Corte di Cassazione Penale sez. IV 27/2/2008 n. 8591; Pres. Marini L.

Redazione 27/02/08
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Svolgimento del processo

L.C. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa in data 9 luglio 2007 dalla Corte di appello di Salerno, che ha confermato la sentenza pronunciata il 10 febbraio 2006 dal giudice monocratico del Tribunale di Salerno, di condanna del predetto alla pena di giorni 10 di arresto ed Euro 300,00 di ammenda, con ambo i benefici di legge, perchè ritenuto responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza (art. 186 C.d.S., comma 2) commesso il (omissis).

Il ricorrente ha dedotto la inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 186 C.d.S., comma 2, e "contraddittorietà e insufficienza di motivazione", sostenendo che l’affermazione di responsabilità è stata fondata unicamente sul contenuto della deposizione dell’agente T.M. il quale, pur avendo riferito in ordine all’andamento zigzagante dell’autovettura condotta da esso L., non era stato in grado di chiarire se fosse stata o meno seguita "la procedura prevista dall’art. 186 C.d.S.", in particolare non essendo stato provato che al conducente fosse stato richiesto "il consenso a sottoporsi all’accertamento clinico dovuto", non risultando documentate le operazioni che consentono di ritenere correttamente effettuata la misurazione del tasso alcolico, ed avendo il giudice omesso di accertare l’esistenza di una stampa dei risultati, richiesta tassativamente dall’art. 179 Reg. C.d.S., e di verificare se l’apparecchiatura utilizzata fosse o meno omologata, la mancata omologazione non consentendo di ritenere corretti o credibili i risultati della misurazione, sì che gli stessi non potevano, nel caso di specie, essere posti a base dell’affermata responsabilità per il reato di guida in stato di ebbrezza.

Nè "aiutava" l’incedere dinoccolato del L. (sua personale caratteristica, tale da giustificare il suo soprannome "(omissis)").

Con un ulteriore motivo il ricorrente ha lamentato la eccessività del trattamento sanzionatorio riservatogli, non essendosi neppure ritenuto di sostituire la pena detentiva, ed ha sostenuto che, comunque doveva trovare applicazione il recente provvedimento di condono, risalendo il fatto ad epoca precedente l’anno 2006.

All’esito della odierna udienza il Procuratore ******** presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

Motivi della decisione

I motivi posti a sostegno del ricorso sono manifestamente infondati, ed affetti anche da ulteriori cause di inammissibilità.

Invero, la responsabilità dell’odierno ricorrente per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica di un’autovettura è stata affermata dai giudici di merito sulla base di plurimi elementi probatori convergenti, ed esattamente di quelli c.d. "sintomatici" rappresentati dalle apprezzate "difficoltà motorie" del conducente (le quali costituiscono palesemente tutt’altro di un’andatura dinoccolata da cantante detto il "molleggiato") e l’alitosi vinosa, nonchè di quello integrato dalla risultanza – all’esito di due accertamenti etilometrici, nella specie ritualmente eseguiti a quindici minuti di distanza l’uno dall’altro – di un tasso alcolico pari ad 1,90 m/l, superiore sia al limite vigente di 0,50 sia a quello di 0,80 che, a seguito della entrata in vigore della L. 2 ottobre 2007, n. 160 (di conversione del D.L. 3 agosto 2007, n. 117, art. 5, che ha suddiviso l’originaria ed unitaria fattispecie di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, in tre segmenti differenziati, con riflessi sul trattamento sanzionatorio in base alla gravità della violazione determinata in ragione della diversa consistenza del tasso alcolemico accertato) che ha previsto la punibilità della fattispecie contravvenzionale di "prima fascia" (la quale ricorre quando il tasso alcolemico accertato sia superiore a 0,50 grammi per litro e non superiore a 0,80) con la sola pena dell’ammenda (ipotesi non ricorrente nella specie in quanto il tasso alcolemico è risultato pari a 0,90, donde la permanente applicabilità nel caso concreto in esame delle pene congiunte dell’arresto e dell’ammenda). La Corte territoriale, oltre ad avere correttamente affermato – in un contesto nel quale agli elementi significativi costituiti dalle difficoltà motorie del conducente e dal c.d. "alito vinoso" del medesimo si aggiungeva quello, altrettanto sintomatico e giustificante l’eseguito accertamento, dell’anomala modalità di guida citata dallo stesso ricorrente – che, alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità, lo stato di ebbrezza del conducente di veicoli può essere accertato e provato con qualsiasi mezzo, e non necessariamente nè unicamente attraverso la strumentazione e la procedura indicate nell’art. 379 reg. att. C.d.S., e pertanto anche sulla base di qualsiasi elemento sintomatico dell’ebbrezza (Cass. Sez. 4, 13.7.2005, n. 36922, ***********; Sez. 4, 4.5.2004, n. 39057, ******; Sez. 4, 9.6.2004, n. 32961, P.M. in proc. *********; Sez. 4, 2.4.2004, n. 24506, ********; Sez. 6, 27.1. 2000, n. 2644, Caldaras; Sez. 5, 16.2.1998, n. 1049, Polesinanti;

Cass. Sezioni Unite 27.9.1995, n. 1299, **********) – ha rilevato che il convergente dato sintomatico dell’ebbrezza era tale da rendere addirittura superfluo l’accertamento mediante etilometro ed ha dato conto della legittimità, comunque, di tale accertamento in quanto eseguito in presenza di evidenti e convergenti sintomi di uno stato di ebbrezza nel quale versava il conducente. I secondi giudici hanno inoltre altrettanto non censurabilmente affermato che non emergeva, nel caso di specie, nessuna delle illegittimità procedimentali nella esecuzione dell’accertamento tecnico de quo, in particolare avendo sottolineato come per la esecuzione del cosiddetto accertamento del tasso alcolico mediante etilometro non sia richiesta (a differenza di quanto si da in tema di analisi clinica mediante prelievi ematici) la espressa formulazione di preventivo consenso da parte dell’interessato, da considerarsi implicito nell’affettuazione stessa dell’alcoltest, essendo disciplinata soltanto la ipotesi del rifiuto opposto, e che gli accertatori non avevano violato alcuna regola procedimentale nel redigere apposito verbale nel quale , dopo avere dato atto delle constatate condizioni del conducente, prodromiche al rilievo alcolimetrico, avevano indicato e descritto l’apparecchiatura utilizzata ed i risultati dei due esami eseguiti in osservanza del prescritto intervallo temporale tra i medesimi, risultati dei quali risultavano allegate le relative stampe a fogli 22 e 24 del fascicolo di primo grado.

La Corte territoriale non ha, infine, mancato di dare compiuta e corretta risposta alla doglianza dell’appellante relativa all’apparecchiatura utilizzata ed alla sua omologazione, avendo opportunamente richiamato il principio di diritto enunciato da questa Sezione quarta della Corte di Cassazione (sentenza n. 45070 del 30.3.2004, ric. P. M. in proc. *********) secondo cui " l’esito positivo dell’alcotest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed è onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’aspirazione", sicchè non basta a tal riguardo la mera allegazione di difettosità o assenza di omologazione dell’etilometro; onere non soddisfatto dall’appellante nel caso di specie, in un contesto di assenza di ragioni per dubitare della conformità ai requisiti normativi e della funzionalità dell’apparecchio utilizzato per l’accertamento strumentale.

Alla manifesta infondatezza dei motivi sin qui considerati si accompagnano la mancanza di specificità e la natura di inammissibile censura in mero punto di fatto del motivo invocante la pretesa (e non spiegata) eccessività della pena base, condizionalmente sospesa, di giorni 15 di arresto ed Euro 400,00 di ammenda comminata per la contravvenzione de qua, ridotta quam maxime per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e motivatamente ritenuta congrua ex art. 133 c.p.p. dai secondi giudici, in un contesto nel quale il ricorrente non indica le ragioni per le quali la pena detentiva sarebbe dovuta essere sostituita con la corrispondente pena pecuniaria a norma della L. n. 689 del 1981, art. 53. Devesi infine rilevare la manifesta infondatezza e – prima ancora, la mancanza di interesse dell’impugnante a proporre il motivo che segue, senza indicazione dell’interesse sottostante a richiedere l’applicazione dell’indulto con riguardo ad una pena sospesa ex art. 163 c.p. – della censura concernente la mancata applicazione dell’indulto, atteso che, come da consolidata giurisprudenza di legittimità, la sospensione condizionale della pena (concessa nella specie unitamente all’ulteriore beneficio della non menzione di cui all’art. 175 c.p.p.) prevale sull’indulto in quanto può determinare, una volta realizzatesi le condizioni previste dalla legge, l’estinzione del reato, (Cass. Sez. 6, 7.1.2000, n. 1315, ********;

Sez. 1, 12.11.1993, n. 4827, Normi; Sez. 6, 22.1.1991, n. 6583, ******** ed altri); senza contare che l’indulto potrà pur sempre trovare applicazione nella eventuale fase esecutiva.

Per le sin qui illustrate ragioni il ricorso proposto da L. C. va dichiarato inammissibile, a tale declaratoria conseguendo, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nonchè -essendo evidente la colpa del predetto nella determinazione delle plurime cause di inammissibilità rilevate (vedasi Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) – al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che va congruamente determinata in Euro 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Redazione