Corte di Cassazione Penale sez. IV 21/9/2009 n. 36580; Pres. Mocali P.

Redazione 21/09/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.G. ricorre in cassazione avverso la sentenza, in data 10.05.2004, della Corte d’appello di Lecce di conferma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale dello stesso capoluogo – sezione distaccata di Tricase – in ordine al delitto di lesioni colpose in danno di G.M.D..

In fatto, per i giudici di merito è rimasto acquisito che, all’esito dell’intervento chirurgico del (omissis), cui fu sottoposta la G.M.D., presso il reparto di ostetricia dell’Ospedale (omissis), di cui il ricorrente era aiuto-medico chirurgo, venne negligentemente dimenticata nell’addome una pezza laparatomia con conseguenti successive lesioni a carico della degente.

La Corte d’Appello, nel fare proprio l’apparato motivazionale della sentenza di primo grado, e nel valutare come infondati i motivi del gravame, ha affermato che non c’è alcun dubbio che il ********, in qualità di aiuto primario, aveva l’obbligo, oltre di intervenire in maniera corretta in relazione alle manovre ed agli atti da lui eseguiti personalmente, anche di evitare comunque che da parte di qualsiasi componente l’equipe operatoria si commettessero errori.

Con un primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge in riferimento al D.P.R. n. 761 del 1979, art. 63 e mancanza di motivazione. Si evidenzia che tale norma disciplina i ruoli funzionali e le responsabilità dei medici chirurghi, operanti in una struttura sanitaria pubblica, ed attribuisce al medico appartenente alla posizione intermedia, cioè l’aiuto, una funzione autonoma soltanto nell’area dei servizi a lui affidati. Dagli atti di causa e dalla cartella clinica è emerso che il primario operatore, dott. M., avrebbe eseguito personalmente l’atto operatorio, dall’inizio alla fine, accentrando ogni decisione e ogni controllo per ciò che concerneva l’esecuzione dell’intervento, ivi compreso il controllo delle garze laparotomiche impiegate, con esclusione, di fatto, dei suoi aiuti. Dunque, il C. non aveva alcun obbligo di intervenire in relazione agli atti eseguiti dal primario.

Pertanto, una volta che il primario, come per altro previsto dalla norma di cui trattasi, ha avocato a sè la responsabilità dell’atto medico, importa come conseguenza la deresponsabilizzazione del personale tenuto alla collaborazione. Si aggiunge, inoltre, che in virtù del principio dell’affidamento, il ricorrente legittimamente confidò nel fatto che il suo primario, per la sua grande esperienza, per la sua capacità tecnica, avrebbe adempiuto correttamente ai propri doveri di diligenza e di attenzione tanto da ritenere che, mancando una sua obiettiva partecipazione all’atto operatorio, rimaneva a suo carico solo un obbligo residuo. Con un secondo motivo si chiede dichiararsi l’estinzione del reato per prescrizione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato ascritto al ricorrente estinto per prescrizione.

Risulta, infatti, perento il termine di cui al combinato disposto dell’art. 157 c.p., n. 4 e art. 160 c.p., ultima parte nella formulazione precedente alla novella di cui alla L. n. 251 del 2005.

Va applicata la causa estintiva in quanto il primo motivo del ricorso è da ritenersi infondato.

Non si condivide la critica svolta alla sentenza impugnata nel rilevare che l’errore giuridico in cui sono caduti i giudici dell’appello è quello di aver concepito l’equipe di un reparto chirurgico ospedaliero come un gruppo di professionisti sostanzialmente equivalenti e paritetici, laddove, si tratta, invece, di un organo tecnico complesso, strutturato gerarchicamente, nel quale il primario conserva una posizione nettamente dominante.

Orbene, la considerazione svolta è accettabile nel momento in cui, distinti nettamente, nell’ambito di un’operazione chirurgica, i ruoli ed i compiti di ciascun elemento della equipe, dell’errore o della omissione ne risponde il singolo operatore che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o l’errore sia riferibile ad una specifica competenza medica: l’anestesista non potrà certo rispondere dell’errore del chirurgo, come questi non risponderà di una inidonea somministrazione di anestetico da parte del primo. Nel caso, invece, in cui l’attività dell’equipe è corale, cioè riguarda quelle fasi dell’intervento chirurgico in cui ognuno esercita il controllo del buon andamento di esso, non si può addebitare all’uno l’errore dell’altro e viceversa.

Questa Corte ha, infatti, affermato (Sezione 4^, sentenza n. 15282 del 7.03 2008 Rv. 239605) che, in tema di colpa medica nell’attività di "equipe", tutti i soggetti intervenuti all’atto operatorio devono partecipare ai controlli volti a fronteggiare il frequente e grave rischio di lasciare nel corpo del paziente oggetti estranei; ne consegue che non è consentita la delega delle proprie incombenze agli altri componenti, poichè ciò vulnerebbe il carattere plurale, integrato, del controllo, che ne accresce l’affidabilità .

Non appare conferente, poi, il ricorso al "principio dell’affidamento" in ipotesi di lavoro in equipe; è d’uopo osservare che non può parlarsi di affidamento quando colui che si affida sia in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, insieme o che eventualmente gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione.

Correttamente, dunque, la Corte salentina, in ordine al principale motivo di appello, secondo cui non poteva addebitarsi all’imputato alcuna negligenza o distrazione in ragione del fatto che, nell’ambito della equipe chirurgica, il primario chirurgo dott. M. era solito accentrare su di se tutti gli atti operatori relegando gli aiuti in una posizione collaterale, ha rilevato che non si tratta di "valutazioni" o di "tecniche" operatorie decise dal dott. M. e per le quali l’asserita "prassi" di accentratore avrebbe reso quantomeno difficoltoso imporre diverse soluzioni, ma di una macroscopica e banale dimenticanza che, come tale, deve essere addebitata a ciascuno ed a tutti i componenti di quella equipe.

Restano ferme le statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio al sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.

Redazione