Corte di Cassazione Penale sez. IV 27/2/2008 n. 8615; Pres. Morgigni A.

Redazione 27/02/08
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FATTO E DIRITTO

1. M.M. veniva imputato di avere cagionato la morte di C.F. per colpa consistita nel non avere controllato la sacca di sangue prima della sua somministrazione al predetto paziente ricoverato nella struttura ospedaliera di (omissis) ove l’imputato operava come medico in turno dalle ore 14 del giorno (omissis) alle ore 8 del giorno dopo e nel non avere concordato con l’infermiera, imputata dello stesso reato, le modalità di esecuzione della trasfusione, dando alla stessa precise disposizioni in merito.

2. Condannato dal Tribunale di Massa con sentenza del 10.5.04 alla pena di mesi nove di reclusione, con la concessione delle attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena, il M. ha interposto appello, contestando di essere responsabile della morte del paziente a causa della somministrazione di sangue non compatibile con il suo gruppo sanguigno, in quanto essa era stata disposta dal ******** che lo aveva preceduto nel turno di guardia ed era stato assolto dal tribunale, mentre l’errore materiale era stato compiuto dall’infermiera che si era assunta ogni responsabilità ed aveva patteggiato la pena.

Aggiungeva che la cartella clinica non sarebbe stata disponibile in reparto e non era stato informato dal collega smontante della prescrizione di trasfusione di sangue, nonostante con questi avesse effettuato il giro dei pazienti. Pertanto il mancato controllo tra il nominativo riportato sulla sacca e l’identità del paziente non era stato effettuato non per carenza di diligenza, ma a causa della carenza di comunicazione.

3. La Corte d’appello affermava che il doppio controllo affidato all’infermiera ed al medico circa la corrispondenza del nominativo della sacca con quello del paziente da sottoporre alla trasfusione, nonchè il gruppo sanguigno dello stesso era regolato da un protocollo interno all’ospedale che richiedeva anche che le manovre tecniche della trasfusione fossero compiute sotto la sorveglianza medica.

Inoltre affermava che il medico di guardia è persona che opera attivamente ed è tenuto a conoscere quanto sta accadendo in reparto, in particolare essendo il suo un reparto di rianimazione; che il non avere ricevuto le consegne dal collega era una sua deduzione e che in ogni caso era tenuto ad informarsi sullo stato dei pazienti e le prescrizioni impartite; che nel reparto vi erano solo due pazienti in situazione critica ed uno di questi era il C.; infine che le due sacche di sangue erano situate ai piedi del letto per cui il ******** non poteva non averle viste durante il giro dei pazienti effettuato con il Dott. G..

4. Avverso la sentenza impugnata l’imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione dell’art. 521 c.p.p., comma 2, in quanto l’omicidio colposo gli era stato contestato in cooperazione colposa con altri due medici che erano stati assolti, mentre il reato era rimasto a carico solo di esso ricorrente.

Pertanto, a suo avviso, non poteva permanere l’accusa di non avere concordato con il ******** le disposizioni in ordine alla somministrazione di sangue al paziente dal momento che il predetto era stato assolto dal reato e soprattutto i termini della colpa erano stati identificati dalla corte in modo diverso dalla contestazione contenuta nel capo d’accusa, vale a dire nel fatto di non essersi preoccupato di svolgere il suo compito e in una autonoma violazione del regolamento che disciplina le prassi delle trasfusioni.

Con un ulteriore argomento il ricorrente censura l’affermazione relativa al mancato controllo della cartella clinica, deducendo la mancata assunzione di una prova decisiva, costituita dall’acquisizione della pagina del diario infermieristico della giornata che avrebbe chiarito come detta cartella non si trovasse nel reparto di rianimazione e quindi non fosse visionabile, nè contenesse l’aggiornamento relativo alla trasfusione di sangue.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la manifesta illogicità della sentenza per contraddittorietà della motivazione in quanto nel momento in cui venne fatto il giro dei pazienti il C. non era trasfuso, ma sottoposto ad infusione di plasma, per cui nessuna sacca era in attesa di essere trasfusa, ordine che venne dato dal ******** oralmente all’infermiera prima di terminare il suo turno, mentre esso ricorrente era presente in reparto, ma non alle consegne alla predetta, senza averlo in alcun modo preavvertito o potuto annotare sulla cartella che non si trovava in reparto.

La motivazione solo apparente contenuta nella sentenza impugnata sarebbe, pertanto, anche in contrasto con le risultanze dei fatti.

Il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

5. Il ricorso è infondato e va rigettato.

Il ricorrente trascura il principio già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (sent. 4^, Sez. 1.12.04, **********) secondo il quale il medico di turno assume nei confronti dei pazienti una posizione di garanzia, il che lo obbliga ad informarsi dal medico smontante sulle condizioni di salute dei pazienti ricoverati, in particolare di quelli maggiormente a rischio o che necessitano di particolari cure.

Il giudice di merito ha seguito questo principio, ritenendo che il ******** dovesse avere un ruolo attivo e fosse tenuto a richiedere le informazioni necessarie anche nel caso in cui il medico che lo precedeva nel turno non avesse seguito la doverosa prassi di ragguagliarlo sulle condizioni dei pazienti e nel caso di specie sulla disposta trasfusione di sangue.

Risulta in modo incontestabile che i due medici fecero il giro dei pazienti e che due erano quelli in situazione delicata. Uno di questi era il C..

Per tale ragione la corte espone le ragioni per le quali ritiene incredibile che l’imputato non fosse stato messo al corrente delle trasfusioni da effettuare sul predetto, dal momento che si trattava di un soggetto che aveva subito un intervento chirurgico, al quale era prevedibile si dovesse somministrare plasma e sangue.

Lo stesso ricorrente, nell’affermare che la corte ha preso un abbaglio, riconosce di sapere che il C. era stato sottoposto ad infusione di plasma, il che sottolineava che lo stesso aveva bisogno di sostegno di questo tipo, per cui non poteva ignorare le altre cure disposte dal ******** prima di lasciare il reparto, indipendentemente dal fatto che la cartella clinica fosse o meno a sua disposizione.

I giudici di merito attribuiscono all’imputato ricorrente la responsabilità dell’evento in primo luogo non credendo al fatto che non gli fosse stata riferita dal collega la necessità della trasfusione di sangue ed inoltre, se anche ciò non fosse avvenuto, per questa sua negligenza, vale a dire di non essersi diligentemente attivato nel seguire il paziente concertando con l’infermiera le modalità esecutive delle somministrazioni.

Se ciò avesse fatto non gli sarebbe sfuggita la disposizione di trasfusione di sangue ed avrebbe potuto effettuare il controllo incrociato previsto dal protocollo dell’ospedale.

6. Questo tipo di ragionamento non è viziato da illogicità ma si inserisce in un percorso ineccepibile e rigoroso, rispettoso dei principi che regolano il tema della colpa relativa ai soggetti che svolgono una funzione di garanzia, ed in sintonia con le emergenze processuali.

Quanto alla mancanza di correlazione tra il capo di imputazione e la decisione, si osserva che l’assoluzione degli altri due medici non incide sull’imputazione attraverso la quale al ******** venne addebitato il mancato controllo della sacca di sangue (circostanza che non coinvolgeva i due colleghi) e nel non avere concordato l’esecuzione della trasfusione, ipotesi che rimane ferma rispetto all’attività svolta dall’infermiera, prima artefice con la sua condotta dell’errore di cui fu vittima il C..

Pertanto anche questo motivo di doglianza non è fondato, come non è fondata la censura circa l’omessa ammissione di una prova decisiva, relativa all’accertamento della presenza in reparto della cartella clinica, in quanto la colpa dell’imputato viene ricostruita dai giudici di merito anche trascurando tale elemento di incolpazione, sul ribadito presupposto che al medico di turno spetta di informarsi su tutte le disposizione mediche assunte dal collega che lo ha preceduto, anche se non ha disposizione la cartella o se non ne è stato previamente informato durante il giro dei pazienti effettuato insieme.

6. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione