Corte di Cassazione Penale sez. IV 1/12/2009 n. 45938

Redazione 01/12/09
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(omissis)
OSSERVA
1) Omissis ha proposto ricorso avverso l’ordinanza 6 marzo 2009 del Tribunale di Rimini, sezione per il riesame delle misure cautelari reali, che ha rigettato la richiesta di riesame proposta contro il decreto 12 febbraio 2009 del giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale che aveva disposto il sequestro preventivo dell’autovettura () per la violazione dell’art. 186 C.d.S., comma 7 per essersi rifiutato di sottoporsi all’accertamento alcolimetrico.
Secondo il tribunale era configurabile il fumus del reato contestato perchè il ricorrente, pur formalmente aderendo alla richiesta, di fatto aveva reso impossibile l’effettuazione della prova, non avendo soffiato un volume sufficiente di aria nello strumento misuratore.
2) A fondamento del ricorso si deducono, con il primo e secondo motivo di ricorso, la violazione di legge e la mancanza di motivazione avendo, i giudici del riesame, erroneamente ritenuto che la condotta del ricorrente potesse integrare gli estremi del rifiuto pur essendosi egli dichiarato disponibile ad eseguire la prova ed avendola in effetti compiuta, sia pure con esito negativo.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce invece il vizio di violazione di legge perchè non poteva essere disposto il sequestro preventivo del veicolo in quanto il medesimo era per metà di proprietà del coniuge convivente in comunione di beni.
3) Va preliminarmente rilevato che il ricorso in cassazione contro le ordinanze del tribunale per il riesame, in materia di misure cautelari reali, è proponibile, per l’espresso disposto dell’art. 325 c.p.p., comma 1, solo "per violazione di legge". Ciò vale anche per l’ordinanza del tribunale che si pronunzi sulla richiesta di riesame del decreto del pubblico ministero che abbia convalidato il sequestro operato dalla polizia giudiziaria o sulla richiesta di riesame il sequestro disposto dall’autorità giudiziaria (v. art. 355 c.p.p., comma 3 e art. 257 c.p.p. che rinviano entrambi all’art. 324 c.p.p. con la conseguente applicabilità dell’art. 325 c.p.p. in tema di ricorso in cassazione).
Ciò comporta in particolare, per quanto attiene ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, che con il ricordo in questa materia non sono deducibili tutti i vizi concernenti la motivazione del provvedimento impugnato previsti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ma soltanto la mancanza assoluta, o materiale, della motivazione perchè solo in questo caso può configurarsi la violazione di legge ed in particolare la violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3 che prescrive, a pena di nullità, l’obbligo di motivazione delle sentenze e delle ordinanze in attuazione del disposto dell’art. 111 Cost., commi 6 e 7.
Tra i casi di mancanza assoluta della motivazione può certamente ricomprendersi anche il caso di motivazione meramente apparente o assolutamente inidonea a spiegare le ragioni addotte a sostegno dell’esistenza o meno dei presupposti per il mantenimento della cautela. Non possono invece formare oggetto di ricorso in cassazione le censure dirette ad evidenziare l’insufficienza, l’incompletezza, l’illogicità o la contradditorietà della motivazione.
La giurisprudenza di legittimità è univoca nel senso indicato: cfr. esemplificativamente Cass., sez. 5a, 11 gennaio 2007 n. 8434, *******, rv. 236255; sez. 3a, 5 maggio 2004 n. 26853, *******, rv.
228738; sez. un. 28 gennaio 2004 n. 5876, **********, rv. 226710.
4) Alla luce di questo costante orientamento della giurisprudenza di legittimità le censure rivolte dal ricorrente all’ordinanza impugnata con il primo e secondo motivo di ricorso devono essere ritenute inammissibili.
Ciò vale, in particolare, per quanto riguarda le riassunte doglianze relative alla affermata esistenza di un rifiuto da parte del ricorrente di sottoporsi all’accertamento alcolimetrico.
Il Tribunale ha ritenuto che () avesse volontariamente falsato la prova alcolimetrica soffiando un volume d’aria insufficiente nello strumento misuratore e questa valutazione, per quanto si è detto, non può essere contestata per vizio di motivazione nel giudizio di legittimità. Del resto il rifiuto può essere anche tacito o ricavarsi da fatti concludenti e la valutazione della sua esistenza costituisce comunque un accertamento in fatto che sarebbe sottratto al vaglio di legittimità anche se il sindacato sul vizio di motivazione fosse ammissibile.
5) Ammissibile, ma infondata, è invece la censura che si riferisce all’interpretazione della norma innovata di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) (come modificato dal D.L. 3 agosto 2007, n. 117 convertito nella L. 2 ottobre 2007, n. 160 e dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92 convertito nella L. 24 luglio 2008, n. 125) che, secondo il ricorrente, non consentirebbe la confisca – e quindi il sequestro preventivo – nel caso di veicolo in comproprietà.
La tesi è infondata perchè la lettera della norma non autorizza questa interpretazione sembrando al contrario escludere la confisca di veicolo integralmente appartenente ad un terzo per la tutela del suo diritto di proprietà.
Ma la tesi risulta in particolare infondata ove si consideri quale è la ratio della norma: solo nel caso di appartenenza integrale del veicolo ad un terzo la presunzione assoluta di pericolosità derivante dall’uso del veicolo può risultare attenuata mentre, in caso di comproprietà, la presunzione medesima rimane integra. Sulla legittimità del sequestro preventivo di cosa in comproprietà si vedano Cass., sez. 4 a, 6 maggio 2009 n. 24015, ********, rv. 244220; sez. 3a, 13 novembre 2007 n. 346, ******, rv. 238569.
Resta il problema della destinazione della quota appartenente al terzo nel caso di sequestro e di eventuale successiva confisca. Ma, su questo aspetto, il ricorrente è privo di interesse a richiedere l’annullamento del provvedimento impugnato, o la restituzione del bene, unico legittimato essendo il comproprietario del veicolo.
5) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4 a penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
(omissis)

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