Corte di Cassazione Penale sez. I 8/10/2008 n. 38313; Pres. Chieffi S.

Redazione 08/10/08
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FATTO E DIRITTO

La Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Forlì nei confronti di A. A. per il reato di cui al D.Lgs. n. 296 del 1998, art. 14, comma 5.

Osservava che l’imputato aveva ammesso di aver violato l’ordine di allontanamento volontariamente in quanto viveva in Italia da molti anni e non voleva andarsene, avendo studiato in questo paese e trovandosi la propria moglie rinchiusa nel carcere di Forlì.

Rilevava che tali affermazioni non costituivano il giustificato motivo richiesto dalla norma, che la pena inflitta appariva congrua sia in riferimento al giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche sia in relazione al diniego della libertà controllata.

Avverso la decisione presentava ricorso l’imputato e deduceva contraddittorietà e illogicità della motivazione in quanto al momento della celebrazione del giudizio di appello era già intervenuto il provvedimento di revoca dell’ordine di espulsione e dell’ordine di allontanamento per cui di ciò doveva tenersi conto ai fini della pronuncia di una sentenza di assoluzione.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato.

Dall’esame del fascicolo processuale emerge che in atti, già al momento della celebrazione del giudizio di appello, vi era un’istanza rivolta al GIP di revoca della misura cautelare in quanto, a seguito di ricorso amministrativo il Prefetto di Pesaro in data 14/11/2005 aveva revocato in sede di autotutela il decreto di espulsione.

Di tale atto il giudice di appello non aveva tenuto conto anche perchè nè in sede di motivi di appello nè in sede di discussione era stato dedotto.

Poichè la revoca poteva far venir meno uno dei presupposti del reato, doveva comunque essere esaminata d’ufficio dal giudice e pertanto può essere esaminata anche in questa sede di legittimità.

Dall’esame del provvedimento del Prefetto si ricava, invero, che trattasi di una revoca con efficacia ex nunc; in essa, infatti, si dà atto che nel 2003 era stata avanzata dall’imputato richiesta di asilo politico e di permesso di soggiorno provvisorio, scaduto in data 26/5/2003, che tale richiesta era stata rigettata e che successivamente era stata presentata una nuova richiesta di asilo politico; nessun riferimento era fatto alla presentazione della richiesta di un nuovo permesso di soggiorno provvisorio.

Da ciò se ne ricava che il provvedimento di revoca emesso dal Prefetto era stato dettato da ragioni di autotutela e non da mancanza originaria dei presupposti, visto che, secondo la conforme giurisprudenza delle Sezioni Civili della Corte, solo la presentazione di una domanda di soggiorno provvisorio costituisce ostacolo all’espulsione, in presenza di una domanda di asilo politico (Sez. 1^ civ. 4 maggio 2004 n. 8423, rv. 572572).

Pertanto al momento in cui è stato accertato il fatto, in data 10/9/2005, sussistevano tutti i presupposti del reato, mentre la sua permanenza poteva ritenersi cessata al momento della revoca cioè il 14/11/2005.

Pertanto il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione