Corte di Cassazione Penale sez. III 20/10/2008 n. 39172; Pres. Altieri E.

Redazione 20/10/08
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CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Napoli, quale giudice del riesame, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo della somma di Euro 60.200,00 emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 15.4.2008 nei confronti di C.G., indagato del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2.

Il Tribunale del riesame ha osservato che il C. è indagato della commissione del predetto reato perchè, in qualità di socio accomandatario della società ****** S.a.s. di Canisto & C, aveva indicato nella dichiarazione annuale ai fini delle imposte dirette e dell’IVA elementi passivi fittizi dell’importo di Euro 64.496,96 relativamente al periodo di imposta corrispondente all’anno 2004 ed elementi passivi fittizi pari ad Euro 3.563.999,55 relativamente al periodo di imposta corrispondente all’anno 2005. Sulla base del quadro indiziario emerso dalle indagini del Nucleo Polizia Tributaria di Napoli in ordine alla commissione di detti reati il Tribunale del riesame ha ritenuto che la somma oggetto di sequestro, rinvenuta nella cassaforte dell’ufficio dell’indagato, è suscettibile di confisca (per equivalente) ai sensi dell’art. 322 ter c.p., come modificato dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, con riferimento ai reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, che la denuncia per violazione di legge.

Con l’unico mezzo di annullamento si deduce che il tribunale del riesame ha erroneamente attribuito alla confisca per equivalente prevista dall’art. 322 ter c.p. la stessa natura di misura di sicurezza patrimoniale della confisca prevista dall’art. 240 c.p. e conseguentemente ha ritenuto detta misura applicabile retroattivamente a fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore della normativa che la consente.

Si osserva sul punto che anche alla luce dell’insegnamento della Corte Costituzionale occorre distinguere tra vari tipi di confisca in relazione alla loro natura giuridica; che la confisca, a seconda delle ragioni per le quali viene disposta e della finalità, può avere natura di misura di sicurezza o di pena ovvero di misura civile o amministrativa.

Si osserva, quindi, che le differenze esistenti tra la ipotesi di confisca prevista dall’art. 240 c.p. e quella di cui all’art. 322 ter c.p., quali la mancata menzione nella seconda del prodotto del reato e la sua funzione essenzialmente ripristinatoria dell’ordine economico alterato dalla commissione del fatto illecito, inducono ad escludere che le dette misure ablatorie possano essere ricondotte ad una nozione unitaria; che, in particolare, la confisca ex art. 322 ter c.p. viene ad assumere carattere eminentemente sanzionatorio, per cui deve essere attribuita ad essa la qualifica di pena, con la conseguente impossibilità di applicazione retroattiva a fatti anteriormente commessi; che, peraltro, il principio della applicazione retroattiva delle stesse misure di sicurezza si pone in contrasto con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, recepita nel nostro ordinamento con L. n. 848 del 1955. In conclusione si deduce che la norma che estende l’applicabilità della confisca ex art. 322 ter c.p. a quasi tutti i reati tributari è entrata in vigore in data 1.1.2008, con la conseguente inapplicabilità ai reati oggetto di indagine commessi rispettivamente nel 2003 e nel 2004.

Il ricorso è fondato.

E’ stato da tempo precisato dalla Corte Costituzionale che l’istituto della confisca può presentarsi con varia natura giuridica.

Il suo contenuto consiste sempre nella privazione di beni economici, ma può essere disposta per diversi motivi e indirizzata a varie finalità, si da assumere natura e funzione di pena o di misura di sicurezza ovvero di misura giuridica civile o amministrativa. Ciò che occorre considerare non è un’astratta e generica figura di confisca, ma in concreto la confisca così come risulta da una determinata legge. (Corte Costituzionale sent. n. 29 del 1961; conf. n. 46 del 1964).

Si deve, quindi, rilevare che l’art. 322 ter c.p., introdotto dalla L. 29 settembre 2000, n. 300, art. 3, comma 1, dispone, con riferimento ai reati previsti dagli artt. da 314 a 320 c.p., che, se non risulti possibile la confisca delle cose che costituiscono il profitto o il prezzo di detti reati, deve essere ordinata la confisca dei beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo.

Ai sensi della cit. L. n. 300 del 2000, art. 15 le disposizioni dell’art. 3 non si applicano ai reati ivi previsti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore.

Orbene, la disposizione che stabilisce la irretroattività della applicazione della confisca per equivalente del prezzo del reato si palesa particolarmente significativa al fine di affermare che il legislatore ha configurato l’ablazione del patrimonio del reo in proporzione corrispondente all’arricchimento provocato dall’illecito quale misura sostanzialmente sanzionatoria.

La confisca per equivalente, infatti, viene ad assolvere ad una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile ed è, pertanto, connotata dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza.

Peraltro, la natura giuridica della cosiddetta confisca per equivalente e le differenze di tale provvedimento ablatorio dalla misura di sicurezza patrimoniale ex art. 240 c.p. sono state già compiutamente esaminate dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. sez. un. 200541936, ****, RV 232164).

E’ stato in particolare precisato che la confisca ex art. 322 ter c.p.:

– esime dallo stabilire quel "rapporto di pertinenzialità" tra reato e provvedimento ablatorio dei proventi illeciti, che caratterizza invece la misura ex art. 240 c.p.: fermo restando, cioè, il presupposto della consumazione di un reato, non è più richiesto alcun rapporto tra il reato e i beni da confiscare, potendo essere detti beni diversi dal "provento (profitto o prezzo)" del reato stesso (Cass. 19.01.2005, PM in proc. *****; 27.01.2005, ******);

– costituendo una "forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti", viene ad assumere un carattere preminentemente sanzionatorio) (sez. 5, 16.01.2004 n. 15445, **********, RV 228750);

– richiede, oltre alla ravvisabilità di uno dei reati per i quali è consentita e alla non appartenenza dei beni a un terzo estraneo, che nella sfera giuridico-patrimoniale del responsabile non sia stato rinvenuto, per una qualsivoglia ragione, il prezzo o profitto (di cui sia però "certa" l’esistenza) del reato (sez. 5, 16.01.2004 n. 15445, **********, RV 228750; 03.07.2002, PM in proc. ********);

– è applicabile, nell’ipotesi di concorso di persone nel reato, nei confronti di uno qualsiasi tra i concorrenti per l’intero importo del ritenuto prezzo o profitto del reato, anche se lo stesso non sia affatto transitato, o sia transitato in minima parte, nel suo patrimonio e sia stato, invece, materialmente appreso da altri (Cass. 02.12.2004, *********)".

Inoltre, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha già reiteratamente affermato, con riferimento a quelle disposizioni legislative che hanno esteso la possibilità di disporre la confisca per equivalente a soggetti ovvero persone giuridiche cui non è imputabile la commissione del reato (D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 19 relativo alla responsabilità delle persone giuridiche), la inapplicabilità della misura ablatoria a fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore delle disposizioni normative che la consentono.

E’ stato, infatti, affermato che "il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di cose non pertinenti al reato non è applicabile, in ragione della natura sanzionatoria di tale forma di confisca, nei confronti delle persone giuridiche per fatti-reato commessi in data anteriore all’entrata in vigore della normativa sulla responsabilità amministrativa da reato". (sez. 2, 200703629, Ideai Standard Italia S.r.l., RV 235814; conf. sez. 2, 200700316, Spera ed altri, RV 235363).

Con riferimento alla fattispecie in esame si rileva, quindi, che l’osservanza delle disposizioni di cui all’art. 322 ter c.p. è stata estesa, in quanto applicabili, ai reati di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, (confisca cd. per equivalente in caso di reati tributari), entrato in vigore 1.1.2008 (legge finanziaria 2008).

Non appare dubbio, pertanto, che la confisca per equivalente prevista dall’art. 322 ter c.p. non possa trovare applicazione con riferimento ai reati tributari di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge che ha esteso l’osservanza delle citate disposizioni del codice penale.

Non può, peraltro, ritenersi rilevante, per una diversa interpretazione della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, il fatto che la disposizione citata non abbia stabilito espressamente la irretroattività della norma in sede di estensione dell’applicazione dell’art. 322 ter c.p. ai reati tributari.

L’effetto estensivo, invero, è riferito all’istituto della confisca, così come disciplinato dalla citata disposizione del codice penale, che trova, pertanto, la sua giustificazione e ratio nella stessa funzione sanzionatoria originariamente prevista dalla norma.

Detta funzione, peraltro, appare ancora più evidente con riferimento ai reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, assolvendo la confisca per equivalente direttamente ed in modo evidente la funzione di ripristino dell’ordine finanziario dello Stato leso dall’illecito tributario.

Per completezza va anche rilevato che, stante la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, la irretroattività della sua applicazione, oltre che conforme all’interpretazione dell’art. 25 Cost. (cfr. Cort. Cost. sent. n. 19 del 1974), è imposta anche dall’art. 7, primo 1, seconda parte, della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, ratificata con L. 4 agosto 1955, n. 848, ai sensi del cui disposto "non può essere inflitta una pena più grave di quella che sarebbe stata applicata al tempo in cui il reato è stato consumato".

Orbene, nel caso in esame risulta in termini univoci che i fatti costituenti reato oggetto di indagine sono stati commessi anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 244 del 2007 (periodi di imposta 2004-2005) e, peraltro, la stessa informativa del Nucleo di Polizia Tributaria è di data anteriore.

Risulta, altresì, dal provvedimento impugnata che il sequestro della somma di danaro di cui si tratta è stato ritenuto dai giudici di merito esclusivamente funzionale alla confisca per equivalente ex art. 322 ter c.p., con la conseguente illegittimità della misura cautelare applicata.

Il provvedimento impugnato ed il decreto di sequestro devono essere, pertanto, annullati senza rinvio e va disposta la restituzione della somma sequestrata all’avente diritto.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, nonchè il decreto di sequestro e dispone restituirsi la somma sequestrata all’avente diritto.

Redazione