Corte di Cassazione Penale sez. IV 16/4/2008 n. 15756; Pres. Marzano F.

Redazione 16/04/08
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Svolgimento del processo

1.0 Il 24 agosto 2007 il G.I.P. del Tribunale di Bergamo, richiesto della emissione di decreto penale di condanna, assolveva M.A. da imputazione di cui all’art. 186 C.d.S., commi 1 e 2, perchè il fatto non sussiste; e dichiarava non doversi procedere in ordine ad imputazione di cui allo stesso art. 186 C.d.S., commi 2 e 7, perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

Nel pervenire alla statuizione assolutoria in ordine alla prima delle precitate imputazioni, riteneva il giudice che, a seguito della novella legislativa di cui al D.L. 3 agosto 2007, n. 117, che aveva introdotto "pene e sanzioni amministrative progressivamente in aumento" in relazione all’accertamento dello stato di alterazione alcolica, il fatto in questione "non è passibile di sanzione penale, non essendo mai stato determinato, proprio in ragione del rifiuto dell’esame alcolimetrico, il tasso alcolemico in cui si trovava l’imputato al momento del fatto". 2.0 Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Brescia. Deduce che il divisamente espresso dal giudice "è palesemente aberrante ed equivale ad una sostanziale disapplicazione della legge che, lungi dal depenalizzare una tale condotta, ha – al contrario – inasprito il relativo trattamento sanzionatorio, graduandolo sulla base della maggiore o minore gravità del fatto. Ed è ovvio che, di fronte all’oggettiva impossibilità di determinare la percentuale di alcool presente nel sangue, una volta accertato comunque lo stato di ebbrezza, andrebbe applicata, in ossequio al principio del favor rei, la pena stabilita per la violazione meno grave …". 2.1 L’imputato ha prodotto una memoria, per mezzo del difensore, con la quale confuta le ragioni del ricorso, del quale chiede il rigetto.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è fondato.

Invero, ha più volte chiarito questa Suprema Corte (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. Un., n. 1299/1996, ric. **********) che lo stato di ebbrezza del conducente di autoveicoli può essere accertato e provato con qualsiasi mezzo, non necessariamente, nè unicamente, attraverso la strumentazione e la procedura indicate dall’art. 379 reg. att. esec. C.d.S.; e tanto per il principio del libero convincimento del giudice, per l’assenza di prove legali e per la necessità che la prova del reato non dipenda dalla volontà della parte interessata.

Tale principio non può ritenersi caducato a seguito della novella riformatrice di cui al D.L. 7 agosto 2007, n. 117, convertito in L. 2 ottobre 2007, n. 160, che, sostituendo il secondo comma della norma incriminatrice, ha solo determinato un differenziato trattamento sanzionatorio a seconda del valore del tasso alcolemico riscontrato.

Una volta accertato, per indici sintomatici, lo stato di ebbrezza, e quindi la sussistenza del reato, ove non sìa possibile accertare il tasso alcolemico la relativa questione investe, evidentemente, solo il trattamento sanzionatorio, non già la già accertata sussistenza del reato. In siffatta ipotesi il giudice è solo tenuto, per il principio del favor rei giustamente richiamato dal ricorrente, ad applicare la sanzione più favorevole all’imputato.

4. La sentenza impugnata va, dunque, annullata, limitatamente al reato di guida in stato di ebbrezza, di cui al capo a) della rubrica, con rinvio su tale capo al Tribunale di Bergamo.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo a) della rubrica, con rinvio al Tribunale di Bergamo.

Redazione