Corte di Cassazione Penale sez. III 9/2/2009 n. 5496; Pres. Grassi A.

Redazione 09/02/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con sentenza del 21.4.2008 la Corte d’appello di Salerno, parzialmente riformando quella resa il 3.7.2006 dal locale Tribunale monocratico, sezione distaccata di Montecorvino Rovella, ha dichiarato non doversi procedere contro V.A. per i reati di cui all’art. 734 c.p. e al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 95, per essere gli stessi estinti per prescrizione, mentre ha condannato lo stesso V. alla pena tre mesi di arresto ed Euro 19.000 di ammenda siccome colpevole dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 (ora D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181), al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64 e 71, nonchè artt. 65 e 72 (tutti accertati in (omissis)), confermando l’ordine di demolizione delle opere abusive.

La corte territoriale ha richiamato la sentenza di primo grado da cui risultava che il V. in un terreno di sua proprietà soggetto a vincolo paesaggistico aveva costruito quattro mini-unità abitative, della superficie complessiva di mq. 100, e un manufatto di 5 mq. destinato a vasca per il recupero delle acque, senza permesso di costruire e senza autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

2 – Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di annullamento.

In particolare, lamenta:

2.1 – mancanza o apparenza di motivazione, giacchè la corte salernitana ha motivato per relationem alla sentenza di primo grado, senza prendere minimamente in considerazione gli specifici motivi di appello, in particolare laddove l’appellante censurava il giudizio di responsabilità basato soltanto sulla qualità di proprietario del terreno in capo al V., e chiedeva le attenuanti generiche, una pena più mite e la sospensione condizionale della stessa;

2.2 – mancanza di motivazione e inosservanza o erronea applicazione dell’art. 164 c.p. laddove la sentenza impugnata ha negato la concessione dei benefici in considerazione di precedenti penali molto lontani nel tempo;

2.3 – mancanza di motivazione ed erronea interpretazione dell’art. 180 c.p.p. recte art. 108 c.p.p., laddove la corte salernitana, dopo aver respinto una richiesta di rinvio della udienza dibattimentale per impedimento del difensore di fiducia e dopo aver nominato un difensore di ufficio, aveva rigettato la richiesta di un termine a difesa formulata da quest’ultimo, sul rilievo che non ricorrevano i casi di rinuncia, revoca, incompatibilità o abbandono del difensore, previsti dall’art. 108 c.p.p.;

2.4 – ancora mancanza di motivazione, laddove la corte di merito ha respinto l’istanza di rinvio proposta alla udienza del 21.4.2008 per impedimento del difensore, documentato da un certificato medico del (omissis) attestante una colica renale e una necessità di riposo e cure per tre giorni;

2.5 – violazione dell’art. 97 c.p.p., comma 4, giacchè, dopo l’esame e il rigetto della predetta istanza di rinvio, era stato nominato come difensore d’ufficio l’avv. ***********, che non risultava iscritto negli elenchi dei difensori predisposto dal consiglio distrettuale dell’ordine forense ai sensi del predetto art. 97 c.p.p.. comma 2.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3 – Vanno anzitutto disattese le eccezioni processuali.

In ordine alla istanza di rinvio della udienza dibattimentale del 21.4.2008, formulata dal difensore per essere affetto da colica renale (v. sopra n. 2.4), legittimamente la corte salernitana l’ha respinta, con una motivazione incensurabile in questa sede. Infatti, dopo aver rilevato che il certificato medico prodotto dal difensore a sostegno della sua istanza risaliva ad alcuni giorni addietro, e che l’istanza medesima non era tempestiva – come richiesto dalla costante giurisprudenza di legittimità – la corte di merito ha correttamente ritenuto che la patologia denunciata (colica renale) non poteva configurare un impedimento assoluto a comparire, sia perchè, secondo il certificato medico, comportava soltanto tre giorni di riposo e non un intervento chirurgico o comunque un ricovero ospedaliero, sia perchè il dolore fisico che notoriamente accompagna le coliche renali poteva essere già cessato nel giorno della udienza per effetto delle cure e del riposo.

Legittima è anche la denegata concessione del termine a difesa chiesto dal difensore di ufficio nominato dopo il predetto rigetto della istanza di rinvio avanzata dal difensore di fiducia (v. sopra n. 2.3). Sul punto, infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di precisare che il termine a difesa previsto dall’art. 108 c.p.p. spetta soltanto nei casi di rinuncia, revoca, incompatibilità o di abbandono della difesa, e pertanto non spetta al difensore di ufficio designato in sostituzione di quello "non comparso" verso il quale sia stata disattesa la richiesta di rinvio della udienza (Cass. Sez. 2^, 30.4.1999, *****, rv. 213381).

Non merita accoglimento neppure l’ultima censura relativa alla scelta del difensore d’ufficio in sostituzione di quello di fiducia (n. 2.5).

L’art. 97 c.p.p., comma 4, prescrive che in caso di assenza del difensore di fiducia il giudice designi come sostituto un altro difensore immediatamente reperibile; ma precisa che nel corso del giudizio il sostituto (immediatamente reperibile) deve essere scelto tra quelli iscritti negli elenchi appositamente predisposti dal consiglio distrettuale dell’ordine forense (art. 97 c.p.p., comma 2 e art. 29 disp. att. c.p.p.). Contrariamente a quanto ritenuto da qualche sentenza (Cass. Sez. 5^, n. 35178 del 20.9.2005, ******, rv.

232569), quindi, la disciplina della nomina del difensore d’ufficio nella fase del giudizio impone due requisiti concorrenti: la immediata reperibilità (per esempio per essere il professionista occasionalmente presente in aula) e la iscrizione agli elenchi dei difensori di ufficio.

Questi elenchi, a norma dell’art. 29 disp. att. c.p.p., sono predisposti dal consiglio dell’ordine forense sulla base di due criteri: la disponibilità personale ad assumere le difese d’ufficio, e il possesso di adeguata idoneità professionalità (attestato in esito alla frequenza a corsi di aggiornamento o in seguito all’esercizio biennale della professione forense in sede penale).

Al riguardo, a parte la considerazione fattuale che il ricorrente non ha specificamente documentato la mancata inclusione del difensore nominato negli elenchi de quibus, in linea di diritto deve osservarsi che la regola non è stabilita a pena di nullità (come rilevano opportunamente Cass. Sez. 3^ n. 14742 del 18.2.2004, ********, rv.

228528 e la stessa sentenza ****** già citata) e che neppure potrebbe invocarsi una nullità generale ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c). I richiamati criteri di composizione degli elenchi, infatti, rendono evidente che la mancata inclusione negli stessi del difensore nominato d’ufficio, non configura necessariamente una menomazione del diritto della parte privata all’assistenza tecnica e alla rappresentanza di cui al predetto art. 178 c.p.p., lett. c), giacchè potrebbe anzi accadere in concreto che il difensore nominato d’ufficio, pur non essendo iscritto nell’elenco per non aver dato in via generale la propria disponibilità, abbia maggiore esperienza e maggiore professionalità rispetto agli avvocati iscritti. In altri termini, l’inosservanza della regola prevista dall’art. 97 c.p.p. può configurare una nullità generale solo se la parte che la deduce dimostri che abbia cagionato in concreto una lesione o una menomazione del suo diritto di difesa.

4 – Merita accoglimento, invece, il primo motivo di merito (n. 2.1) laddove censura il giudizio di responsabilità basato soltanto sulla qualità di proprietario dell’imputato.

La giurisprudenza costante di legittimità ha più volte precisato che la qualità di proprietario del terreno può giustificare la condanna per abuso edilizio solo se accompagnata ad altri indizi di colpevolezza concordanti, quali la presenza sul cantiere, la sottoscrizione di domande per la sanatoria, il rapporto coniugale o di convivenza con il committente dell’opera, l’occupazione o comunque il godimento dell’immobile abusivo, e simili (v. per tutte Cass. Sez. 3^, n. 47083 del 22.11.2007, *********, rv. 238471; Cass. Sez. 3^, n. 32856 del 13.7.2005, Farzomne, rv. 232200).

Orbene, benchè il giudice di prime cure avesse affermato la responsabilità dell’imputato solo "in quanto proprietario del terreno su cui le opere erano state realizzate", e nonostante che il difensore avesse lamentato col primo motivo di appello la insufficienza degli indizi di colpevolezza, la corte di merito ha omesso qualsiasi motivazione sul punto, limitandosi a "ribadire soltanto che la costruzione dei quattro mini-appartamenti era avvenuta su suolo di proprietà dell’imputato".

Il difetto motivazionale impone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla corte d’appello viciniore.

L’ulteriore censura di merito (n. 2.2) resta assorbita.

P.Q.M.

la Corte suprema di cassazione annulla la sentenza impugnata nei capi relativi ai reati dei quali il V. è stato dichiarato colpevole e rinvia alla Corte d’appello di Napoli per nuovo giudizio su di essi.

Redazione