Corte di Cassazione Penale sez. III 16/6/2009 n. 24801; Pres. Lupo E.

Redazione 16/06/09
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OSSERVA

Con sentenza in data 5.11.2007 la Corte d’Appello di Trieste, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, concessa la diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c., condannava M. I. alla pena di mesi nove giorni dieci di reclusione quale colpevole di avere costretto, con violenza, A.L.C. a subire atti sessuali afferrandola e palpandole il sedere.

In particolare, il M., recatosi nell’abitazione della sorella coabitante dell’ A., per la riparazione dell’impianto idraulico, aveva approfittato dell’assenza del suo collaboratore, allontanatosi per prelevare alcuni pezzi di ricambio, per curiosare nell’appartamento.

Entrato in una delle camere, M., dopo un rapido approccio verbale ("che bella che sei"), aveva abbracciato la donna per impedirle di uscire e, alle sue ripulse, aveva continuato a stringerla toccandole con insistenza i glutei.

Divincolatasi, l’A., senza gridare per non spaventare il nipotino che si trovava in un’altra stanza, si era recata nel soggiorno per rimanervi fino al ritorno del collega del M..

Al termine dei lavori, pagati gli operai, aveva telefonato alla sorella comunicandole l’accaduto e si era recata all’ospedale ove le era stato riscontrato un malore generico con dolore all’addome e vomito alimentare in donna incinta alla sedicesima settimana.

La Corte territoriale riteneva che fossero attendibili, per spontaneità, coerenza e persistenza, le dichiarazioni accusatorie della querelante, confermate dalla deposizione della sorella, dal referto rilasciato dal Pronto soccorso dell’ospedale di (omissis) cui la donna si era immediatamente rivolta e dalle ammissioni dello stesso imputato che aveva riconosciuto di avere fatto un giro d’ispezione della casa; di aver fatto complimenti alla ragazza per la sua bellezza; di averle cinto le spalle con un braccio e di averle sfiorato involontariamente la schiena con un movimento anomalo.

Affermava la Corte che tale condotta, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale secondo cui erano stati compiuti approcci privi di connotazione sessuale, integrava il reato contestato.

Proponeva ricorso per Cassazione l’imputato denunciando violazione di legge; mancanza e manifesta illogicità della motivazione sull’affermazione di responsabilità basata sulla non convincente deposizione dell’ A. smentita da contrarie emergenze probatorie.

La donna non aveva protestato col M. e nulla aveva detto al suo collega rientrato nell’appartamento dopo aver prelevato i pezzi di ricambio, anzi aveva seguito la fine dei lavori, del tutto rilassata.

Era quindi verosimile che l’A. avesse frainteso il gesto amichevole, mentre il suo malessere ben poteva essere ricondotto allo stato di gravidanza.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Ha affermato questa Corte che "la decisione del giudice d’appello, che comporti totale riformo della sentenza di primo grado, impone la dimostrazione dell’incompletezza o della non correttezza ovvero dell’incoerenza delle relative argomentazioni con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente dimostrazione che, sovrapponendosi in toto a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato a elementi prova diversi o diversamente valutati" (Cassazione Sezione 2, n. 15756/2003, 12/12/2002 – 03/04/2003, RV. 225564).

Nella specie, la Corte d’appello ha ricostruito i fatti in difformità della sentenza del giudice di primo grado indicandone le carenze motivazionali e specificando concreti elementi probatori processualmente acquisiti e logici rilievi a supporto dell’iter logico che l’ha condotta a dissentire dalle soluzioni prospettate dall’altro giudice di merito.

Il Tribunale aveva sottovalutato le dichiarazioni della persona offesa, pur ritenuta parzialmente credibile sulla ricostruzione del fatto, opinando che gli approcci dell’imputato non si erano spinti fino all’apprensione dei glutei.

La Corte, invece, ha ripudiato, con validi argomenti, tale riduttiva qualificazione del fatto ritenendo che la condotta denunciata integrasse atti sessuali commessi repentinamente su donna dissenziente, consistiti, secondo il racconto della predetta giudicato pienamente attendibile per coerenza e persistenza, dopo un complimento verbale fatto con risata volgare, in ripetuti abbracci seguiti da insistenti toccamenti dei glutei.

I giudici d’appello hanno ritenuto, con congrua motivazione, che la versione della parte lesa abbia trovato puntuale riscontro nell’immediata comunicazione del fatto alla sorella e nel referto medico, che aveva riscontrato il suo stato di alterazione, e che l’attendibilità della donna, così riscontrata, non era incrinata dalla condotta composta e civile assunta per non turbare il nipotino.

Non è quindi censurabile la ricostruzione del fatto effettuata in sede d’appello che ha puntualmente verificato, con adeguata motivazione, la credibilità della parte lesa ancorandola a un solido tessuto probatorio, contestato dal ricorrente con rilievi articolati in fatto irrilevanti in questa sede.

L’inammissibilità del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.

Redazione