Corte di Cassazione Penale sez. III 19/1/2010 n. 2360

Redazione 19/01/10
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Svolgimento del processo
Il Tribunale di Ragusa, con sentenza del 19 marzo del 2008, condannava P.C. alla pena ritenuta di giustiziatale responsabile della contravvenzione di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, comma 1, lett. d) e art. 6, comma 3 perchè, nella qualità di legale rappresentante della società Latte Sole s.p.a., aveva posto in commercio una confezione di mozzarella contenente frammenti di feci di ratto che dava luogo ad una massima contaminazione dell’alimento con conseguente elevata carica microbica totale e rilevante presenza di streptococchi. Fatto commesso il (omissis).

Secondo la ricostruzione fattuale del tribunale, alla fine del mese di giugno del 2005, C.C. aveva acquistato presso un supermercato messinese alcune confezioni di mozzarella denominata "****" prodotta negli stabilimenti della società "Latte Sole".

La sera del (omissis), dopo averne consumata una per intero, si accingeva a dividere e a mangiare la seconda allorchè riscontrò nella zona centrale dell’alimento un corpo estraneo simile ad un chicco di riso nero. Conservata la mozzarella nel frigo, il giorno successivo la consegnava ai carabinieri per le indagini del caso. L’alimento esaminato dall’istituto Zooprofilattico di (omissis) evidenziò la presenza di una forte carica microbica. Approfondite le analisi si accertò che il corpo estraneo rinvenuto nella mozzarella era costituito dall’escremento di un roditore. Furono esaminate a campione le mozzarelle prodotte dalla citata società ma le analisi ebbero esito negativo.

La sentenza venne impugnata dal P. per mezzo del proprio difensore il quale dedusse:

1) L’inutilizzabilità dei risultati delle analisi e della testimonianza dell’analista incaricato di eseguirle per la violazione dell’art. 223 disp. att. c.p.p., in quanto il prevenuto non era stato avvisato nonostante che dall’involucro del prodotto fosse facilmente individuabile la ditta produttrice;

2) Contraddittorietà della motivazione per avere il tribunale ritenuto che le cariche microbiche rinvenute nel reperto fossero da ascrivere alla presenza della fece di ratto mentre tale sbandierata certezza era contrastata dalle affermazioni dei testimoni: l’erronea valutazione delle risultanze probatorie configurava un vero e proprio travisamento del fatto:

3) illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del legale rappresentate della società, la quale era articolata in una serie di unità territoriali autonome alla direzione delle quali erano preposti procuratori speciali e segnatamente allo stabilimento in questione era stato preposto tale P.A. che aveva il compito di sovrintendere alla trasformazione delle materie prime;

4) Omessa indicazione delle ragioni per le quali non si erano recepite le considerazioni del consulente di parte il quale aveva precisato che l’escremento era stato inserito in un momento successivo alla produzione;

5) erronea applicazione della sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza, mancando la prova della dannosità o tossicità del prodotto.

La Corte d’appello di Catania, con ordinanza del 24 ottobre del 2008, dichiarava inammissibile l’appello (così qualificata l’impugnazione) proposto da P.C. avverso la sentenza del tribunale di Ragusa del 19 marzo del 2008, trattandosi di decisione impugnabile solo con ricorso per Cassazione a norma dell’art. 593 c.p.p., comma 3.

Ricorre per Cassazione l’imputato deducendo che la Corte erroneamente aveva qualificato l’impugnazione come appello e che in ogni caso, a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5, avrebbe dovuto ritenere comunque ammissibile l’impugnazione e trasmettere gli atti alla Corte di Cassazione.

Motivi della decisione
Il ricorso avverso l’ordinanza d’inammissibilità dell’impugnazione pronunciata dalla Corte territoriale è fondato, in quanto erroneamente la Corte distrettuale ha qualificato l’impugnazione come appello, nonostante che l’impugnante avesse richiamato i mezzi di annullamento di cui all’art. 606 c.p.p..

In ogni caso, secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte Suprema (Cass. Sez. Un. 45371 del 2001) "In tema di impugnazioni, allorchè un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5, a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonchè l’esistenza di una "voluntas impugnationis", consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente". (Conf. S.U, 31 ottobre 2001 n. 45372, ********, non massimata; CONF. N 2846 del 1999, RIV. 213835; N 4418 del 1999, RIV. 213115) Quindi deve essere esaminato nel merito l’atto d’impugnazione.

Esso è sicuramente fondato con riferimento al primo ed al quinto motivo.

Con riguardo al primo motivo si osserva che sulla mozzarella consegnata ai carabinieri il 28 giugno del 2005 dal C. sono stati compiuti diversi accertamenti ai quali l’interessato (il produttore) non ha avuto la possibilità di assistere ed al quale non sono stati comunicati i risultati.

Il prevenuto ha avuto notizia del risultato delle analisi solo dopo l’instaurazione del processo,quando ormai la sostanza esaminata non esisteva più.

In proposito giova premettere che, per quanto concerne l’analisi dei campioni, deve farsi riferimento, dopo l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, all’art. 223 disp. att. c.p.p., che ha recepito alcuni principi affermati dalla Consulta, durante la vigenza del vecchio codice di rito, e successivamente ribaditi da questa Corte Suprema. In proposito va ricordato, che, con sentenza n. 434/1990, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della L. n. 283/1962, art. 1, comma 2, nella parte in cui non prevedeva che – per i casi di analisi su campioni prelevati da sostanze alimentari deteriorabili – il laboratorio competente desse avviso dell’inizio delle operazioni alle persone interessate, affinchè queste potessero presenziare ad esse, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico. Le procedure di cui all’art. 223 disp. att. c.p.p., sono state espressamente richiamate poi dal D.Lgs. n. 123 del 1993, concernente i controlli microbiologici dei prodotti alimentari deteriorabili.

L’art. 223 disp. att. c.p.p., comma 1, si riferisce alle analisi di campioni per i quali non è prevista la revisione E’ pertanto evidente che in questo caso deve essere assicurata subito un’adeguata difesa ai soggetti interessati alle analisi, giacchè altrimenti risulterebbe definitivamente pregiudicata la loro successiva posizione processuale. In tali casi la norma dispone l’obbligo di avvertirli – anche oralmente e senza specifico onere di verbalizzazione – dell’ora e del luogo ove le analisi verranno effettuate; detto preavviso costituisce l’unico requisito di utilizzabilità in giudizio delle analisi dei campioni, che sono atti tipicamente amministrativi e non giudiziari, ma hanno piena rilevanza probatoria nell’ambito del processo penale.

L’art. 223 disp. att. c.p.p., comma 3, in esame subordina la possibilità di raccogliere, nel fascicolo per il dibattimento, "i verbali di analisi non ripetibili e i verbali di revisione di analisi" alla specifica condizione che "siano state osservate le disposizioni dei commi 1 e 2", e dunque che sia dato avviso agli interessati nei termini indicati.

– L’art. 223 disp. att. c.p.p., comma 2, disciplina, invece, l’ipotesi in cui sia prevista la revisione delle analisi ed essa sia richiesta. In tal caso agli interessati ed agli eventuali loro difensori devono essere comunicati – almeno tre giorni prima – la data, l’ora ed il luogo di espletamento esclusivamente delle operazioni di revisione, non essendo in alcun modo garantita la possibilità di partecipazione alle prime analisi.

In definitiva, dunque, il legislatore – considerando che le analisi dei campioni vengono effettuate pur sempre nell’ambito di una fase amministrativa – ha individuato due momenti differenti in cui sorge l’obbligo (pena la inutilizzabilità dei risultati delle stesse) di avvertire gli interessati per assicurare loro un’adeguata tutela: 1) subito dopo il campionamento ed in tempo utile per assistere alle prime analisi, per i campioni per i quali non è prevista la revisione; 2) dopo le prime analisi, quando la revisione sia possibile e venga richiesta dagli interessati, ed almeno tre giorni prima di essa. Ovviamente la concreta possibilità di effettuare la revisione delle analisi è collegata ad un dato obiettivo: la non deteriorabilità del campione, sussistendo altrimenti la fisica impossibilità di una reiterazione di esse; pertanto quando il campione non è deteriorabile, legittimamente viene esclusa dalla legge la partecipazione degli interessati alle prime analisi, giacchè la revisione consentirebbe comunque, anche se in un momento successivo,di esercitare le garanzie difensive spettanti all’interessato (Cass. Sez. 3, 13 novembre 1997, n. 11828, *********** ed altro).

Una disciplina particolare è stabilita in relazione ai controlli microbiologici. Invero, in caso di sostanza alimentare classificata deteriorabile, ai sensi del D.M. 16 dicembre 1993, il D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 123, che rappresenta un’altra normativa basilare in materia, pone – a carico del responsabile del laboratorio – l’effettuazione di una "preanalisi" su un’aliquota del campione, ovviamente senza alcuna tutela dei diritti della difesa, e l’obbligo, in caso di non conformità dello stesso, d’avvertire tempestivamente l’interessato, specificando il parametro difforme e la metodica seguita e comunicando il luogo, il giorno e l’ora in cui le analisi saranno ripetute "limitatamente ai parametri risultati non conformi".

Quindi, anche in tale ipotesi, la norma non prevede alcuna revisione di analisi non essendo essa assolutamente possibile con riferimento ad alimenti deteriorabili, bensì una ripetizione "garantita" di analisi effettuate inizialmente a solo fine conoscitivo, da espletare ovviamente a breve distanza di tempo da queste, su una seconda quota dello stesso campione. Che non si tratti di revisione di analisi lo si deduce anche dal menzionato D.M. 16 dicembre 1993 (Individuazione delle sostanze alimentari deteriorabili alle quali si applica il regime di controlli microbiologici ufficiali), che espressamente (art. 2), per i prodotti deteriorabili de quibus, non riconosce la possibilità di effettuare l’analisi di revisione secondo le modalità di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 1.

Nella fattispecie, trattandosi di un prodotto deteriorabile l’interessato ossia la società produttrice, la cui individuazione risultava dalla confezione della mozzarella, doveva essere avvisata L’omesso avviso, secondo l’orientamento di questa Corte, ha determinato una nullità di tipo intermedio che non si è sanata per la tempestiva eccezione dell’interessato.

Quindi il tribunale non avrebbe dovuto allegare agli atti del fascicolo del dibattimento il risultato delle analisi alle quali l’interessato non aveva avuto la possibilità di partecipare.

Secondo l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 19253 del 2005) "In tema di disciplina igienica degli alimenti, non possono essere inclusi nel fascicolo del dibattimento e utilizzati come elementi di prova i risultati di analisi eseguite sui campioni prelevati, allorchè siano state eseguite senza il previo avviso ai soggetti interessati a norma dell’art. 223 disp. att. c.p.p., qualora la nullità’ sia stata tempestivamente eccepita".

Poichè l’unico elemento di prova a carico del ricorrente è costituito dal risultato delle analisi, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per l’insussistenza del fatto.

Gli altri motivi si devono ritenere assorbiti.

P.Q.M.
LA CORTE Annulla senza rinvio l’ordinanza della Corte d’appello di Catania in data 24 ottobre del 2008 e, qualificata l’impugnazione come ricorso per Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza del tribunale monocratico di Ragusa, in data 19 marzo del 2008, perchè il fatto non sussiste.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Redazione