Corte di Cassazione Penale sez. II 11/11/2010 n. 39857

Redazione 11/11/10
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Svolgimento del processo
1. B.S. ricorre in proprio avverso il provvedimento della Corte d’Appello di Firenze che il 14.07.2009 ha respinto l’istanza di restituzione in termini per proporre appello avverso la sentenza, resa, nella sua contumacia, dal Tribunale di Prato il 10.07.2008 e che non è stata appellata dal difensore d’ufficio.

Con i motivi, la ricorrente denuncia la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza perchè la Corte, dopo aver dato atto che il difensore di fiducia aveva rinunciato all’incarico il giorno prima dell’inizio del giudizio di prime cure e che non aveva dichiarato di aver avvertito la sua cliente di tale rinuncia, sicchè il giudice, aveva nominato un difensore d’ufficio, prima ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4 e successivamente ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 2, addebita alla ricorrente l’onere di dedurre e provare compiutamente la negligenza del difensore domiciliatario nell’informarla dell’avvenuta nomina del difensore d’ufficio. Lamenta, in particolare, la ricorrente che la Corte d’appello le attribuisce la conoscenza dei fatti processuali in virtù di un rapporto defensionale, nella realtà, non più esistente ed in assenza di qualsiasi prova del protrarsi del rapporto stesso.

Chiede, pertanto, la cassazione del provvedimento impugnato e di essere rimessa in termine per l’impugnazione della sentenza del Tribunale.

Motivi della decisione
1. Il provvedimento della Corte non merita censure.

2. Va innanzitutto precisato che il difensore già nominato di fiducia da B.S., avv. *************** di Prato, ha rinunciato al mandato difensivo con comunicazione scritta depositata nella cancelleria del giudice del dibattimento il 29.11.2006, il giorno prima dell’udienza dibattimentale.

3. L’avvocato *******, con la dichiarazione di rinuncia al mandato, non produsse al giudice anche la prova di aver comunicato alla cliente la rinuncia all’incarico, come avrebbe indubbiamente dovuto fare, atteso il chiaro disposto dell’art. 107 c.p.p., comma 1; di conseguenza il giudice, secondo il disposto dell’art. 107 c.p.p., comma 3, provvide a nominare un difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4 e rinviò, per tale ragione, l’udienza dando contestuale avviso all’imputata dell’avvenuta nomina del difensore d’ufficio.

La comunicazione dell’avvenuta nomina del difensore d’ufficio fu notificata alla B., al domicilio eletto, ossia presso l’ex difensore di fiducia avvocato *******.

4. Rileva, anche, ai fini della presente decisione, considerare che l’art. 8 del codice deontologico forense prescrive che l’avvocato adempia ai propri doveri professionali con diligenza ed è quasi pleonastico affermare che il primo di tali doveri è proprio quello di adempiere agli obblighi professionali stabiliti per legge.

Non è poi contestabile che nel comportamento dell’avvocato *******, che rinunciò al mandato nell’imminenza dell’apertura del dibattimento e omise di fornire al giudice la prova di aver comunicato la sua unilaterale decisione alla cliente si configura quantomeno una negligenza.

5. Il comportamento negligente del difensore di fiducia rinunciatario ha, ad avviso del collegio, un rilievo determinante, nel caso in esame, ai fini dell’applicazione dell’art. 175 c.p.p., comma 2. 5.1 Invero la norma predetta, che pone una presunzione di non conoscenza della sentenza contumaciale, anche se iuris tantum, pone a carico dell’autorità giudiziaria l’obbligo di verificare compiutamente (ogni verifica) che l’imputato abbia, invece, avuto conoscenza del procedimento o del provvedimento (effettività della conoscenza) ed abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione.

5.2 E’ il caso di ricordare che la modifica dell’art. 175 c.p.p. è intervenuta sulla spinta delle sentenze della Corte europea che aveva segnalato un "problema strutturale connesso ad una disfunzione della legislazione italiana" problema che il legislatore nazionale ha inteso risolvere, con la novella del 2005, introducendo una presunzione iuris tantum di non conoscenza del procedimento o provvedimento contumaciale con la regola che il contumace non deve più provare l’inconsapevolezza dell’esistenza del procedimento o del provvedimento, per la cui impugnazione chiede di essere rimesso in termini, con la conseguenza che l’onere della prova ricade su chi sostiene invece la consapevolezza. Per altro verso il giudice costituzionale, con la sentenza n. 317 del dicembre 2009, ha rimarcato che "la misura ripristinatoria della rimessione in termini, prescelta dal legislatore, per avere effettività, non può essere consumata dall’atto di un soggetto, il difensore (normalmente nominato d’ufficio, in tali casi, stante l’assenza e l’irreperibilità dell’imputato), che non ha ricevuto un mandato ad hoc e che agisce esclusivamente di propria iniziativa. L’esercizio di un diritto fondamentale non può essere sottratto al suo titolare, che può essere sostituito solo nei limiti strettamente necessari a sopperire alla sua impossibilità di esercitarlo e non deve trovarsi di fronte all’effetto irreparabile di una scelta altrui, non voluta e non concordata, potenzialmente dannosa per la sua persona". 5.3 Proprio alla predetta verifica, ritiene il collegio, si sia adempiuto rilevando che la comunicazione della rinuncia al mandato del difensore di fiducia fu per disposizione del giudice del dibattimento, immediatamente comunicata alla B. che non provvide a mutare l’elezione di domicilio, segno evidente, come rileva il P.G., "della persistenza nell’interessata della fiducia nei confronti del domiciliatario presso il quale veniva quindi, notificata la sentenza. Manca, in altri termini, la puntuale e logica motivazione in ordine alle circostanze dedotte dall’interessato che alleghi di non aver avuto conoscenza dell’atto… Non pare a questo P.G., sia questo un caso in cui la presunzione oltrepassi tale soglia in presenza di una mera dichiarazione negativa da parte dell’imputata".

Il provvedimento, pertanto, è congruamente motivato ed il ricorso va rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giustizia. Va disposta la trasmissione degli atti, in una con la presente sentenza, per i motivi su esposti, al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Prato, per quanto eventualmente di competenza.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi copia degli atti al Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Prato, per quanto eventualmente di competenza.

Redazione