Corte di Cassazione Penale sez. IV 13/11/2009 n. 43501; Pres. Mocali P:

Redazione 13/11/09
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OSSERVA

G.I. ricorre per cassazione avverso il decreto penale di condanna emesso il 20/10/2008 dal G.I.P. del Tribunale di Padova in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza alcolica accertato a suo carico in data 27/6/2008.

Il ricorrente deduce erronea applicazione della legge, per la ragione che il giudice a quo ha disposto la confisca del veicolo in sequestro, non tenendo conto che tale misura ablativa non poteva, giusta quanto disposto dall’art. 460 c.p.p., comma 2, essere comminata con decreto di condanna e che, ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 2, quinto periodo, la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato deve essere sempre disposta, ma solo con sentenza di condanna o di patteggiamento, e, comunque, a condizione che ricorra alcuna delle ipotesi previste dall’art. 240 C.d.S., comma 2, tra, le quali, certamente, non poteva farsi rientrare il bene sequestrato, trattandosi di veicolo che ex se non costituisce prezzo del reato, ovvero la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione del quale costituisca reato. Il ricorso non merita accoglimento.

Come recentemente chiarito da questa Corte (vedasi sentenza 11/2/2009 n. 13831), la disposizione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), quinto periodo, – nel testo modificato dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, conv. dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, applicabile al fatto commesso in data (omissis) – là dove contempla che sia sempre disposta, con la sentenza di condanna o con quella di applicazione della pena a richiesta delle parti, la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato "ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2", richiama quest’ultima disposizione non con l’intenzione di affermare che il caso disciplinato rientri tra quelli che detta disposizione contempla, ma semplicemente al fine di rimarcare l’obbligatorietà della confisca, sempre che il veicolo non appartenga a persona estranea al reato e che sia stata pronunciata sentenza di condanna o di patteggiamento.

In assenza di una norma siffatta, infatti, il veicolo con il quale è commessa la contravvenzione in esame andrebbe ricondotto, seguendo le linee tracciate dall’art. 240 c.p., nel novero delle cose, indicate nel comma 1 di detto articolo, soggette a confisca facoltativa (segnatamente le "cose che servirono a commettere il reato").

La confisca è, invece, divenuta obbligatoria proprio perchè così nel 2008 ha voluto, in deroga all’art. 240 c.p., il legislatore del codice della strada; ma, come si è detto, è rispondente alla ratio legis interpretare il richiamo, contenuto nell’art. 186 C.d.S., all’art. 240 c.p., comma 2, non come riferimento alla natura ed alle caratteristiche delle cose ivi elencate, bensì nel senso della previsione della obbligatorietà della confisca per il veicolo condotto da soggetto in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c): in altri termini, il veicolo non è ex se una res tale da non poter restare in circolazione prescindendo dal soggetto che ne aveva la disponibilità e dall’esito del giudizio, ma una res da considerarsi pericolosa solo in relazione a quel soggetto trovato in (grave) stato di ebbrezza (o che si è rifiutato di sottoporsi all’accertamento in tal modo impedendo di fatto il controllo delle sue condizioni di idoneità alla guida), ed ovviamente all’esito dell’accertamento giudiziale della attribuibilità di quel fatto-reato al soggetto cui è stata sottratta la disponibilità della res con il sequestro.

Siffatta interpretazione, tra l’altro, si pone assolutamente in sintonia con i principi che le Sezioni Unite di questa Corte enunciarono allorquando furono chiamate ad esaminare un’analoga questione con riferimento alla confisca prevista dall’art. 722 c.p. ("è sempre ordinata la confisca") per il denaro esposto nel gioco d’azzardo e per gli arnesi od oggetti ad esso destinati. In quella occasione, le Sezioni Unite (sentenza n. 5 del 25/03/1993 Cc. – dep. 23/04/1993 – Rv. 193120, imp. Carlea ed altri), sottolineando che l’art. 722 c.p., prevede un caso di confisca obbligatoria in seguito a condanna, hanno affermato che, conseguentemente, "l’avverbio sempre non sta a significare che la misura deve essere disposta anche nel caso di proscioglimento e, in particolare, nel caso di estinzione del reato", ed hanno altresì precisato che nei casi dell’art. 240 c.p., comma 1, e comma 2, n. 1, come in quello dell’art. 722 c.p., essendo richiesta la condanna, non può essere disposta la confisca se il reato è estinto, mentre a una diversa conclusione deve pervenirsi nel caso dell’art. 240 c.p., comma 2, n. 2, che impone la confisca anche nel caso di proscioglimento".

Tornando alla questione concernente la confisca prevista dall’attuale formulazione dell’art. 186 C.d.S., va, in riferimento all’altra doglianza espressa dal ricorrente, osservato che la disposizione menziona esclusivamente la sentenza di condanna e quella di patteggiamento, non il decreto penale di condanna, sicchè appare lecito chiedersi se la misura ablativa sia applicabile qualora la condanna sia irrogata con il suddetto decreto.

A fronte dell’opzione, patrocinata in ricorso, che milita per un’interpretazione restrittiva valorizzando i limiti formali del testo normativo menzionato, questo Collegio ritiene che la formula "sentenza di condanna" debba essere intesa in senso più ampio, come statuizione di condanna, comprensiva dunque anche del decreto penale.

Sul punto, è opportuno ricordare che questa Corte si è già occupata di questione analoga, propostasi in riferimento alla confisca obbligatoria dei terreni e dei veicoli utilizzati per la consumazione di alcuni reati in materia di rifiuti, ma ha emesso pronunce di segno diverso, nel senso che in alcuni casi ha riconosciuto la legittimità della confisca anche nel procedimento per decreto, facendo leva sull’obbligatorietà della misura (v. Sez. 3^, 4/12/2007, n. 4545, P.M. in proc. *******, rv. 238852), mentre in altri casi (v. sez. 3^, 22/5/2008, n. 26548, **********, rv. 240343) l’ha esclusa, valorizzando i limiti formali del testo, quei stessi limiti, cioè, che in questa sede invoca l’odierno ricorrente, tuttavia in relazione ad un’ipotesi di reato diversa, la quale è sostenuta, come si è ricordato, da una ratio legis correlata a pressanti esigenze di prevenzione, del tutto specifiche alla materia speciale della circolazione stradale dei veicoli.

Al rigetta del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione