Corte di Cassazione Penale sez. III 9/2/2009 n. 5502; Pres. Grassi A.

Redazione 09/02/09
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FATTO E DIRITTO

1 – Con ordinanza dell’8.9.2007 il g.i.p. del tribunale di Brescia ha convalidato il provvedimento del questore di Brescia che, in data 5.9.2007, aveva disposto ai sensi della L. n. 401 del 1989, art. 6 a carico di P.D.G. il divieto di accedere agli stadi per la durata di tre anni in occasione di determinate manifestazioni sportive, con l’obbligo di presentarsi all’autorità di polizia in concomitanza delle partite di calcio disputate dalla squadra del Brescia.

2 – Il difensore del P. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo:

2.1 – violazione della L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 2 bis, dell’art. 178 c.p.p. e dell’art. 24 Cost. perchè l’ordinanza di convalida della misura prevenzionale era stata adottata senza il rispetto dei termini a difesa;

2.2 – mancanza di motivazione in ordine a tutti i requisiti di legittimità della misura.

3 – Col primo motivo il difensore ricorrente ha denunciato la nullità della ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 178 c.p.p., , comma 1, lett. c), lamentando che era rimasto eccessivamente compresso il tempo a disposizione dell’interessato per presentare le proprie difese davanti al giudice della convalida.

Questo motivo è fondato e assorbe il secondo (peraltro ugualmente fondato). Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte, dopo qualche oscillazione iniziale, sembrava essersi assestata sulla tesi secondo cui il termine minimo di cui deve fruire l’interessato per l’esercizio dei suoi diritti difensivi è quello di ventiquattro ore, che devono quindi intercorrere tra la notifica del provvedimento questorile e la convalida da parte del giudice. Si tratta però di una soluzione meramente pragmatica, di buon senso comune, che è priva di basi testuali, e che deve essere riconsiderata alla luce di una esegesi costituzionalmente orientata della disciplina positiva.

3.1 – Com’è noto, la L. 13 dicembre 1898, n. 401, e succ. modd., art. 6 prevede che nei confronti di persone che abbiano rivelato determinati indici di pericolosità sociale in occasione di manifestazioni sportive il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate (comma 1); e può accompagnare il divieto con l’obbligo di presentarsi all’autorità di polizia durante lo svolgimento delle manifestazioni stesse, al fine evidente di assicurare il controllo sulla osservanza del divieto medesimo (comma 2). Il provvedimento questorile, ovviamente, deve essere notificato all’interessato.

Il divieto di accesso è una misura di prevenzione tipicamente amministrativa, che può essere impugnata davanti al giudice amministrativo. L’obbligo di presentazione, invece, rientra nel novero delle misure di prevenzione cd. giurisdizionalizzate, perchè adottate direttamente dal giudice (v. L. 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 3 e 4) o soggette al controllo giurisdizionale successivo.

La giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza n. 512/2002) ha precisato che la seconda misura configura una restrizione, seppur minima, della libertà personale e pertanto è soggetta alle garanzie previste dall’art. 13 Cost.. Tali garanzie, com’è noto, impongono che le restrizioni alla libertà personale siano ammesse solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria nei casi e modi previsti dalla legge (comma 2); ovvero, in casi eccezionali di necessità e urgenza, possano essere adottate in via provvisoria dall’autorità di pubblica sicurezza, che però deve comunicarle entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria, la quale deve convalidarle entro le quarantotto ore successive sotto pena di decadenza delle stesse misure restrittive (comma 3).

In ossequio a siffatti vincoli costituzionali, l’art. 6, comma 3 (come sostituito dal D.L. 20 agosto 2001, n. 336, art. 1, comma 1, lett. c), convertito con modificazioni nella L. 19 ottobre 2001, n. 377) prevede che la prescrizione di presentarsi all’autorità di polizia sia immediatamente comunicata al Procuratore della Repubblica presso il tribunale, il quale, se ritiene che ne sussistano i presupposti, richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari, entro il termine di quarantotto ore dalla notifica all’interessato del provvedimento questorile. Il provvedimento restrittivo della libertà perde efficacia se il pubblico ministero non avanza richiesta di convalida nel termine previsto o se il giudice non dispone la convalida entro le quarantotto ore successive.

In altri termini, conformemente al dettato costituzionale dell’art. 13, il provvedimento amministrativo perde efficacia se la convalida giurisdizionale non interviene entro il termine complessivo di novantasei ore dalla notifica al destinatario del provvedimento medesimo (v. sul punto Cass. Sez. 3^, n. 2472 dell’11.12.2007, *******, rv. 238538; Cass. Sez. 3^, n. 35515 del 6.7.2007, *****, rv.

237396; Cass. Sez. 3^, n. 5326 del 20.12.2006, ********, rv. 235872).

Intervenendo nella soggetta materia, il giudice delle leggi, con la sentenza 144/1997, ha precisato che, proprio per il carattere limitato che ha la restrizione della libertà personale causata dall’obbligo di presentazione all’autorità di polizia, non è necessario che il procedimento giurisdizionale di convalida sia governato dalle medesime garanzie che caratterizzano il procedimento di convalida delle misure pre-cautelari del fermo e dell’arresto in flagranza, con la conseguenza che sono costituzionalmente consentite forme semplificate di contraddittorio cartolare, che possano coniugare la necessità di garantire all’interessato un’adeguata difesa con la esigenza di celerità nell’applicazione della misura di prevenzione. Per rispettare il principio di cui all’art. 24 Cost., comma 2, era comunque necessario che il destinatario della misura di prevenzione fosse messo a conoscenza della facoltà a lui concessa di esercitare la sua difesa.

In ossequio a questa pronuncia, il D.L. 20 agosto 2001, n. 336, art. 1, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 19 ottobre 2001, n. 377, ha introdotto nell’art. 6, comma 2 bis, secondo cui la notifica del provvedimento questorile deve contenere l’avviso all’interessato che egli ha la facoltà di presentare, personalmente o per mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice competente per la convalida.

Il legislatore non ha però determinato il termine concesso all’interessato per esercitare il suo diritto di difesa, ovverosia non ha definito le scansioni temporali del contraddittorio cartolare che caratterizza il giudizio di convalida, costringendo così il giudice a colmare la lacuna sulla base dei criteri offerti dalla interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata. Orbene, alla luce del principio costituzionale consacrato nell’art. 111 Cost., comma 2, secondo cui "ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità davanti a giudice terzo e imparziale", considerato che il pubblico ministero ha un termine di quarantotto ore dalla notifica all’interessato della misura di prevenzione per decidere se richiedere o no la convalida della misura, deve concludersi che, proprio in omaggio al principio di parità fra le parti processuali, anche il destinatario della misura provvisoria abbia lo stesso termine di quarantotto ore per presentare memorie o deduzioni al giudice competente per la convalida (così, con ampia motivazione, Cass. Sez. 3^, n. 2471 dell’11.12.2007, **********, rv. 238537).

11 giudice, quindi, ha a disposizione altre quarantotto ore, e perciò complessivamente novantasei ore dalla notifica del provvedimento all’interessato, per provvedere sulla richiesta di convalida. Con la conseguenza che, se non provvede nel termine complessivo della novantasei ore, la misura di prevenzione perde efficacia; ma se provvede prima della scadenza del termine di quarantotto ore, pregiudica l’esercizio effettivo del diritto di difesa dell’interessato, così incorrendo nella nullità generale prevista nell’art. 178 c.p.p., lett. c).

3.2 – Resta però un ulteriore problema, connesso al dovere che incombe al pubblico ministero di trasmettere al giudice, assieme alla richiesta di convalida, la documentazione sulla quale si fonda il provvedimento questorile: e ciò non solo per consentire al giudice di esercitare con piena cognizione il suo controllo di legalità, ma anche per permettere all’interessato di esaminare la documentazione stessa al fine di esercitare il suo diritto effettivo alle controdeduzioni (v. Cass. Sez. Un., n. 44273 del 12.11.2004, Labbia, rv. 229111).

E’ allora evidente che l’effettivo diritto difensivo dell’interessato non è rispettato se non gli si riconosce un tempo adeguato per esaminare la documentazione al fine di presentare le sue osservazioni scritte. Secondo gli stessi criteri di ragionevolezza adottati dalla summenzionata giurisprudenza, a questo specifico fine si può definire adeguato un tempo di ventiquattro ore a decorrere dal deposito presso il giudice della richiesta di convalida e della annessa documentazione questorile. Con la conseguenza che, per rispettare i diritti della difesa, il giudice deve decidere dopo quarantotto ore dalla notifica all’interessato del provvedimento questorile, e dopo ventiquattro ore dal deposito nella sua cancelleria della richiesta di convalida con la relativa documentazione. In tal modo, pur rispettando i diritti della difesa, egli potrà provvedere entro il limite massimo delle novantasei ore dalla notifica del provvedimento all’interessato, evitando così la decadenza del provvedimento stesso.

Concludendo sul punto, si deve affermare il principio secondo cui, quando il giudice competente convalidi il provvedimento questorile prima che sia trascorso il termine dilatorio di quarantotto ore dalla notifica all’interessato del provvedimento stesso, e quello di ventiquattro ore dal deposito in cancelleria della richiesta di convalida e della annessa documentazione amministrativa, si verifica una lesione del diritto all’intervento e all’assistenza difensiva e l’ordinanza di convalida deve essere annullata per violazione di norma processuale stabilita a pena di nullità ex art. 178 c.p.p., lett. c).

4 – Contrariamente a una diffusa prassi giudiziaria sul punto (non sempre specificamente motivata), l’annullamento deve essere disposto con rinvio, affinchè un altro giudice di merito possa decidere ritualmente sulla richiesta convalida.

Questo approdo ermeneutico può dirsi ormai acquisito, dopo che al riguardo sono intervenute le Sezioni unite di questa Corte, affermando il principio di diritto così massimato: "In tema di misure volte a prevenire i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive, l’annullamento per vizio di motivazione dell’ordinanza di convalida della misura con cui il questore prescrive la comparizione per iodica alla polizia, ai sensi della L. 13 dicembre 1989, n. 401, e succ. modd., art. 6, non mette in discussione la ritualità della procedura di convalida, nè l’esistenza dei presupposti per l’esame del merito della misura. Ne consegue che tale annullamento deve essere disposto con rinvio per consentire una nuova deliberazione, diretta a correggere i vizi del provvedimento annullato, con ricostituzione, ove del caso, di un titolo restrittivo valido e operativo (Nell’affermare tale principio, la Corte ha precisato che il provvedimento impugnato non è eseguibile nel periodo intercorrente fra l’annullamento e l’adozione del nuovo provvedimento in sede di rinvio)". (Sez. Un. n. 4443 del 29.11.2005, dep. 3.2.2006, ********, rv. 232712).

Il principio, formulato dal supremo organo nomofilattico in relazione all’annullamento per vizio di motivazione, va affermato anche per ogni annullamento derivante dalla inosservanza dei diritti di difesa come sopra specificati.

In entrambi questi casi, infatti, l’annullamento non comporta la decadenza della misura di prevenzione prevista dalla L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 3. Ove si verifichi la decadenza della misura per inosservanza dei termini perentori previsti dal legislatore per la convalida giurisdizionale, l’annullamento va disposto senza rinvio, giacchè il giudice di merito non potrà più convalidare una misura questorile che ha ormai perso la sua efficacia, fermo restando al questore il potere di emettere un’altra misura da sottoporre a nuova convalida giurisdizionale.

Ma nei casi in esame la decadenza non si verifica perchè nei termini perentori come sopra specificati un provvedimento di convalida giurisdizionale è comunque intervenuto, sia pure illegittimo per vizio di motivazione o per violazione dei diritti della difesa (sul punto v. Cass. Sez. 3^, n. 29499 del 28.6.2005, dep. 4.8.2005, ******, non massimata). In altri termini, la decadenza è esclusa se nei termini di legge interviene un positivo giudizio di convalida, anche se questo è poi annullato in sede di legittimità con rinvio per nuovo giudizio (v, per tutte Cass. Sez. 1^, n. 48369 del 15.12.2004, *******, rv. 229361).

Vale insomma per la convalida della misura prevenzionale disposta dal questore, la stessa ratio che la costante giurisprudenza di legittimità ha individuato per il riesame della misura cautelare personale, il quale deve avvenire nel termine di dieci giorni di cui all’art. 309 c.p.p., commi 9 e 10, a pena di decadenza della misura stessa. In entrambi i casi, il legislatore impone un termine alla decisione di controllo sulla misura restrittiva della libertà personale al fine di garantire che la misura stessa non resti operativa senza una immediata verifica.

Perciò, quando la verifica è esercitata nel termine di legge, la misura restrittiva resta efficace anche se la decisione emessa dall’organo di controllo è affetta da vizi di legittimità, siano essi per violazione di norme processuali o per difetto di motivazione (cfr. Sez. Un. n. 2 del 12.2.1993, ******** rv. 193414; Sez. Un., 12.10.1993, Durante, rv. 195356; Sez. 1, n. 1260 del 24.3.1993, ******, rv. 193734; Cass. Sez. 6^, n. 47791 del 28.10.2003, Mbarouk, rv. 228444). A sostegno di questo approdo ermeneutico si è correttamente adottata la distinzione giuridica tra inesistenza e invalidità (nullità) del provvedimento di controllo. Si è osservato al riguardo che solo la inesistenza – ma non la invalidità – di un tempestivo provvedimento del giudice integra quell’assenza di immediato controllo giurisdizionale alla quale il legislatore ha collegato la perdita di efficacia della misura restrittriva (cfr. sentenza Donati per le misure cautelari personali, e sentenza ****** per le misure questorili di prevenzione); e si è anche sottolineato che solo la inesistenza del provvedimento è irrimediabile e quindi rilevabile in ogni tempo, mentre la invalidità dello stesso non è più rilevabile se non è fatta valere tempestivamente con apposito mezzo di impugnazione (sent. ******** cit.). Dalle considerazioni suesposte deriva che, dopo l’annullamento del provvedimento di convalida, il giudice del rinvio dovrà procedere a una nuova valutazione della misura di prevenzione disposta dal questore: in caso di annullamento per vizio di motivazione, ovviando al vizio motivazionale accertato; in caso di annullamento per violazione dei termini a difesa, concedendo all’interessato il termine necessario per esercitare il contraddittorio cartolare. In quest’ultima ipotesi basterà che il giudice del rinvio disponga darsi avviso all’interessato che, a decorrere dalla notifica dell’avviso, ha un ulteriore termine di quarantotto ore per presentare memorie o deduzioni scritte, anche tramite difensore. Ovviamente, il giudice potrà decidere sulla convalida solo dopo che sia trascorso il termine di quarantotto ore dalla notifica dell’avviso. Siffatto adempimento procedimentale non è altro che un’applicazione analogica al contraddittorio cartolare dell’obbligo di fissare l’udienza di convalida imposto dall’art. 390 c.p.p., comma 2, per il contraddittorio orale previsto in materia di misure pre-cautelari.

5 – Dalle anzidette considerazioni risulta evidente che in ogni caso di annullamento con rinvio della ordinanza giurisdizionale di convalida resta ancora eseguibile (o esecutivo) il provvedimento questorile restrittivo della libertà personale, appunto perchè l’efficacia di questo decade solo quando non sia intervenuto un tempestivo provvedimento di convalida ovvero quando intervenga un provvedimento giurisdizionale che, negando la convalida, sostanzialmente paralizzi l’operatività del provvedimento restrittivo. Indubbiamente, la sentenza di annullamento con rinvio emessa dalla Corte di cassazione non configura una "negazione" della convalida, ma dispone piuttosto una sua "sospensione", giacchè non fa che rimettere al giudice di merito la regiudicanda, imponendogli di procedere, in sede di rinvio, a un nuovo esame sulla convalida stessa.

Per queste ragioni non può condividersi la precisazione incidentalmente formulata dalle Sezioni unite nella citata sentenza ********, secondo cui, da un lato, il giudice di rinvio può ricostituire, ove del caso, un titolo restrittivo valido e operativo, e dall’altro il "provvedimento impugnato" non è eseguibile nel periodo intercorrente tra l’annullamento e l’adozione del nuovo provvedimento in sede di rinvio.

A rigore, infatti, il giudice del rinvio, se del caso, non "ricostituisce" ex novo un titolo restrittivo, ma semplicemente "convalida" il titolo restrittivo emesso dal questore, ancora esistente e provvisoriamente efficace.

Quanto poi al "provvedimento impugnato" è evidente che la sentenza, nonostante la terminologia adottata, intendeva riferirsi non già all’ordinanza di convalida emanata dal giudice di merito e impugnata davanti al giudice di legittimità, bensì al provvedimento questorile, che costituisce il titolo provvisorio della restrizione alla libertà personale, essendo evidente che solo per il secondo e non per la prima ha senso porsi il problema della sua eseguibilità o esecutività provvisoria in attesa del definitivo giudizio di convalida da parte del giudice del rinvio.

Ma, muovendo da questa indiscutibile premessa, appare contraddittorio postulare da una parte la persistente efficacia della misura questorile, e precisare dall’altra la sua ineseguibilità sino all’intervento del nuovo giudizio di convalida in sede di rinvio. E, infatti, delle due l’una: o la misura questorile ha perso efficacia, perchè convalidata con ordinanza annullata, e allora l’annullamento deve essere disposto senza rinvio, non potendo più il giudice di merito convalidare una misura ormai decaduta; o l’annullamento deve essere disposto con rinvio – come ha statuito la sentenza in esame – e allora la misura questorile conserva la sua efficacia e quindi la sua eseguibilità sino a che non intervenga il nuovo giudizio sulla convalida in sede di rinvio. Altrimenti detto, esiste un rapporto biunivoco tra persistente efficacia della misura di prevenzione e annullamento con rinvio della ordinanza di convalida, giacchè il rinvio per nuovo giudizio sulla convalida si giustifica soltanto con la persistente efficacia della misura.

6 – Tanto premesso e precisato, si deve a questo punto osservare, che, nel caso di specie, il provvedimento del questore bresciano è stato notificato al P. alle ore 16,40 del 6.9.2007; la richiesta di convalida da parte del pubblico ministero è pervenuta nella cancelleria del giudice il 7.9.2007 alle ore 13,00; mentre il g.i.p. ha emesso e depositato la sua ordinanza di convalida in data 8.9.2007. Il cancelliere non ha apposto l’ora del deposito, con la conseguenza che questa deve ritenersi anteriore al regolamentare orario di chiusura degli uffici di cancelleria (che notoriamente non si protrae oltre le 14,00).

Ne discende che il giudice ha convalidato la misura prima che fossero trascorse quarantotto ore dalla notifica all’interessato del provvedimento questorile, violando così il diritto di difesa sanzionato dall’art. 178 c.p.p., lett. c).

Alla luce dei principi sopra esposti, quindi, si deve concludere che la ordinanza di convalida va annullata con rinvio per nuovo esame.

P.Q.M.

la Corte suprema di cassazione annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Brescia.

Redazione