Corte di Cassazione Penale sez. I 16/11/2006 n. 37765; Pres. Fazzioli E.

Redazione 16/11/06
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’8 marzo 2006 la Corte d’Appello di Bologna in riforma della sentenza del Tribunale di Forlì, Sez. distaccata di Cesena, assolveva C.F. dal reato di molestie ai danni della moglie G.G. perchè il fatto non sussiste.

La Corte d’Appello riteneva che i comportamenti addebitati all’imputato nei confronti della moglie con la quale era in corso un procedimento di separazione personale, fossero dettati da intenti estranei alla volontà di arrecare fastidio o disturbo, poichè volti unicamente ad assicurare la cura dei figli minorenni della coppia.

Propone ricorso il difensore della parte civile G. per i solo interessi civili, rilevando che malgrado la richiesta del P.G. di definizione del processo di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, la Corte bolognese aveva ritenuto di decidere nel merito senza spendere nemmeno una riga di motivazione per spiegare come potesse essere ignorato il comportamento del C. che pedinava continuamente la moglie, le telefonava insistentemente, anche in ore notturne, persino nei momenti in cui i figli si trovavano con lui. In realtà si trattava di una comportamento arbitrario, aggressivo e persecutorio che integrava indubbiamente l’ipotesi di reato contestata.

Con memoria del 12 ottobre 2006 il difensore dell’imputato C. contestando le deduzioni illustrate dalla parte civile nel ricorso, chiedeva che le richieste proposte dalla stessa fossero dichiarate inammissibili.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il reato contestato risulta prescritto sin dal 13 settembre 2005; la Corte d’Appello, pur dando atto di tale circostanza, ha ritenuto di esaminare il merito della vicenda in considerazione della "insistente presenza" della parte civile.

In applicazione di quanto prevede l’art. 129 c.p.p., comma 2, il giudice ha l’obbligo di pronunziare l’assoluzione nel merito, pur in presenza di una causa di estinzione del reato – come nel caso di specie – qualora "dagli atti risulti evidente" che il fatto non sussiste, o che l’imputato non lo abbia commesso o che il fatto non costituisca reato. In applicazione di tale principio il giudice dell’appello può certamente valutare in modo diverso i fatti già considerati nel corso del giudizio di primo grado, che avevano condotto alla condanna e pervenire a conclusioni del tutto opposte.

E’ però necessario che tale diversa valutazione consideri in modo analitico e puntuale tutti gli elementi già acquisiti nel corso del dibattimento. La sentenza impugnata si limita invece a qualificare "ogni approccio o tentativo di approccio del marito alla moglie", come ispirato dall’esigenza di tutela della prole, senza prendere in esame o fornire alcuna interpretazione su specifici comportamenti oggettivamente ispirati da finalità che nulla hanno a che vedere con la cura dei figli minori. Tali sarebbero i pedinamenti ripetuti della moglie, gli appostamenti per ore sotto casa della stessa ovvero sotto casa dei suoceri, le continue telefonate anche in ore notturne, anche quando i figli si trovavano presso il padre.

La pendenza di un processo per separazione personale tra i coniugi non consente certamente al marito di comportarsi in modo vessatorio o petulante nei confronti del coniuge, nemmeno quando siano presenti figli minori.

La sentenza impugnata deve essere quindi annullata ai sensi dell’art. 622 c.p.p., per i soli effetti civili, con rinvio per il giudizio al Tribunale Civile di Forlì.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Prima Penale, annulla la sentenza impugnata per i soli effetti civili e rinvia per il giudizio al Tribunale civile di Forlì.

Redazione