando che l’art. 722 c.p., prevede un caso di confisca obbligatoria in seguito a condanna, hanno affermato che, conseguentemente, "l’avverbio sempre non sta a significare che la misura deve essere disposta anche nel caso di proscioglimento e in particolare nel caso di estinzione del reato", ed hanno altresì precisato che nei casi dell’art. 240 c.p., comma 1, e comma 2, n. 1, come in quello dell’art. 722 c.p., essendo richiesta la condanna, non può essere disposta la confisca se il reato è estinto, mentre a una diversa conclusione deve pervenirsi nel caso dell’art. 240 c.p., comma 2, n. 2, che impone la confisca anche nel caso di proscioglimento".

Tornando alla questione concernente la confisca prevista dall’art. 186 C.d.S., appare evidente dunque che, fino all’esito del giudizio, e sempre che sussista il "fumus" del reato, non può essere disposta la restituzione del veicolo, posto che, a voler ritenere consentita la restituzione dello stesso, potrebbe verificarsi una situazione di impossibilità di confisca della "res", in caso di condanna (o di applicazione della pena), non potendo certo escludersi che il soggetto interessato, una volta ottenuta la restituzione del veicolo, ceda poi a terzi, nelle more del giudizio e prima della sentenza di condanna (o di applicazione della pena), il veicolo stesso: d’altra parte non è neanche prevista la confisca per equivalente.

Ciò premesso, in sede di riesame di decreto di sequestro preventivo di un veicolo in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza ex art. 186 C.d.S., comma 2, lett. C), (o di rifiuto di sottoporsi al test strumentale), deve dunque attribuirsi rilievo alla configurabilità – vale a dire al "fumus", trattandosi della fase cautelare – del reato che, nel caso di condanna (o applicazione della pena), comporta la confisca del veicolo: ed invero, nel caso di insussistenza del "fumus", ed alla luce delle precisazioni di cui sopra, non potrebbe in alcun modo escludersi l’interesse (attuale e concreto) del soggetto, privato del bene, alla restituzione della "res".

Orbene, nel caso in esame l’impugnato provvedimento non presenta alcun vizio motivazionale laddove è stato ritenuto astrattamente configurabile il reato contestato al F., avendo il Tribunale espressamente richiamato l’esito della prima prova dell’alcoltest e le condizioni in cui si presentava il F. al momento del controllo, ritenute addirittura impeditive della seconda prova strumentale. Detta situazione deve ritenersi certamente idonea, nella fase cautelare, a sorreggere un giudizio di configurabilità del reato, spettando poi al giudice della cognizione la piena valutazione, nel merito ed ai fini dell’affermazione di colpevolezza, della situazione fattuale, descritta dal verbalizzante, e del mancato espletamento della seconda prova dell’accertamento strumentale.

Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione