Corte di Cassazione Penale sez. II 19/2/2009 n. 7336; Pres. Esposito A.

Redazione 19/02/09
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FATTO

S.C. e C.F., venivano ritenuti responsabili dal Tribunale di Milano, di rapina, violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona nei confronti di G.S., nonchè del reato di ricettazione e porto senza giustificato motivo di un coltello Questi i capi d’imputazione:

1) artt. 110, 605 c.p., art. 61 c.p., nn. 2 e 4 per aver in concorso tra loro privato della libertà personale G.S., bloccandola nel parcheggio della metropolitana dove aveva parcheggiato la propria auto Rover 414 tg. (omissis) e costringendola a salire sulla vettura, trattenendola contro la sua volontà per alcune ore con la minaccia di un coltello, legandola ai polsi, alle gambe ed alle braccia con del nastro adesivo presso il negozio sito in (omissis), con le aggravanti di aver commesso il fatto per eseguire quelli di cui ai capi 2), 3) ,4) e 5) e di aver agito con crudeltà verso la parte lesa;

2) artt. 81 cpv. c.p., art. 628 c.p., comma 3, n. 1 per aver in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e per procurarsi un ingiusto profitto, sottratto sotto la minaccia di un coltello a G.S. il telefono cellulare, il denaro, il bancomat ed una carta "Banco Posta", trasportandola in vari luoghi dove effettuavano in tre occasioni prelievi di contante con le suddette carte, con l’aggravante di aver agito in più persone riunite e con l’uso delle armi;

3) artt. 110, 609 octies c.p. e art. 609 ter c.p., n. 2, per aver costretto G.S., mediante violenza a subire atti sessuali, in particolare mentre C. scendeva dall’auto e si poneva in una situazione di vigilanza, S., dopo aver minacciato la vittima con un coltello dicendole "dove preferisci la coltellata, a destra o a sinistra" e "vuoi essere violentata o vuoi farmi un pompino?" la costringeva a spogliarsi completamente e a praticagli un rapporto orale. Con l’aggravante di aver commesso il fatto con l’uso delle armi;

4) art. 628 c.p., comma 1 e art. 110 c.p., n. 1, perchè in concorso tra loro, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, con la violenza e sotto la minaccia di un coltello, continuando a tenere G. S. in stato di privazione della libertà personale, la trasportavano presso l’esercizio commerciale "(omissis)" dove lavorava, costringendola ad aprire il negozio ed impossessandosi della somma di Euro 1.068,00, ivi contenuta nel registratore di cassa. Con l’aggravante di aver agito in più persone riunite e con l’uso delle armi 5) artt. 56, 110 c.p., art. 628 c.p., comma 3, n. 1 perchè in concorso tra loro, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, con la violenza e sotto la minaccia di un coltello, continuando a tenere G.S. in stato di privazione della libertà personale, la trasportavano presso l’esercizio commerciale "(omissis)" dove lavorava, costringendola ad aprire il negozio e ponendo in essere atti diretti in modo non equivoco ad impossessarsi di numerosi capi d’abbigliamento, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla loro volontà (sopraggiungere di persone all’esterno e reazione della persona offesa). Con l’aggravante di aver agito in più persone riunite e con l’uso delle armi;

6) artt. 110, 582, 576 e 577 c.p., art. 61 c.p., n. 2 per aver volontariamente cagionato a G.S. lesioni personali: in particolare allorchè costei tentava di liberarsi dal sequestro di persona di cui al capo n 1), cercando di chiudere S. e C. fuori dal negozio, chiudendo la porta di sicurezza, C. lo impediva mettendo il proprio braccio all’interno della porta mentre S. la colpiva con una testata alla tempia sinistra facendola rovinare al suolo e procurandole lesioni consistite in "trauma cranico non commotivo", giudicate guaribili in gg. 5 s.c.;

7) artt. 699, 110 c.p., art. 61 c.p., n. 2 per aver portato in concorso tra loro, fuori dalla propria abitazione e senza giustificato motivo ed al fine di commettere i reati di cui ai capi che precedono, un coltello con lama di circa 20 cm.. Con l’aggravante di aver commesso il reato al fine di eseguire quelli indicati nei capi che precedono;

8) artt. 110 e 648 c.p. perchè in concorso tra loro, ricevendolo da persona non identificata, detenevano ed utilizzavano consapevoli dell’illecita provenienza, il motociclo Honda Transalp (tg.

(omissis)) compendio di furto denunciato l'(omissis) presso la questura di Milano da B.M.) e condannati, con sentenza del 27/6/2007, riuniti tutti i reati sotto il vincolo della continuazione alle seguenti pene:

– S., alla pena di anni otto e mesi otto di reclusione in aumento alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione al medesimo inflitta al capo 10 c) della sentenza irrevocabile emessa nei suoi confronti in data 16.11.06 dal Gup del Tribunale di Milano determinando la pena complessivamente emessa nei suoi confronti in anni, ventiquattro di reclusione ed Euro 5.400,00 di multa;

– C., alla pena di anni otto e mesi sette di reclusione;

– entrambi, venivano, inoltre, condannati, in solido, oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, G.S., e Comune di Milano.

Tutte le parti proponevano appello e la Corte di Appello di Milano, con sentenza del 17/4/2008, così decideva:

– in parziale riforma dell’impugnata sentenza, escludeva la continuazione con i fatti di cui alla sentenza 16.11.2006 del Gup del Tribunale di Milano per S., nonchè tra i reati di cui al capo 3 e gli altri contestati, e rideterminava così la pena: 1) per S., quanto al reato sub 3 in anni 7 e mesi 6 di reclusione, nonchè per gli altri reati ritenuti in continuazione in anni 7, mesi 6 di reclusione ed Euro 3.400,00 di multa, così complessivamente in anni 15 di reclusione ed Euro 3.400,00 di multa; 2) per C. quanto al reato sub 3 in anni 6 e mesi 6 di reclusione, nonchè per gli altri reati ritenuti in continuazione in anni 7, mesi 6 di reclusione ed Euro 3.400,00 di multa, così complessivamente in anni 14 di reclusione ed Euro 3.400,00 di multa;

– confermava nel resto e condannava gli imputati in solido al pagamento delle ulteriori spese del grado, nonchè a quelle in favore delle parti civili.

La Corte territoriale perveniva alla suddetta Conclusione, rilevando:

– responsabilità: doveva ritenersi pacifica non solo per i reati di rapina, sequestro di persona, violenza carnale e lesioni (capi d’imputazione sub 1/7), ma anche per il reato di RICETTAZIONE (capo d’imputazione sub 8) atteso che l’addebito doveva ritenersi correttamente addebitato "in base alla univocità e concordanza delle caratteristiche, per modello e colore, del bene in possesso dei due malviventi nel parcheggio di (omissis), riferite dalla vittima (vedi dichiarazioni di G.S. a pag. 8 dell’incidente probatorio), con quelle del mezzo, successivamente rinvenuto all’interno del cortile dell’abitazione di S.C.";

– VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO: anche il suddetto reato doveva ritenersi correttamente configurato in quanto, sebbene il C. non avesse materialmente compiuto alcuna violenza sessuale, il suo apporto alla violenza compiuta dallo S., era, invece, risultato determinante; (Questa la motivazione nei suoi esatti termini: quanto alla qualificazione del reato rubricato al capo c), deve ritenersi principio assodato, che se pure "abuso sessuale è stato nella specie messo in pratica solo dai uno dei correi, ovvero S.C., la sola fattiva partecipazione dell’altro, ossia C.F., ancorchè costui abbia limitato la sua azione e non abbia ottenuto una prestazione sessuale diretta, costituisce comunque elemento sufficiente all’integrazione della fattispecie contestata. E’ infatti incontroverso, che C.F. liberò l’interno della vettura di quanto l’ingombrava, facendo spazio sul sedile anteriore poi utilizzato per la violenza e nel contempo dalla deposizione della G. si ricava, che egli restò in attesa all’esterno dell’abitacolo, mentre S.C. costringeva con la minaccia costei allo sgradevole rapporto. Ed invero proprio il riferito pronto avvertimento di C. al compare, all’atto del sorvolo dell’elicottero (vedi dichiarazioni di G.S. a pag. 15, 16 30 dell’incidente probatorio), è prova tangibile del ruolo di palo che costui svolse, forse persino in attesa del suo turno, escludendo in radice ogni attendibilità dell’inverosimile e fantasiosa tesi imbastita ad hoc dalla difesa, neppure sostenuta dall’imputato, che ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere, secondo cui l’appellante nel frangente, si sarebbe allontanato per campi ed in piena notte alla ricerca di un tabaccaio.

Conseguentemente, se pure dalle risultanze istruttorie l’apporto di C. all’azione di S., appare circoscritto alla predisposizione dell’alcova ed alla successiva prestazione di palo, ciò è quanto basta all’integrazione della condotta di cui alla contestata violenza sessuale di gruppo, a causa della maggior intimidazione, che la vittima ha subito per sola presenza di altra persona, di fatto in appoggio al soggetto attivo (vedi da ultimo Cass. Sez. 3, n. 42111 del 12.10.07) e senza che nella specie abbia rilievo il preventivo accordo tra i correi richiesto per il concorso.

Infatti, ai fini della configurabilità del reato non è necessario che l’atto sessuale sia compiuto contemporaneamente dai partecipanti essendo sufficiente la mera presenza. Invero, la norma contenuta nell’art. 609 octies c.p. ha introdotto una figura autonoma di reato trasformando in delitto autonomo il concorso di due o più persone nella fase di esecuzione del reato. Già in precedenza la condotta posta in essere da più persone era penalmente rilevante in base alle regole sul concorso di persone nel reato (art. 112 c.p., n. 1).

D’altra parte, una violenza sessuale commessa da più persone, a prescindere dall’applicabilità dell’art. 112 c.p., n. 1, anche prima della riforma introdotta con la L. n. 66 del 1996, art. 9 assumeva un disvalore sociale maggiore della violenza sessuale commessa dalla singola persona. Con la riforma, come accennato, sì è trasformata in titolo autonomo di reato un’ipotesi particolare di concorso di persone. E’ dunque sufficiente che più persone, anche soltanto due (Cass. sez. 3, 9 settembre 1996, Hodca; Cass. Sez. 3, 5 giugno del 2001, *****; Cass. sez. 3, n 3348 del 2004) siano presenti nel momento in cui, anche da parte di uno solo, l’abuso sessuale viene commesso (Cass. 5 aprile del 2000, *********: Cass. 45970 del 2005), là dove l’altro, che pure non partecipa materialmente agevole l’esecuzione dell’abuso") continuazione interna: la decisione del tribunale, doveva disattendersi in quanto, sulla base della dinamica dei fatti, doveva ritenersi che la violenza sessuale fu del tutto estemporanea: infatti, avendo i prevenuti progettato una rapina, doveva escludersi che i medesimi avessero stabilito, in via preventiva, di effettuare anche una violenza sessuale; (Questa la motivazione: "la violenza sessuale consumata dagli appellanti ai danni G.S., ancorchè avvenuta nel contesto di un sequestro di persona di apprezzabile durata nonchè connesso ad una serie di rapine ed altri reati satellite, non si configura affatto quale frutto di un unico disegno criminoso preordinato dei due imputati, bensì costituisce espressione di un’intesa estemporanea e del tutto occasionale, presumibilmente dovuta al fatto dell’essersi trovati per le mani una giovane indifesa. La stessa dinamica dei fatti, chiarisce di per sè, che se pure il reato ex art. 609 octies c.p. commesso da S. e C. venne perpetrato nel medesimo contesto in cui vennero consumati gli altri reati ai danni della medesima parte lesa, costituiva tuttavia una sorta d’improvvisazione, quale intermezzo tra la prima parte del sequestro e delle rapine e la seconda parte, quasi fosse una pausa dell’azione criminosa, un riprendere fiato prima di portare a temine l’impresa criminosa di arraffare quanto più denaro possibile, il cui avvio non presupponeva affatto anche la consumazione della violenza sessuale, come ritenuto dal giudice di prime cure. A tale eventuale conclusione, infatti, si sarebbe potuto pervenire solo se gli stessi avessero esplicitato tale intenzione, ad esempio dichiarando di aver atteso nel parcheggio di (omissis), quale vittima predestinata una donna, magari anche una bella ragazza, nel duplice intento di rapinarla e violentarla, circostanza questa invece con vigore esclusa dalle difese degli imputati, che in proposito hanno concordemente negato ogni preventivo accordo, accampando il solo S. in sede di discussione giustificazioni di natura sociale, che per inciso non scusano proprio nulla, soprattutto ove si tenga conto, che costui nell’occorso disattese persino la misura cautelare degli arresti domiciliari");

– CONTINUAZIONE ESTERNA: non era condivisibile la decisione del Tribunale che aveva ritenuto la continuazione fra il reato in questione e quello per il quale lo S. era già stato giudicato, con altra sentenza passata in giudicato emessa in data 10.11.2006 dal Gup del Tribunale di Milano, avente ad oggetto, oltre al resto, anche una violenza sessuale di gruppo effettuata nel corso di una rapina ai danni di M.C.. "Infatti anche se il modus operandi degli imputati appare similare in entrambe le rapine, sfociate in analoga violenza verso le malcapitate e non vi sia tra i due fatti eccessiva distanza temporale ((omissis) p.o. M. e (omissis) p.o. G.), ancora una volta nulla autorizza a ritenere, che il disegno criminoso che condusse i due a costringere la sig.ra M. a sottostare sotto la minaccia di un coltello ad un coito orale, fosse in qualche modo volitivamente collegato al successivo abuso perpetrato nei confronti della sig.ra G., che si ripete non fu azione predeterminata bensì impulsiva e del tutto occasionale";

– ATTENUANTI GENERICHE: dovevano essere negate al C. "alla luce della disposta sorveglianza speciale nei suoi confronti, di cui al Decreto 20 ottobre 2006 dal Tribunale di Milano e dei fatti di cui alla sentenza emessa in data 10.11.2006 dal Gup del Tribunale di Milano, che gravano come un macigno sul piatto della bilancia, rispetto agli aspetti soggettivi sottolineati dalla difesa, quali la giovane età e la marginalità sociale in cui è vissuto l’appellante";

– costituzione parte civile: in relazione al gravame proposto dagli imputati avverso l’ammissione del Comune di Milano come parte civile, la Corte territoriale rilevava che "ogni eccezione attinente alla costituzione dell’ente avrebbe dovuto essere proposta ex art. 581 c.p.p., avverso l’ordinanza ammissiva e che nel merito, il danno accertato dal Tribunale di Milano verso il costituito Comune, ancorchè il parcheggio di (omissis) sia oggetto di concessione a favore di ATM, mantiene la sua natura di danno patrimoniale diretto, in quanto connesso alla quota percentuale d’incasso del parcheggio su cui è basato il corrispettivo della concessione".

Avverso la suddetta sentenza, hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati adducendo i seguenti motivi:

– MANCATA ESCLUSIONE DELLA PARTE CIVILE COMUNE DI MILANO:

con il suddetto motivo, ENTRAMBI I RICORRENTI, censurano l’impugnata sotto un triplice profilo: a) per avere la Corte disatteso la richiesta richiamando, senza dare alcuna spiegazione, l’art. 581 c.p.p., laddove, invece, l’ordinanza di rigetto del Tribunale era stata oggetto di impugnazione come dava atto la stessa Corte.

Peraltro, laddove la Corte avesse inteso dichiarare l’inammissibilità sotto il profilo che mancava l’espressa dichiarazione di impugnazione, allora la decisione doveva ritenersi ugualmente censurabile in virtù del principio del favor impugnationis, b) nel merito, comunque, il Comune di Milano non avrebbe dovuto essere ammesso perchè non era un ente che era stato leso effettivamente dal reato nè aveva subito alcun danno. Al più soggetto legittimato avrebbe dovuto essere l’ATM spa, ossia l’azienda di trasporti di Milano che, avendo la concessione del parcheggio, era anche il soggetto che, al limite, aveva subito la flessione dei guadagni, nei giorni immediatamente successivi all’aggressione; c) perchè, l’istruttoria non aveva permesso di evidenziare alcun nesso causale tra il fatto illecito ed il danno che la parte civile assumeva aver subito a causa del presunto mancato utilizzo del parcheggio di via (omissis);

– SUSSISTENZA DELLA CONTINUAZIONE: con il suddetto motivo, ENTRAMBI I RICORRENTI, lamentano violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e) in relazione all’art. 81 c.p., nella parte in cui, con l’impugnata sentenza, la Corte territoriale ha escluso il vincolo della continuazione fra il reato di violenza sessuale con gli altri reati contestati. In particolare, lo S., relativamente alla sua posizione, sostiene che, "il fatto stesso che esiste un precedente in tutto e per tutto identico al fatto de quo deve far presumere che quest’ultimo sia stato premeditato e ponderato in un disegno unitario". Entrambi i ricorrenti, rilevano, inoltre, che, poichè la vittima era stata portata in un luogo isolato per usarle violenza e, poichè, la stessa G. nulla aveva riferito di accordi presi sul momento fra i due, ciò significava che entrambi erano d’accordo sul da farsi già da prima che iniziasse la loro azione criminosa. La decisione della Corte territoriale, si mostrava, quindi, illogica e contraddittoria rispetto alle risultanze probatorie;

– INSUSSISTENZA DELLA VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO: sostiene lo S. che, nella fattispecie, non sarebbe ravvisabile il reato di cui all’art. 609 octies c.p. mancando l’elemento oggettivo e ciò perchè la violenza era stata praticata solo da esso ricorrente e non dal C. che era sceso dall’auto e si era allontanato senza, quindi, che apportasse alcun contributo alla violenza sessuale, tanto più che non risultava adeguatamente provato il ruolo di "palo" svolto dal C. durante l’azione criminosa;

– INSUSSISTENZA DEL REATO DI RICETTAZIONE: si duole lo S. che la Corte territoriale lo ha ritenuto responsabile del delitto di ricettazione per il solo fatto che, nell’androne del caseggiato dove abitava, era stata rinvenuta il motociclo che, asseritamente era stato utilizzato durante i fatti in questione. Sostiene il ricorrente che la vittima non effettuò alcun riconoscimento del motociclo e che non vi è la prova incontrovertibile della riconducibilità della suddetta moto nella disponibilità di esso ricorrente;

– ATTENUANTI GENERICHE: il C. impugna la sentenza sostenendo che la motivazione con la quale la Corte aveva rigettato la richiesta di applicazione delle attenuanti generiche, doveva ritenersi illogica "se si considera che il decreto di applicazione della sorveglianza speciale è successivo (20/10/2006) alla carcerazione dell’imputato e quindi alla commissione del fatto ((omissis)). Non può quindi essere considerato negativamente un atto successivo al fatto che l’imputato ovviamente neppure conosceva".

MOTIVI

MOTIVO SUB 1 (costituzione parte civile del Comune di Milano): in punto di fatto, dalla sentenza impugnata (e da quella di primo grado confermata dalla Corte), si evincono le seguenti circostanze:

– l’aggressione ebbe inizio alle ore 23,40 circa del (omissis), nel parcheggio sotterraneo, soggetto al pagamento di una tariffa oraria, della Stazione (omissis) dove la vittima si era recata a ritirare la propria autovettura che aveva ivi parcheggiato; il suddetto parcheggio, sebbene di proprietà del Comune di Milano, è gestito, a seguito di concessione quinquennale, dalla ATM s.p.a. (detenuta al 100% dal Comune) la quale versa all’ente proprietario un corrispettivo pari al 38% del totale incassato; la Corte territoriale, relativamente alle eccezioni sollevate dai ricorrenti, le ha respinte sotto un duplice profilo: a) per violazione dell’art. 581 c.p.p.; b) nel merito, ritenendo la legittimazione del Comune solo ed esclusivamente sul presupposto che il suddetto ente avesse subito "un danno patrimoniale diretto, in quanto connesso alla quotai percentuale d’incasso del parcheggio su cui è basato il corrispettivo della concessione": con il che, confermando la liquidazione della sola somma di Euro 2.000,00 (quale minore introito derivante dalla concessione), ha rigettato, expressis verbis (cfr. pag. 14-15-16 sentenza), la pretesa del Comune di vedersi legittimato ad agire, non solo come ente proprietario ma anche come ente che, sulla base del proprio Statuto (art. 5), aveva come finalità quella di prevenire ogni tipo di reato e limitare le conseguenze negative sulle vittime, e, quindi, sotto questo profilo di vedersi riconosciuto anche ulteriori danni patrimoniali e morali.

Sulla base dei suddetti elementi di fatto, possono allora trarsi le seguenti conclusioni di diritto:

– hanno ragione i ricorrenti a lamentarsi della pronuncia di inammissibilità pronunciata dalla Corte territoriale ex art. 581 c.p.p., pronuncia che, in quanto priva di motivazione, deve ritenersi dovuta al fatto che i ricorrenti non specificarono, nell’atto di impugnazione, che impugnavano oltre che la sentenza anche l’ordinanza con la quale il Tribunale aveva respinto l’eccezione sulla costituzione del Comune di Milano come parte civile: invero, costituisce principio consolidato di questa Corte di legittimità, alla quale si ritiene di dover dare continuità, quello secondo il quale non costituisce motivo di inammissibilità dell’impugnazione di una ordinanza dibattimentale la circostanza che, nell’unico atto d’impugnazione proposto contro la sentenza, manchi l’espressa dichiarazione di gravame anche dell’ordinanza, quando nello stesso venga denunciata l’illegittimità di questa con esposizione delle relative ragioni, dovendosi, nell’ottica del favor impugnationis, dare prevalenza all’espressione di volontà della parte di impugnare ed alla possibilità di individuare, comunque, il provvedimento che si è inteso impugnare; (SS.UU. n. 10296/1993 Rv. 195000 – Cass. Sez. 1, n. 3385/1995 Rv. 200700 – Cass. Sez. 4 n 5857/1997 Rv. 207807).

– la questione, peraltro, deve ritenersi assorbita dall’altra parte della motivazione con la quale la Corte, ha rigettato nel merito la doglianza mostrando di averla presa in considerazione nonostante la formale dichiarazione di inammissibilità;

– sennonchè, la censura, quanto alla ritenuta legittimazione del Comune di Milano, va ritenuta infondata in quanto, nella concreta fattispecie, il Comune di Milano percepisce una percentuale sugli introiti derivanti dal pagamento del parcheggio. Di conseguenza, va condivisa la decisione della Corte territoriale che, proprio sulla base del suddetto elemento, ha concluso che il danno patrimoniale subito dal Comune ha natura diretta in quanto connesso alla quota di percentuale d’incasso del parcheggio su cui è basata il corrispettivo della concessione, proprio perchè, diminuendo gli introiti della ATM, sono automaticamente diminuiti anche quelli percepiti (in percentuale) dal Comune;

MOTIVO SUB 2 (continuazione); la motivazione addotta dalla Corte territoriale, si fonda, come si è detto, su due elementi: a) la dinamica nonchè la cronologia degli eventi; b) il fatto che gli stessi imputati, pur avendo ammesso le loro responsabilità, avevano negato di essersi messi preventivamente d’accordo sull’azione criminosa deliberata ossia che la rapina avrebbe dovuto essere perpetrata esclusivamente ai danni di una donna che avrebbe dovuto essere anche violentata. Di conseguenza, gli elementi di fatto addotti nella doglianza, rappresentando una mera ricostruzione alternativa del fatto, non sono tali da smentire la stessa versione dei fatti resa dagli imputati e, quindi, tali da minare alla radice il coerente ragionamento della Corte territoriale. Infine, anche la parte della sentenza che ha negato, allo S., la continuazione fra i fatti di cui al presente processo e quelli simili di cui alla sentenza passata in giudicato dal g.u.p. di Milano, non si presta ad alcuna censura, non peraltro perchè, a fronte dell’osservazione della Corte territoriale (secondo la quale nessun elemento probatorio consentiva di ritenere la continuazione), lo stesso ricorrente, non ha addotto alcun argomento pregnante;

MOTIVO SUB 3 (violenza sessuale di gruppo): i consolidati principi di diritto elaborati da questa Corte, in ordine al reato di cui all’art. 609 octies c.p. sono i seguenti:

– Il delitto di violenza sessuale di gruppo, previsto dall’art. 609 octies cod. pen., costituisce una fattispecie autonoma di reato, a carattere necessariamente plurisoggettivo proprio, e richiede per la sua integrazione, oltre all’accordo delle volontà dei compartecipi al delitto, anche la simultanea effettiva presenza di costoro nel luogo e nel momento di consumazione dell’illecito, in un rapporto causale inequivocabile, senza che, peraltro, ciò comporti anche la necessità che ciascun compartecipe ponga in essere un’attività tipica di violenza sessuale, nè che realizzi l’intera fattispecie nel concorso contestuale dell’altro o degli altri correi, potendo il singolo realizzare soltanto una frazione del fatto tipico ed essendo sufficiente che la violenza o la minaccia provenga anche da uno solo degli agenti: Cass. 3348/2003 Rv. 227495;

– i reati di cui agli artt. 609 bis e 609 octies c.p. hanno lo stesso elemento oggettivo (atti di violenza sessuale) ma si differenziano perchè, in pratica, il primo è commesso da una sola persona, mentre il secondo consiste nella partecipazione agli atti di violenza sessuale di almeno due persone contemporaneamente presenti sul luogo del delitto: il che è come dire che si tratta di un’ipotesi di concorso materiale che, però, il legislatore, nella sua insindacabilità, ha ritenuto di qualificare come un autonomo reato per la maggiore forza intimidatrice che l’aggressione di gruppo svolge nei confronti della vittima rispetto a quella del singolo individuo;

– ora, poichè il concorso di persone può consistere sia nel concorso materiale che in quello morale, e poichè, sotto il profilo del concorso materiale, sarebbe impossibile individuare una differenza fra il concorso materiale nel reato di cui all’art. 609 bis c.p. e il reato di cui all’art. 609 octies c.p. (proprio perchè le due condotte materiali coincidono e si sovrappongono), appare evidente che, per esclusione, il concorso, per l’ipotesi di cui all’art. 609 bis c.p., può configurarsi nella sola ipotesi di quello morale, ossia in tutti i casi in cui un terzo, pur non partecipando agli atti di violenza sessuale e pur non essendo presente sul luogo del delitto, abbia istigato, consigliato, aiutato, agevolato il singolo autore materiale della violenza e cioè, in una parola, abbia posto in essere tutte quelle condotte che, normalmente, vengono sussunte sotto la fattispecie del concorso morale: in terminis Cass. n. 42111/2007 Rv. 238151;

– applicando i suddetti principi di diritto alla concreta fattispecie, il ricorso va respinto, in quanto è pacifico che entrambi i prevenuti erano presenti sul luogo del delitto, e che il C., sebbene non abbia praticato alcuna violenza, partecipò all’azione criminosa essendo stato lui che, come risulta dalla sentenza impugnata, da una parte, liberò l’interno della vettura di quanto l’ingombrava per facilitare la violenza che avrebbe praticato lo S., e, dall’altra, fece da "palo" tant’è che, appena si avvide che un elicottero stava sorvolando la zona, prontamente avvertì lo S.;

MOTIVO SUB 4 (ricettazione): la censura, nei termini in cui è stata proposta deve ritenersi generica ed assertiva perchè la Corte, contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente, ha ampiamente spiegato il motivo per cui era configurabile il reato di ricettazione a carico del ricorrente;

MOTIVO SUB 5 (attenuanti generiche): anche la suddetta doglianza va disattesa in quanto non è ravvisabile alcun errore di diritto commesso dalla Corte la quale, nel valutare se concedere o meno le attenuanti generiche, ha trovato un ostacolo nel fatto che il ricorrente era stato sottoposto alla sorveglianza speciale. La decisione, che trova un preciso aggancio normativo nella disposizione di cui al combinato disposto dell’art. 62 bis c.p. e art. 133 c.p., comma 2, n. 3, non si presta ad alcuna censura: non assume quindi alcuna rilevanza il fatto che, come lamenta il ricorrente, non avrebbe potuto la Corte considerare negativamente un atto successivo al fatto che esso ricorrente neppure conosceva.

P.Q.M.

RIGETTA i ricorsi e CONDANNA i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

Redazione