Corte di Cassazione Penale sez. IV 11/6/2009 n. 24015

Redazione 11/06/09
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OSSERVA

1) D.T.R. ha proposto ricorso avverso l’ordinanza 3 ottobre 2007 del Tribunale di Latina, sezione per il riesame delle misure cautelari reali, che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo emesso il 1 luglio 2008 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale ed avente ad oggetto un’autovettura a lui sequestrata.

Il Tribunale ha ritenuto legittimo il provvedimento emesso in relazione ad un procedimento per il reato di cui all’art. 186 C.d.S. (guida in stato di ebbrezza) rilevando come non fosse ostativa al sequestro preventivo la circostanza che l’autovettura fosse in comproprietà con altre persona (la madre del ricorrente) e che il fatto non poteva essere ritenuto occasionale essendo ciò escluso dall’elevato tasso alcolico rilevato.

2) A fondamento del ricorso si deduce, con il primo motivo, la violazione dell’art. 186 C.d.S., comma 2 e dell’art. 240 c.p., comma 2 perchè il Tribunale non avrebbe considerato che il veicolo non era di proprietà esclusiva del ricorrente e l’interpretazione data dal Tribunale si porrebbe in contrasto con la lettera e la ratio della norma che prevede la confisca del veicolo.

Con il secondo motivo si deduce invece la violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3 perchè il Tribunale non avrebbe considerato che si trattava di condotta occasionale e quindi difettavano le esigenze cautelari che peraltro non avrebbero potuto essere ravvisate nell’elevato tasso alcolico in mancanza di precedenti specifici.

3) Va preliminarmente rilevato che il sequestro preventivo in esame è stato disposto in base al nuovo testo del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2 (C.d.S.) modificato dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 4 convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125 (misure urgenti in materia di sicurezza pubblica).

Con questa modifica legislativa sono stati introdotti i seguenti periodi nell’art. 186 C.d.S., comma 2: "Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato." Come è agevole verificare dal tenore della norma si tratta di confisca obbligatoria: ciò risulta sia dalla terminologia utilizzata ("è sempre disposta") sia dal richiamo all’art. 240 c.p., comma 2 che prevede, appunto, casi di confisca obbligatoria (in questo senso deve intendersi il richiamo all’art. 240 c.p.: v. Cass., sez. 4, 11 febbraio 2009 n. 13831, *********, rv. 242479).

Dalla natura obbligatoria della confisca deriva un’importante conseguenza: che, nel caso di sequestro preventivo disposto ai sensi dell’art. 321 c.p.p., l’esistenza del periculum – cui l’emissione di tale misura cautelare reale è subordinata – è presunta per legge con la conseguenza che non deve essere accertata caso per caso e che non può essere disposta (a meno che non vengano meno i presupposti per ritenere esistente il fumus) la restituzione del veicolo prima della sentenza definitiva (v. la già citata sentenza 13831/2009 nonchè Cass., sez. fer., 28 agosto 2008 n. 36822, Simmerle, rv.

241269 – entrambe relative alla norma innovata del codice della strada – e in generale, precedentemente, Cass., sez. 3, 6 aprile 2005 n. 17439, Amico, rv. 231516).

4) Ciò premesso, deve ancora osservarsi che il ricorso in cassazione contro le ordinanze del tribunale per il riesame, in materia di misure cautelari reali, è proponibile, per l’espresso disposto dell’art. 325 c.p.p., comma 1, solo "per violazione di legge". Ciò vale anche per l’ordinanza del tribunale che si pronunzi sulla richiesta di riesame del decreto del pubblico ministero, che abbia convalidato il sequestro operato dalla polizia giudiziaria, o sulla richiesta di riesame del sequestro disposto dall’autorità giudiziaria (v. art. 355 c.p.p., comma 3 e art. 257 c.p.p. che rinviano entrambi all’art. 324 c.p.p. con la conseguente applicabilità dell’art. 325 c.p.p. in tema di ricorso in cassazione).

Ciò comporta in particolare, per quanto attiene ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, che con il ricorso in questa materia non sono deducibili tutti i vizi concernenti la motivazione del provvedimento impugnato previsti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ma soltanto la mancanza assoluta, o materiale, della motivazione perchè solo in questo caso può configurarsi la violazione di legge ed in particolare la violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3 che prescrive, a pena di nullità, l’obbligo di motivazione delle sentenze e delle ordinanze in attuazione del disposto dell’art. 111 Cost., commi 6 e 7.

Tra i casi di mancanza assoluta della motivazione può certamente ricomprendersi anche il caso di motivazione meramente apparente o assolutamente inidonea a spiegare le ragioni addotte a sostegno dell’esistenza o meno dei presupposti per il mantenimento della cautela. Non possono invece formare oggetto di ricorso in cassazione le censure dirette ad evidenziare l’insufficienza, l’incompletezza, l’illogicità o la contraddittorietà della motivazione.

La giurisprudenza di legittimità è univoca nel senso indicato: cfr. da ultimo Cass., sez. 5, 11 gennaio 2007 n. 8434, *******, rv.

236255; Sez. 3, 5 maggio 2004 n. 26853, *******, rv. 228738; sez. un. 28 gennaio 2004 n. 5876, **********, rv. 226710.

Alla luce di questo costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (che nel ricorso neppure viene posto in discussione) se anche la censura rivolta dal ricorrente all’ordinanza impugnata con il secondo motivo di ricorso, relativo alle esigenze cautelari, fosse da ritenere ammissibile (sotto il profilo della necessità di accertare in concreto l’esistenza del periculum anche nel caso di confisca obbligatoria) la censura sarebbe comunque inammissibile essendo rivolta all’accertamento di un vizio relativo alla motivazione che, nel nostro caso, non può essere ritenuta mancante.

5) E’ invece infondato il primo motivo di ricorso che si riferisce all’interpretazione della norma innovata di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 in precedenza riportata e che, secondo il ricorrente, non consentirebbe la confisca – e quindi il sequestro preventivo – nel caso di veicolo in comproprietà.

La tesi è infondata perchè la lettera della norma non autorizza questa interpretazione, sembrando al contrario escludere la confisca di veicolo appartenente ad un terzo per la tutela del suo diritto di proprietà.

Ma la tesi risulta in particolare infondata ove si consideri quale è la ratio della norma: solo nel caso di appartenenza integrale del veicolo ad un terzo la presunzione assoluta di pericolosità derivante dall’uso del veicolo può risultare attenuata mentre, in caso di comproprietà, la presunzione medesima rimane integra.

Resta il problema della legittimità del sequestro (e della successiva eventuale confisca) della quota appartenente al terzo. Ma, su questo aspetto, il ricorrente è privo di interesse a richiedere l’annullamento del provvedimento impugnato, o la restituzione del bene, unico legittimato essendo il comproprietario del veicolo.

6) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione