Corte di Cassazione Penale sez. I 18/11/2009 n. 44165; Pres. Chieffi S.

Redazione 18/11/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con sentenza in data 4 novembre 2008, depositata in cancelleria il 19 novembre 2009, la Corte di Appella di Milano, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pavia in data 21 settembre 2007 riduceva la pena inflitta a B.F.A. imputato del reato di tentato omicidio, ad anni sei di reclusione condannando altresì lo stesso alla rifusione in favore delle costituite parti civili e il responsabile civile S.p.A. Milano Assicurazioni alle spese processuali del grado, confermando nel resto la sentenza gravata che aveva condannato la medesima compagnia assicuratrice, in solido con il B.F.A. al risarcimento del danno.

1.1. – Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata B.F.A., alla guida della vettura di proprietà di S.M. a bordo della quale vi era anche quest’ultimo e R.C.R. nelle prime ore del mattino del (omissis), nei pressi della discoteca (omissis), in esito a un alterco scoppiato tra alcuni avventori, volontariamente investiva con il veicolo gli addetti alla sicurezza T.G., L.A. e S.F.A. e cagionando loro lesioni personali.

2. – Avverso tale decisione, tramite il proprio difensore avv. *************, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il responsabile civile S.p.A. Milano Assicurazioni chiedendone l’annullamento per i seguenti profili:

a) mancanza o grave difetto di motivazione in punto di reiezione dell’appello, non essendo stato palesato l’iter logico argomentativo del pensiero del giudice;

b) Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 538 c.p.p., u.c., D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 144, degli art. 1895, 1900, 1917 e 2054 c.c. e L. n. 990 del 1969, artt. 1 e 18; erroneamente il giudice distrettuale aveva ritenuto essere avvenuto il sinistro in costanza della circolazione del veicolo quando per contro lo stesso era stato usato come arma onde realizzare il proprio proposito criminoso Inoltre tra le eccezioni contrattuali non opponibili al danneggiato non può annoverarsi la volontarietà del fatto. Il contratto assicurativo è un atto aleatoria e dunque non è compatibile con l’arbitrarietà rimessa all’assicurato. Un contratto assicurativo che garantisca la commissione di un reato sarebbe contrario all’ordine pubblico inducendo al crimine e favorendone la commissione.

Veniva presentata dal medesimo ricorrente memoria scritta in cui veniva confutata la estensività della normativa speciale di cui alla L. n. 990 del 1969 alle ipotesi di danno cagionato dolosamente, posto che le norme codicistiche, valutate in modo sistematico stabiliscono la non responsabilità dell’assicuratore per i sinistri cagionati per dolo, colpa grave del contraente, dell’assicurato o del beneficiario. Il Legislatore se avesse voluto decidere per una deroga ai principi generali, lo avrebbe specificato. Ancorchè la giurisprudenza abbia affermato in alcune pronunce il contrario assunto lo ha tuttavia fatto sempre e comunque per fatti inquadrabili nell’ambito della circolazione stradale che va invece esclusa nella fattispecie. Veniva infine richiesta la trasmissione degli atti alle Sezioni Unite perchè eserciti la funzione nomofilattica ovvero la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, in accoglimento della eccezione di incostituzionalità per violazione degli artt. 3 e 31 Cost. in relazione alla L. n. 990 del 1969, art. 18 e successive modificazioni per non aver escluso dal danno risarcibile quello derivante dal fatto dolo.

Hanno presentato memoria anche le parti civili con cui venivano avversate le argomentazioni contenute in ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. – Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Il giudice ha dato ampio spazio, con motivazione esaustiva e analitica delle ragioni del suo convincimento. Le argomentazioni esposte, immuni da vizi logici e giuridici, non sono in questa sede censurabili.

3.1. Questo Collegio, in tema di responsabilità civile da circolazione stradale, ritiene di dover dare continuità al principio già espresso da questa Corte (Cass., sez. 3^, 10 febbraio 2004, n. 11471; 15 maggio 1982, n. 3938; 18 febbraio 1997, n. 1502; 17 maggio 1999, n. 4798) secondo cui la norma di cui alla L. n. 90 del 1969, art. 1, e quella di cui all’art. 18, stessa Legge, per l’esercizio della tutela con azione diretta, norme trasfuse nel D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, artt. 122 e 144 (codice delle assicurazioni) contengono il riferimento non all’art. 1900 c.c. (norma generale sulle assicurazioni) o all’art. 1917 c.c. (in materia di assicurazione della responsabilità civile) bensì all’art. 2054 c.c. che non distingue di per sè tra azioni colpose o dolose, sicchè deve ritenersi che entrambe le condotte debbano intendersi ricompresse nella tutela medesima non dovendosi interpretare l’illecito civile in questione come autonomo, bensì come specificazione dell’illecito ex art. 2043 c.c. ancorchè qualificato dalla circolazione dei veicoli.

La colpa va dunque latamente intesa nel senso comprensivo sia del profilo colposo, derivante da imprudenza, negligenza e imperizia, sia di quello doloso o intenzionalmente lesivo, salvo pur sempre il regresso della compagnia assicurativa nei confronti dell’assicurato o del conducente. La normativa in questione, in altre parole, anche alla luce delle direttive europee, configura una responsabilità civile da circolazione non solo come rimedio contrattuale di copertura del rischio del soggetto assicurato, ma anche come strumento sostanziale e processuale di risarcimento del danneggiato alla luce del principio di solidarietà verso il danneggiato o terzo danneggiato, con tendenza alla rimozione degli ostacoli per l’integrale e tempestivo ristoro dei pregiudizi ancorchè arrecati da un rischio non specificatamente assunto in contratto dovendosi infatti ritenersi preminente l’interesse del danneggiato ad essere risarcito.

3.2. – In questo senso va letta la stessa istituzione del Fondo di Garanzia per le vittime della strada (FGVS) e quella giurisprudenza di legittimità consolidata secondo cui il Fondo deve rispondere nei confronti del danneggiato anche nel caso di danno derivante da fatti dolosi di terzi (ex pluribus: Cass. Sez. 3^, 26 marzo 2009, n. 10301, ******) in quanto la disciplina del risarcimento si ispira ai principi fondamentali della responsabilità aquiliana sicchè l’obbligazione che scaturisce a carico di tale fondo non è sottoposta ad altre limitazioni se non quelle espressamente previste dalla legge (Cass. N. 6532 del 27 giugno 1990).

3.3. – Non solo, ma tale orientamento, come si è accennato, è rispettoso altresì della direttiva 2005/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005, che ha modificato le direttive del Consiglio 72/166/CEE, 88/357/CEE e la direttiva 2000/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione dei veicoli, che obbliga gli Stati membri, all’art. 4 quinquies, a provvedere affinchè le persone danneggiate da un sinistro stradale causato da un veicolo assicurato, possano attivare un’azione diretta nei confronti della relativa impresa assicuratrice contro la responsabilità civile.

3.4.1. – Il ricorrente non tiene conto inoltre che, sebbene il veicolo sia stato guidato dal prevenuto onde commettere il reato di tentato omicidio, il fatto è avvenuto in ogni caso in costanza della circolazione del veicolo. Infatti l’investimento è stato reso possibile proprio in quanto il B.F.A. ha potuto condurre sulla strada il veicolo peraltro guidato con il consenso del proprietario. E’ stato per vero chiarito da questa stessa Corte che la ratio dell’aggravante della violazione delle norme sulla circolazione stradale (di cui all’at. 589 c.p., comma 2 e art. 590 c.p., comma 3) è individuabile nell’esigenza di una più intensa e penetrante tutela penale in un settore della vita di relazione particolarmente importante dal punto di vista socio-economico, caratterizzato da un alto livello di rischio per l’incolumità individuale. Ne consegue che anche condotte genericamente colpose e a maggior ragione quelle dolose sono da ritenersi lesive quanto meno dell’art. 140 C.d.S. il quale impone a qualunque utente della strada di "comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale", senza che assuma alcuna contraria significazione la circostanza che detta disposizione di legge non sia autonomamente sanzionata (Cass., sez. 4^, 6 luglio 2007, n. 35665, Di Toro).

3.4.2. – Oltretutto il dolo eventuale di compimento del fatto delittuoso evidenzia l’utilizzo del mezzo da parte del prevenuto non come mera arma e dunque non come mero oggetto utilizzato in modo avulso dalla sua naturale funzionalità, ma in modo conforme allo scopo per cui il veicolo è stato costruito (conduzione su strada per il trasporto di cose e persone), ancorchè la circolazione del mezzo abbia comportato la commissione di un reato. Gli esempi esposti in ricorso (danni da esplosione di bomba posizionata all’interno di una vettura, getto di uno scooter dagli spalti di uno stadio, lesioni cagionati da chi adopera una portiera come corpo contundente) evidenziano, diversamente da quanta verificatosi nella vicenda e da quanto vorrebbe provare il ricorrente, proprio la condizione di non movimentazione del mezzo nel senso di una sua non veicolazione ai sensi del codice della strada e, ancor più, l’impiego dell’oggetto come contenitore o come oggetto materiale in sè che prescinde dall’essere stato esso stesso anche un mezzo veicolare. A determinare il regime giuridico applicabile a una attività non è la sola intenzionalità del soggetto che conduce il mezzo quanto piuttosto il criterio oggettivo che lo permea, quale quello dell’effettivo impiego di un veicolo a motore senza guida di rotaie su strada (pubblica o privata, v. Cass. Sez. 3^, 28 novembre 1990, n. 11467, rv 469954) ma comunque mediante un utilizzo funzionale dell’oggetto veicolato, quando sussista la possibilità di un incontro o comunque di una sua interferenza con la circolazione di altri veicoli o persone.

3.5. – Manifestamente infondata è infine la sollevata questione di legittimità costituzionale dal momento che non è riscontrabile alcuna violazione delle norme codicistiche citate vuoi con l’art. 3 vuoi con l’art. 32 della carta costituzionale rispecchiando la normativa in questione l’esigenza di regolare nell’ambito della più generale materia assicurativa un’attività particolare e intrinsecamente pericolosa quale è quella connessa alla circolazione stradale.

4. – Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili che liquida nella somma complessiva di Euro 4.200,00 (quattromiladuecento) oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Redazione