Corte di Cassazione Penale sez. III 10/3/2010 n. 9460; Pres. Grassi A.

Redazione 10/03/10
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Catania, con sentenza emessa in data 29/01/2009, confermava la sentenza del Gup del Tribunale di Caltagirone, in data 24/04/08, appellata da N.B., imputato dei reati di cui all’art. 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., n. 4, art. 61 c.p., n. 5; art. 61 c.p., n. 2, art. 605 c.p. (come contestati in atti, con la recidiva specifica) e condannato alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione.
L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e).
In particolare il ricorrente esponeva:
1. che la decisione impugnata non era congruamente motivata, quanto alla sussistenza della responsabilità penale dell’imputato, in ordine ai reati di violenza sessuale e di sequestro di persona;
2. che, comunque, non ricorrevano le aggravanti di cui all’art. 61 c.p., n. 5, art. 609 ter c.p., n. 4; art. 61 c.p., n. 2 e art. 61 c.p., n. 11.
Tanto dedotto, il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.
Il P.G. della Cassazione, nella pubblica udienza del 26/01/2010, ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
La sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla decisione di 1 grado – i due provvedimenti si integrano a vicenda – ha congruamente motivato i punti fondamentali della decisione.
In particolare i giudici di merito, mediante un esame analitico, puntuale ed esaustivo delle risultanze processuali, hanno accertato che N.B. – nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti – dopo aver chiuso a chiave l’ingresso dell’esercizio commerciale (omissis) (ove si trovavano per ragioni di lavoro sia l’imputato che la persona offesa), dopo aver immobilizzato con la forza F.L. (sua dipendente che lavorava nell’esercizio di panificio gestito dallo stesso), impedendole qualsiasi movimento, la costringeva a subire un rapporto sessuale completo.
Ricorrevano, pertanto, senza ombra di dubbio, gli elementi costitutivi dei reati di violenza sessuale e di sequestro di persona come contestati in atti. Per contro le censure dedotte nel ricorso sono sostanzialmente generiche perchè ripetitive di quanto esposto in sede di appello, già valutato e respinto con idonea motivazione dalla Corte Territoriale.
Sono, altresì, infondate perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici di merito.
Dette doglianze, peraltro – in specie quelle attinenti alla sussistenza della responsabilità penale dell’imputato – costituiscono nella sostanza eccezioni in punto di fatto, poichè non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perchè in violazione della disciplina di cui all’art. 606 c.p.p. (Giurisprudenza consolidata: Cass. Sez. Unite Sent. n. 6402 del 02/07/97, rv 207944; Cass. Sez. Unite Sent. n. 930 del 29/01/96, rv 203428; Cass. Sez. 1^ Sent. n. 5285 del 06/05/98, rv 210543; Cass. Sez. 5^ Sent. n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745; Cass. Sez. 5^ Ord. N. 13648 del 14/04/2006, rv 233381).
Ad abundantiam si rileva, comunque, che l’assunto principale difensivo secondo cui si sarebbe trattato di un rapporto sessuale consensuale non solo non è stato provato, ma è in contrasto con il quadro probatorio come acquisito al processo e recepito nelle decisioni di merito.
Parimenti vanno disattese le ulteriori censure inerenti alle aggravanti di cui all’art. 61 c.p., nn. 2 e 11, art. 609 ter c.p., n. 4, art. 61 c.p., n. 5 (censura, quest’ultima dedotta per la prima volta in sede di legittimità) per le seguenti ragioni:
i. i reati di violenza sessuale e di sequestro di persona sono stati commessi verso le ore 3,45 del (omissis), ossia nel pieno della notte, all’interno dell’esercizio di panificio, chiuso a chiave all’interno, con evidente utilizzo, da parte dell’imputato, di circostanze che obiettivamente ostacolavano la possibilità di difesa, di fuga e di richiesta di aiuto da parte delle persona offesa;
ii. la violenza sessuale è stata commessa in danno di persona, F.L., privata di qualsiasi libertà di movimento sia all’interno che verso l’esterno dei locali del panificio, con conseguente sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 609 ter c.p., n. 4 aggravante compatibile e comunque non assorbita dal reato di sequestro di persona conforme Cass. Sez. 1^ Sent. n. 45645 del 25/11/03, rv 227610;
iii. le doglianze relative all’aggravante ex art. 61 c.p., nn. 2 e 11 (dedotte per la prima volta nell’attuale ricorso) sono del tutto generiche.
Non sono state sollevate censure specifiche per quanto attiene alla congruità della pena come inflitta all’imputato.
Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da N.B. con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Redazione