In cosa si distinguono il reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione dell’assistenza occorrente

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Il fatto

La Corte di appello di Ancona confermava la sentenza del Tribunale che, ritenuta M. N. responsabile del reato di cui all’art.189, comma 6, d.lgs. 285/92, la condannava alla pena di mesi 6 di reclusione, disponendo altresì la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per anni uno fermo restando la sospensione condizionale della pena e la non menzione nel casellario giudiziale.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso la decisione emessa dalla Corte territoriale anconetana proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del suo difensore, adducendo il seguente motivo: a) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 189, comma 6, cod. strada e vizio di motivazione stante il fatto che, premessa la distinzione tra le due fattispecie rispettivamente previste al comma 6 e al comma 7 del predetto art. 189, veniva sostenuto che l’applicabilità del comma 6 è legittima solo allorché, avvenuto l’urto, il responsabile non si sia affatto fermato atteso che, diversamente opinando, ad avviso del ricorrente, non si sarebbe potuti pervenire, in primo grado, all’assoluzione per la contestazione di cui all’art. 189, comma 7, cod. strada, la quale poggiava non sull’assenza di feriti bensì nella più ampia assenza di consapevolezza che la persona offesa S. avesse bisogno di assistenza e quindi dell’evidenza di danno alcuno tenuto conto altresì del fatto che, per un verso, la pronuncia di primo grado aveva escluso persino la ricorrenza del dolo eventuale che invece la sentenza di appello sembra introdurre ex novo evidenziandosi al contempo la tenuità dei danni riportati dai veicoli e dalle persone coinvolte trattandosi di danni non indennizzabili stante il fatto che i danni indennizzabili erano solo quelli risultanti e provati con indagini strumentali o di evidenza clinica, per altro verso, nessun accertamento era stato svolto sul nesso causale tra l’incidente e i danni che si assumevano dal primo scaturiti.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

La Cassazione reputava il ricorso proposto inammissibile perché, ad avviso della Corte, si risolveva in una censura in fatto della decisione impugnata con la quale si richiedeva una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali non consentita in sede di legittimità ferma restando, ad ogni modo, la sua manifesta infondatezza.

Gli ermellini evidenziavano in particolar modo come la Cassazione avesse ripetutamente postulato che il reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione dell’assistenza occorrente, previsti rispettivamente dai commi 6 e 7 dell’art. 189 cod. strada, hanno diversa oggettività giuridica essendo la prima previsione finalizzata a garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro mentre la seconda è finalizzata a garantire che le persone ferite non rimangano prive della necessaria assistenza (Sez. 4, n. 42308 del 07/06/2017, omissis, Rv. 270885; Sez. 4, n. 23177 del 15/03/2016, omissis, Rv. 266969; Sez. 4, n. 6306 del 15/01/2008, omissis, Rv. 239038) nonché costantemente affermato che l’elemento soggettivo del reato previsto dall’art. 189, comma 6, è integrato anche in presenza del dolo eventuale ravvisabile in capo all’utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che, dall’incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all’obbligo di fermarsi e, dunque, per le modalità di verificazione del sinistro e per le complessive circostanze della vicenda, l’agente deve rappresentarsi la semplice possibilità che dall’incidente sia derivato un danno alle persone (Sez. 4, n. 16982 del 12/03/2013, omissis, Rv. 255429; Sez. 4, n. 17220 del 06/03/2012, omissis, Rv. 252374; Sez. 4, n. 34335 del 03/06/2009, omissis, Rv. 245354).

Ciò posto, i giudici di piazza Cavour, inoltre, evidenziavano che, mentre nel reato di “fuga” previsto dall’art. 189, comma 6, cod. strada, è sufficiente che si verifichi un incidente riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi l’esistenza di un effettivo danno alle persone, per il reato di omissione di assistenza, di cui al comma 7, dello stesso articolo, si richiede che sia effettivo il bisogno dell’investito a nulla rilevando l’assenza di lesioni o di morte o allorché altri abbia già provveduto e non risulti più necessario l’intervento dell’obbligato tenuto conto altresì del fatto che, certamente, l’assenza di lesioni o morte o la presenza di un soccorso prestato da altri non possono essere conosciute ex post dall’investitore, dovendo questi essersene reso conto in base ad obiettiva constatazione prima dell’allontanamento [Sez. 4, n. 5416 del 25/11/1999 (dep. 09/05/2000); Sez. 4, n. 4380 del 02/12/1994 (dep. 24/04/1995)].

Oltre a ciò, veniva messo in risalto il fatto che l’illecito penale di cui all’art. 189, comma 6, cod. strada è un reato omissivo di pericolo il cui elemento materiale consiste nell’allontanarsi dell’agente dal luogo dell’investimento così da impedire o comunque, ostacolare l’accertamento della propria identità personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione delle modalità dell’incidente rilevandosi al contempo, come già dedotto in precedenza in sede nomofilattica, che integra il reato di cui all’art. 189, comma 1 e 6, cod. strada (cosiddetto reato di “fuga“) la condotta di colui che – in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sia derivato un danno alle persone – effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea senza consentire la propria identificazione, né quella del veicolo posto che il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto perché, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire né l’identificazione del conducente, né quella del veicolo, né lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica (Sez. 4, n. 9128 del 02/02/2012).

Orbene, declinando le argomentazioni giuridiche sin qui esposte al caso sottoposto al suo vaglio giudiziale, il Supremo Consesso evidenziava come nella fattispecie in esame la Corte territoriale avesse fatto corretta applicazione di tali principi e non fosse incorsa in alcun vizio di motivazione stante il fatto che, quanto al reato di cui all’art. 189, comma 6, cod. strada, costei aveva affermato, in particolare, che proprio la semplice offerta di una somma di denaro (alla quale peraltro non era stato dato alcun seguito), senza peraltro fornire le proprie generalità ed attendere l’arrivo della Polizia Municipale, testimoniava come l’imputata fosse pienamente consapevole di aver arrecato un danno e che non volesse assumersi la responsabilità di quanto accaduto mentre la versione difensiva, secondo la quale la donna si sarebbe allontanata a causa del comportamento intimidatorio ed aggressivo della persona offesa, dal canto suo, non risultava essere affatto credibile stante l’interesse di quest’ultima a che la N. rimanesse sul luogo dell’incidente in attesa degli operanti ai quali fornire le proprie generalità.

Tal che, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, se ne faceva derivare l’inammissibilità del ricorso (come visto anche prima), nonché la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

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Conclusioni

La sentenza in commento desta un certo interesse nella parte in cui chiarisce la distinzione tra reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione dell’assistenza occorrente.

La Corte di Cassazione, difatti, chiarisce in questa pronuncia tale distinguo, sia sotto il profilo teleologico, postulando che il reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione dell’assistenza occorrente, previsti rispettivamente dai commi 6 e 7 dell’art. 189 cod. strada, hanno diversa oggettività giuridica, essendo la prima previsione finalizzata a garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro mentre la seconda è finalizzata a garantire che le persone ferite non rimangano prive della necessaria assistenza, sia sotto il profilo oggettivo, affermando che, mentre nel reato di “fuga” previsto dall’art. 189, comma 6, cod. strada, è sufficiente che si verifichi un incidente riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi l’esistenza di un effettivo danno alle persone, per il reato di omissione di assistenza, di cui al comma 7, dello stesso articolo, si richiede che sia effettivo il bisogno dell’investito.

Tale decisione, dunque, deve essere presa nella dovuta considerazione ogniqualvolta si deve verificare, in sede giudiziaria, quale di questi due illeciti penali sussista e quale, invece, no.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, dunque, non può che essere positivo.

 

 

 

 

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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