Corte di Cassazione Penale sez. IV 21/4/2008 n. 16373; Pres. Battistini M.

Redazione 21/04/08
Scarica PDF Stampa
OSSERVA

1) P.E. ha proposto ricorso avverso l’ordinanza 24 gennaio 2007 (erroneamente indicata con l’anno 2006 nel provvedimento) del Tribunale di Catania, sezione per il riesame, che ha rigettato il ricorso proposto contro l’ordinanza 31 dicembre 2006 del Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale che aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (detenzione per fini spaccio di 43 grammi di marijuana).

A fondamento del ricorso si deducono, con il primo motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione per aver ritenuto la destinazione ad uso di terzi della sostanza sequestrata in base a criteri esclusivamente quantitativi malgrado questo dato non fosse significativo e non esistessero altri elementi sintomatici della destinazione allo spaccio. Erronee sarebbero dunque sia l’interpretazione del dato normativo che la ricostruzione del fatto operate dal giudice di merito.

Con il secondo motivo di ricorso si deducono i medesimi vizi con riferimento alle esigenze cautelari erroneamente ritenute esistenti benchè non esistessero elementi sintomatici di pericolosità di reiterazione del reato quali la predisposizione di mezzi per lo spaccio e malgrado il ricorrente avesse un unico modesto precedente non specifico.

2) Il primo motivo di ricorso è fondato. Il Tribunale di Catania, nell’esaminare il problema della destinazione ad uso di terzi della sostanza sequestrata, si è limitato ad affermare che la "quantità suddetta di sostanza stupefacente eccede di gran lunga i limiti massimi di cui al del testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lettera a), di detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale onde ne è presunta la destinazione ai fini di spaccio".

In buona sostanza il giudice del riesame ha ricollegato la destinazione della sostanza al mero dato ponderale individuando una presunzione – non è ben chiaro se assoluta o relativa – di destinazione ad uso non esclusivamente personale nel caso di superamento dei limiti massimi indicati nel D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lettera a).

E peraltro anche questo superamento forma oggetto di una presunzione formulata in base alla quantità di sostanza sequestrata perchè non viene indicato, nell’ordinanza impugnata, che sia stata eseguita una consulenza o che sia stata comunque accertata la percentuale di principio attivo contenuto nello stupefacente sequestrato.

3) La lettura della norma indicata da parte del giudice di merito non è peraltro da ritenere corretta.

Premesso che la nuova normativa non immuta il sistema precedente quanto alla configurazione della detenzione per uso di terzi come elemento costitutivo del reato (in questo senso, anteriormente alla modifica del citato art. 73 in esame, v. Cass., sez. 4, 4 giugno 2004 n. 36755, *******, rv. 229685; sez. 6, 29 aprile 2003 n. 26709, ********, rv. 226276) va osservato che il ricordato art. 73, comma 1 bis, lett. a – inserito dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, art. 4 bis, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 21 febbraio 2006, n. 49 – non prevede una presunzione assoluta di detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente che superi i limiti nella medesima norma indicata. La norma si limita infatti a indicare alcuni elementi sintomatici dai quali può trarsi la conclusione che la sostanza non era destinata ad uso esclusivamente personale.

Tra questi elementi sintomatici viene in considerazione i anzitutto quello quantitativo sotto due profili: il principio attivo contenuto nella sostanza e il peso lordo complessivo della medesima.

Sotto il primo profilo va anzitutto rilevato che il superamento dei limiti massimi indicati dal Ministro della salute non è però sufficiente a far ritenere esistente la destinazione ad uso non esclusivamente personale come è reso evidente dalla formulazione usata dalla norma che sanziona chi illecitamente detiene sostanze stupefacenti che "per quantità, in particolare se superiori ai limiti massimi indicati ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale".

Insomma la norma, con una singolare formulazione (perchè introduce in una norma sostanziale criteri di valutazione della prova), ha sostanzialmente ripetuto i criteri che la giurisprudenza utilizzava per individuare i criteri sintomatici della destinazione allo spaccio delle sostanze stupefacenti.

Ma ciò che rileva, per la soluzione del caso in esame, è che il fatto tipico della detenzione penalmente sanzionata non è il superamento della soglia ma la detenzione per uso non esclusivamente personale e quelli indicati, compreso il superamento dei limiti, costituiscono elementi sintomatici dei quali il giudice deve tener conto ma non gli elementi costitutivi del reato.

Non ignora la Corte che esistono isolati commenti (ed opinioni espresse nel corso del dibattito parlamentare) che contestano questa ricostruzione – ritenendo che integri l’ipotesi di reato il mero superamento dei limiti massimi indicati nel decreto interministeriale – ma osserva anzitutto che questa ricostruzione è incompatibile con il dato letterale (l’espressione "in particolare se superiore ai limiti" esprime un’opzione di favore, (non di certezza, per un indice sintomatico).

In secondo luogo la conferma dell’interpretazione che si ritiene corretta è fondata su un argomento dirimente: se fosse sufficiente il superamento della "soglia" di principio attivo per far ritenere realizzato il fatto tipico costituente reato non si comprenderebbe la ragione giustificatrice del riferimento anche al peso complessivo lordo della sostanza stupefacente. E diverrebbe superfluo anche il riferimento al confezionamento frazionato o alle altre circostanze dell’azione. Se il reato si consuma con il superamento della soglia a che cosa serve individuare gli altri, indici sintomatici? Il sistema innovato – quanto alla destinazione ad uso di terzi della sostanza – è dunque ben diverso da quello antecedente al referendum abrogativo cui ha dato attuazione il D.P.R. 5 giugno 1993, n. 171 perchè, nel sistema precedente, il fatto tipico si realizzava col mero superamento, in principio attivo, della dose media giornaliera indicata nei decreti ministeriali (del resto in questo senso era il disegno di legge governativo poi immesso, nel corso della conversione, nel decreto legge convertito).

Può invece ritenersi, questo sistema, sostanzialmente analogo su questo punto – a parte la già segnalata ed impropria trasposizione dei criteri di valutazione della prova dal campo processuale alla norma sostanziale e le diverse valutazioni che possono oggi trarsi in tema di c.d. "consumo di gruppo" – a quello anteriore all’entrata in vigore della L. n. 49 del 2006 di conversione del D.L. n. 272 del 2005 (che, come è noto, riguardando soltanto il finanziamento delle olimpiadi invernali, non trattava della disciplina degli stupefacenti).

Non è dunque sufficiente che vengano superati i limiti più volte ricordati perchè possa affermarsi la penale responsabilità per l’illecita detenzione ma sarà necessario – quando ovviamente il dato ponderale non sia tale da giustificare inequivocabilmente la destinazione – che il giudice prenda in considerazione, oltre a questo superamento, le modalità di presentazione, il peso lordo complessivo, il confezionamento eventualmente frazionato, le altre circostanze dell’azione che possano essere ritenute significative della destinazione ad uso non esclusivamente personale.

4) Consegue alle considerazioni svolte l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

Il Tribunale di Catania ha infatti preso in considerazione solo uno degli elementi sintomatici della destinazione ad uso non esclusivamente personale, quello ponderale lordo complessivo peraltro non di entità tale da consentire una valutazione decisiva sul punto;

ha implicitamente individuato una inesistente presunzione assoluta nel superamento (in concreto peraltro non accertato ma presunto) dei limiti massimi di cui alla lett. a del comma 1 bis già ricordato;

non ha preso in considerazione gli altri indici sintomatici che pur la norma innovata prevede.

L’annullamento si estende anche, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, al punto riguardante le esigenze cautelari che andrà rivalutato in esito al corretto esame della gravità indiziaria alla luce dei principi in precedenza indicati.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catania.

Redazione