Corte di Cassazione Penale sez. III 9/6/2009 n. 23846; Pres. Lupo E.

Redazione 09/06/09
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RITENUTO IN FATTO

La Corte di Appello di Trieste, con ordinanza del 22/7/08, ha dichiarato inammissibile la dichiarazione di ricusazione avanzata da **** nei confronti del giudice del Tribunale di Pordenone, dott. P.E..

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa del prevenuto, con i seguenti motivi:

-ha errato la Corte territoriale nel non accogliere la istanza di ricusazione, vista la sussistenza dei rapporti di grave inimicizia intercorrenti tra il difensore dello Z. ed il dott. P.;

-ha errato, altresì, il decidente nel non considerare ammissibile la istanza de qua perchè inoltrata a mezzo servizio postale.

Il Procuratore ******** presso questa Corte ha inoltrato in atti requisitoria scritta nella quale conclude per il rigetto del ricorso.

RILEVATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La ordinanza assoggettata ad impugnazione si appalesa logica, corretta ed esaustiva.

Quanto al primo motivo di ricorso va osservato che la dichiarazione di ricusazione è stata formulata dall’imputato, ai sensi dell’art. 37 c.p.p., in relazione all’art. 36 c.p.p., lett. d), sul rilievo che la inimicizia grave riguarderebbe il rapporto interpersonale tra il giudice ricusato ed il difensore di fiducia dell’istante.

Orbene, secondo l’insegnamento giurisprudenziale di questa ******* posizioni interpersonali di grave inimicizia tra difensore e giudice non sono previste quali possibili cause di ricusazione, posto che l’art. 36 c.p.p., lett. d), cui rinvia l’art. 37 c.p.p., limita espressamente i casi di astensione e, conseguentemente, di ricusazione per inimicizia grave, ai soli rapporti tra giudice (o suo prossimo congiunto) ed una delle parti private, senza possibilità di estensione analogica al difensore della parte privata, atteso che la norma fondamentale dell’art. 36 c.p.p., precitato, distingue in maniera espressa, il difensore, nominato solo nello stesso art. 36 c.p.p., lett. a) e b), e la parte privata, menzionata nelle lett. a), b), d) ed e) (Cass. 8/6/05, ******* ed altro; Cass. 18/3/02, *******).

In merito alla censura spiegata con il secondo motivo di impugnazione è da rilevare che il giudizio della Corte territoriale è pienamente condivisibile, dal momento che la dichiarazione di ricusazione non può essere proposta a mezzo posta, visto che, come è stato precisato dalla giurisprudenza di legittimità, la nozione di "presentazione", richiesta dall’art. 38 c.p.p., comma 3, anche per la dichiarazione di ricusazione, di atti, istanze, ricorsi, impugnazioni, è concetto che ontologicamente rifiuta lo strumento di trasmissione a distanza, e, pertanto, occorre che, qualora il legislatore ritenga mezzo idoneo di presentazione quello della cosiddetta "spedizione", questa sia espressamente considerata, e che siano, altresì, esattamente indicate la natura dello strumento all’uopo previsto e le precise modalità attuative (Cass. 19/9/05, ********; Cass. 1/10/96, ********).

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che lo Z. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso deve essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Redazione