Corte di Cassazione Penale sez. I 9/1/2009 n. 394; Pres. Chieffi S.

Redazione 09/01/09
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RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Verona ha assolto S.J. dal reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, con la formula il fatto non sussiste.

1.1. Osservava, dopo ampia premessa sulle ragioni della sindacabilità dell’atto amministrativo e sui limiti di tale sindacato, che il provvedimento del 2.8.2008, mediante il quale il Questore di Parma aveva intimato all’imputato di allontanarsi entro cinque giorni dal territorio nazionale era carente di motivazione quanto alla impossibilità di trattenere il soggetto presso un centro di permanenza temporanea – secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 1 – detta impossibilità essendo affermata in modo apodittico con la frase "non è possibile trattenere lo straniero in questione presso un centro di permanenza temporanea", ripetendo cioè la sola formula normativa e senza indicarne le cause.

2. Ricorre il Procuratore generale di presso la Corte d’appello di Venezia, che chiede l’annullamento della sentenza denunziando violazione di legge.

Concordando (apparentemente) sulla sindacabilità del provvedimento del questore ove sia mancante di motivazione, il ricorrente rileva che è tuttavia sufficiente una motivazione succinta, che nel caso in esame sussisterebbe, essendo sufficiente che s’alleghino gli elementi per cui l’autorità di polizia ha deciso di procedere all’espulsione mediante intimazione. Sostiene quindi che allorchè è stata adottata tale forma di espulsione, mediante intimazione anzichè mediante accompagnamento alla frontiera immediato o previo trattenimento, l’espulso non ha ragione di dolersi delle modalità sicuramente meno gravose; la qual cosa, assieme al fatto che il provvedimento del Questore costituisce mera attuazione del provvedimento del Prefetto, non più in discussione, escluderebbe in radice la necessità di "attente motivazioni".

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso appare infondato.

1.1. L’affermazione del ricorrente (logicamente preliminare) che il decreto del Questore che intima allo straniero di allontanarsi dal territorio nazionale non abbisognerebbe di specifiche motivazioni perchè meramente attuativo del provvedimento prefettizio e perchè meno invasivo rispetto alla espulsione coattiva è, per le ragioni già esposte dal Tribunale del tutto apoditticamente criticate, manifestamente infondata.

La sentenza impugnata ricorda bene i principi di diritto per i quali ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, deve essere motivato e per i quali spetta al giudice penale, che dell’atto debba fare applicazione, il sindacato sui vizi dell’atto (cfr. sul punto, sia pure incidentalmente, da ultimo S.U. 28.2.2008, *******).

Detto obbligo di motivazione non può essere soddisfatto – nel caso che qui interessa – attraverso il mero richiamo al provvedimento prefettizio di espulsione perchè diversi sono i presupposti dell’uno e dell’altro provvedimento e diverso ne è l’oggetto. Il provvedimento del Questore opera inoltre una scelta tra diverse opzioni (espulsione coattiva immediata; espulsione coattiva previo trattenimento; intimazione) specificamente previste e tassativamente individuate quanto a ragioni giustificatrici, rimesse a valutazioni connotate da discrezionalità tecnica, che danno luogo a situazioni assolutamente diverse, nessuna delle quali è "indifferente" o priva di conseguenze giuridicamente rilevanti per l’espulso. E la normale situazione di disagio in cui versa il migrante economico, in genere, e lo straniero privo del permesso di soggiorno, in particolare, non consente davvero di presumere che l’ordine di allontanarsi con i propri mezzi entro cinque giorni pena la commissione di un delitto per il quale è minacciata (oggi) una pena minima di un anno di reclusione, sia per lui evenienza "favorevole".

2. Quanto alla motivazione del decreto del Questore nel caso in esame, risulta dalla sentenza impugnata che essa non rispondeva ai requisiti minimi di legittimità, non contenendo il decreto altro che l’affermazione della impossibilità di trattenere lo straniero, senza alcuna indicazione, sia pure concisa, delle ragioni di tale impossibilità (per indisponibilità di posti o per qualsivoglia altro evento materiale).

Ora, secondo la giurisprudenza più recente, ma ormai consolidata di questa Corte, la motivazione che assiste il provvedimento di intimazione a lasciare il territorio nazionale può essere anche particolarmente stringata e meramente enunciativa, giacchè la impossibilità di trattenere lo straniero presto un centro di permanenza temporaneo è conseguenza di fatti aventi carattere obiettivo che non necessitano di una particolare o diffusa illustrazione. E’ tuttavia sicuramente necessario, al fine di assicurare il controllo di legalità, che questi fatti vengano indicati, non bastando invece che il decreto si limiti a riprodurre letteralmente la formula della legge (tra molte, cfr. più di recente Sez. 1, n. 11489 del 11.1.2007, Melniciuc, e sostanzialmente conformi: Sez. 1, n. 11714 del 28/02/2008; n. 38679 del 28.9.2007;

Sez. 1, n. 15259 del 12/04/2006).

In realtà una "motivazione" che ripeta le sole parole della norma non è soltanto carente, quanto piuttosto apparente, giacchè la prima funzione di garanzia della motivazione sta proprio nell’individuazione della specifica situazione concreta cui la fattispecie astratta si riferisce.

3. Correttamente dunque è stata affermata la illegittimità del decreto e la sua inapplicabilità dal giudice penale.

Consegue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Redazione