Corte di Cassazione Penale sez. IV 19/5/2008 n. 20030; Pres. Marini L.

Redazione 19/05/08
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Svolgimento del processo

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania confermava la condanna (alla pena di mesi cinque di reclusione, riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti) di I.F., ritenuto responsabile dell’omicidio colposo di M.G., commesso, con violazione della disciplina della circolazione stradale (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 141, comma 3), in (omissis).

1.1. La Corte territoriale, disposta perizia per accertare la dinamica dell’incidente ed acquisiti i relativi risultati, affermava che l’imputato procedeva, sulla strada provinciale, in prossimità di un’intersezione, a velocità eccessiva (110 chilometri orari) pur avendo notato la presenza sulla sede stradale del motoveicolo condotto da V.N., che stava effettuando un’inversione di marcia non consentita; avrebbe, pertanto, l’imputato dovuto diminuire la velocità ed evitare, in presenza di linea continua, di accingersi al sorpasso.

1.2. I giudici di appello ritenevano congrua la pena irrogata dal primo giudice il quale aveva attribuito "maggior colpa" al V. e, di riflesso, riconosciuto all’imputato le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata circostanza aggravante e determinato la pena in misura prossima al minimo edittale.

2. Avverso l’anzidetta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento ed affidando le proprie doglianze a quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 498 c.p.p., comma 3, art. 500 c.p.p., art. 501 c.p.p., comma 1, art. 508 c.p.p., comma 3, e art. 511 c.p.p., comma 3, e la "correlata" mancanza di motivazione della sentenza impugnata.

Rileva, in particolare, il ricorrente che, all’udienza del 6 giugno 2007, la Corte di appello aveva acquisito agli atti processuali la relazione depositata dal perito il 28 marzo 2006 senza procedere all’esame dello stesso nel contraddittorio delle parti, nonostante l’immediata "contestazione" della difesa.

2.2. Con il secondo motivo lamenta mancanza di motivazione della sentenza impugnata in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato.

La Corte di appello si sarebbe limitata a confermare la responsabilità dell’imputato "sulla base della perizia in atti" senza motivare in relazione alle specifiche censure prospettate nei motivi di appello.

In particolare, la velocità eccessiva e la manovra di sorpasso sarebbero circostanze meramente asserite.

Era certo, invece, che l’incidente si fosse verificato perchè il V. aveva tentato, in modo repentino ed imprevedibile, una non consentita inversione di marcia.

Anche il perito incaricato di ricostruire la dinamica dell’incidente – osserva il ricorrente – aveva rilevato:

– che, al momento dell’impatto, era in atto una manovra di svolta verso sinistra del ciclomotore;

– che era da escludere che si fosse trattato di un tamponamento;

– che a causare l’incidente era stata la manovra di svolta "assolutamente imprevedibile, vietata ed incautamente attuata" dal V..

2.3. Con il terzo motivo denuncia mancanza di motivazione in relazione alla "congruità della pena irrogata". 2.4. Con l’ultimo motivo si duole della mancanza di motivazione in ordine all’omessa applicazione dell’indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241.

Motivi della decisione

3. Deve, anzi tutto, rilevarsi che il reato non è estinto per prescrizione.

Al tempo necessario a prescrivere in presenza di atti interruttivi (in virtù della riconosciuta prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata circostanza aggravante, anni sette e mesi sei decorrenti dal (omissis), ai sensi dell’art. 157 c.p., comma 1, n. 4, art. 160 c.p., comma 3 e art. 158 c.p., comma 1, nel testo vigente in epoca anteriore alla L. 5 dicembre 2005, n. 251) va, invero, aggiunto il periodo (superiore ai sei mesi) in cui il processo (e, quindi, il corso della prescrizione) è rimasto sospeso per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori o per disposizione di legge.

4. Ciò premesso, il ricorso è inammissibile.

4.1. Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato.

Premesso che l’art. 598 c.p.p. estende al giudizio di appello le disposizioni relative al giudizio di primo grado, deve ritenersi che, allorquando il giudice rinnovi l’istruzione dibattimentale disponendo una perizia, sia consentita al perito la presentazione di una "relazione" scritta, prevista, in termini generali, dall’art. 227 c.p.p. (dedicato alla stessa) e non esclusa dall’art. 508 c.p.p., che stabilisce che il perito esponga il proprio parere o risponda ai quesiti ma specifica che ciò debba avvenire soltanto oralmente.

Della relazione deve, peraltro, essere data lettura previo esame del perito, a norma del combinato disposto dell’art. 501 c.p.p., art. 508 c.p.p., comma 3, e art. 511 c.p.p., comma 3.

Ciò nondimeno, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare (cfr. ex plurimis Cass. 5, 7 febbraio 2003, ******, RV 227412; Cass. 1, 19 marzo 2004, ******, RV 228981), l’omesso esame del perito non determina l’inutilizzabilità della relazione peritale, ma integra nullità di ordine generale, ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), poichè le disposizioni anzidette concernono l’intervento e l’assistenza dell’imputato.

La nullità in questione non è assoluta ed è sottoposta, pertanto, al "regime delle altre nullità di ordine generale" di cui all’art. 180 c.p.p..

Essa è soggetta anche ai limiti di deducibilità di cui all’art. 182 c.p.p. ed alle sanatorie di cui all’art. 183 c.p.p..

Rileva, in particolare, nel caso in esame, il limite di deducibilità di cui all’art. 182 c.p.p., comma 2 che stabilisce che la parte, quando assiste al compimento della nullità, deve, a pena di decadenza, eccepirla prima ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo.

Orbene, dagli atti processuali, segnatamente dal verbale dell’udienza dibattimentale del 6 giugno 2007 richiamato dal ricorrente, non risulta che la Corte di appello abbia proceduto all’esame del perito nel contraddittorio delle parti come previsto dal citato art. 501 c.p.p.. Purtuttavia, il difensore, presente all’udienza, non eccepì, nei termini anzidetti, la nullità. 4.2. Anche il secondo motivo del ricorso è inammissibile.

Premesso che la prospettazione dell’omessa motivazione della sentenza impugnata in relazione "alle specifiche censure prospettate nei motivi di appello" è del tutto generica, deve comunque osservarsi che il secondo motivo del ricorso è imperniato su censure che attengono alla ricostruzione della dinamica dell’incidente.

La ricostruzione di un incidente (segnatamente la valutazione delle condotte dei protagonisti e l’accertamento delle relative responsabilità) è rimessa al giudice di merito ed è integrata da una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione.

I giudici di appello, all’esito della valutazione degli elementi acquisiti (in particolare, della relazione peritale), hanno ritenuto di attribuire rilievo nel determinismo causale dell’evento anche alla velocità tenuta dall’imputato al momento dell’incidente, nonchè alla posizione dal medesimo occupata sulla carreggiata, indicativa della volontà di procedere ad una manovra di sorpasso, nonostante la linea continua e, soprattutto, la vicinanza di un’intersezione.

Il giudizio espresso sul punto attiene al merito dei fatti e non è sindacabile in sede di legittimità perchè frutto di un apprezzamento delle emergenze processuali, in ordine alla condotta di guida del ricorrente, ai profili di colpa in essa ravvisati ed alla loro incidenza sotto il profilo causale, del quale è stata data congrua e coerente giustificazione.

Non ha, invero, la Corte trascurato di considerare l’anomalia e la repentinità del comportamento del conducente del ciclomotore, tant’è che ne ha confermato il prevalente concorso di colpa.

Ha ritenuto, invece, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, che la velocità tenuta dall’imputato nella circostanza fosse eccessiva se rapportata alla situazione concreta più volte descritta.

Si trattava, a tutta evidenza, di una situazione che esigeva una particolare prudenza, una condotta che potesse assicurare al conducente la possibilità di arrestare prontamente, se necessario, la marcia del veicolo.

4.3. Inammissibile è altresì il terzo motivo del ricorso.

Le generiche censure del ricorrente in ordine a pretese carenze motivazionali della sentenza impugnata, in relazione alla commisurazione della pena, risultano manifestamente infondate.

Corretti, e insindacabili in sede di legittimità, sono, invero, i rilievi del giudice di merito (v. supra 1.2) che rendevano l’imputato immeritevole di un più mite trattamento sanzionatorio.

4.4. L’ultimo motivo del ricorso è manifestamente infondato.

La giurisprudenza di questa Corte è uniforme nel ritenere che il problema dell’applicazione dell’indulto può essere sollevato nel giudizio di legittimità soltanto nel caso in cui il giudice di merito lo abbia preso in esame e lo abbia risolto negativamente, escludendo che l’imputato abbia diritto al beneficio, e non, invece, quando abbia omesso di pronunciarsi riservandone implicitamente l’applicazione al giudice dell’esecuzione (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 3 febbraio 1995, Aversa, RV 200262).

5. Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di somma che si stima equo fissare in Euro 1000,00 (mille/00).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 1000,00 (mille/00).

Redazione