Quando sussiste da parte della polizia giudiziaria l’obbligo di dare avviso alla medesima che ha facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia

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(Annullamento senza rinvio)

(Normativa di riferimento: C.p.p. artt. 348, c. 4, 356; Disp. att. c.p.p. art. 114)

Il fatto

La Corte di appello di Reggio Calabria confermava la pronuncia emessa nei confronti di E. F. dal Tribunale di Locri, con la quale questi era stato giudicato responsabile del reato di guída in stato di ebbrezza alcolica [art. 186, co. 2 lett. c), co. 2-bis e co. 2-sexies Cod. str., commesso il 25A.2013] e condannato alla pena di un anno e sei mesi di arresto ed euro tremila di ammenda, con la statuizione della sospensione della patente di guida per due anni.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso questo provvedimento, proponeva ricorso per Cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. C. M. deducendo, come unico motivo, violazione di legge in relazione agli artt. 186 Cod. str. e 114 disp. att. cod. proc. pen. per aver la Corte di Appello rigettato il motivo di appello con il quale si censurava la decisione del giudice di primo grado a riguardo della eccepita nullità derivante dall’aver omesso i verbalizzanti di dare all’E., prima di sottoporlo al prelievo ematico eseguito dai medici dell’ospedale di Locri, l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il Supremo Consesso riteneva il ricorso fondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si osservava prima di tutto come dovesse darsi atto che la commissione del reato risaliva al 25.9.2013 sicchè, risultando pari a cinque anni il termine massimo di prescrizione e constatando che esso è decorso con il trascorrere del 25.9.2018, essendo stato correttamente instaurato il rapporto processuale, non ravvisandosi l’inammissibilità del ricorso (cfr. Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, omissis, Rv. 219531; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, omissis, Rv. 231164; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 – dep. 25/03/2016, omissis, Rv. 266818), avrebbe dovuto essere dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione.

Pur tuttavia, la Corte reputava come sussistesse la prova evidente dell’innocenza dell’imputato ex art. 129 cod. proc. pen.; sicchè l’annullamento della sentenza impugnata veniva pronunciato perché il fatto non sussiste.

Si faceva presente a tal proposito come la giurisprudenza di della Casszione avesse progressivamente consolidato l’orientamento secondo il quale gli organi di polizia giudiziaria – che intendono far eseguire il prelievo ematico finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico su persona che, siccome conducente coinvolto in un incidente stradale, sia stata condotta presso una struttura sanitaria – devono dare previo avviso alla medesima che ha facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi degli artt. 356 cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen. (ex multis, Sez. 4, n. 49371 del 25/09/2018 – dep. 29/10/2018, C, Rv. 274039) rilevando al contempo che l’importante condizione apposta da tale giurisprudenza, ai fini della sussistenza di tale obbligo a carico della polizia giudiziaria, è che l’esecuzione di tale prelievo non avvenga nell’ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia autonomamente richiesta dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 186, comma 5, cod. strada(oltre alla già citata sentenza 49371/2018, Sez. 4, n. 51284 del 10/10/2017 – dep. 09/11/2017, omissis, Rv. 271935) fermo restando che questa condizione viene talvolta richiamata nell’ipotesi in cui “l’esecuzione di tale prelievo non avvenga nell’ambito degli ordinari protocolli sanitari a fini di cura della persona, ma su richiesta dalla polizia giudiziaria esclusivamente per finalità di ricerca della prova della colpevolezza di soggetto indiziato” (Sez. 4, n. 6514 del 18/01/2018 – dep. 09/02/2018, omissis, Rv. 272225).

Pertanto, proprio alla luce di questo approdo ermeneutico, gli ermellini rilevavano come l’esatto significato della locuzione ‘autonomamente richiesta‘ e come si coordini l’operato della p.g. con le cure apprestate dai sanitari fosse un aspetto meritevole di essere ulteriormente puntualizzato.

Orbene, si evidenziata a tal proposito che, nella sentenza Lirussi, la Corte avesse considerato un caso in cui il prelievo era stato eseguito non perché reso necessario dalle finalità di diagnosi e cura ma solo perché la p.g. lo aveva richiesto a fini di indagine; in tale decisione si era ribadito che, quando l’accertamento del tasso alcolemico avviene nel contesto delle cure approntate dal personale sanitario della struttura, presso la quale il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro venga condotto, seguendo un protocollo che ha fini ben più ampi di quello esclusivo dell’accertamento del tasso di concentrazione alcolica, non essendo tale attività finalizzata alla ricerca delle prove di un reato, ma alla cura della persona e non avendo nulla a che vedere con l’esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto sottoposto a quel trattamento o a quelle cure, non sussiste alcun obbligo di avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia ai sensi dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen. (aderendo così a sez. 4 n. 53293 del 27/09/2016; Rv. 268690; sez. 6 n. 43894 del 13/09/2016, Rv. 268505) mentre, ove “l’esecuzione del prelievo da parte di personale medico non avvenga nell’ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia espressamente richiesta dalla polizia giudiziaria al fine di acquisire la prova del reato nei confronti di soggetto già indiziato, il personale richiesto finisce per agire come vera e propria longa manus della polizia giudiziaria e, anche rispetto a tale accertamento, scatteranno le garanzie difensive sottese all’avviso di cui all’art.114 più volte richiamato [cfr., in termini, sez. 4 n. 3340 del 22/12/2016 Ud. (dep. 23 /01/2017), omissis] stante il fatto che, in tale ipotesi, la polizia giudiziaria non farebbe altro che avvalersi di una facoltà espressamente attribuita dalla legge: l’art. 348 co. 4, cod. proc. pen., prevede, per l’appunto, che la «polizia giudiziaria, quando, di propria iniziativa o a seguito di delega del pubblico ministero, compie atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee le quali non possono rifiutare la propria opera»”.

Il discrimine posto da queste decisioni, che rappresentano l’indirizzo del tutto consolidato nell’attuale momento, è pertanto, ad avviso della Corte, quello della provenienza, o se si vuole della titolarità, della decisione di eseguire il prelievo: se essa è stata presa dai sanitari non è richiesto l’avviso; se è stata assunta dagli investigatori occorre dare l’avviso.

Si rilevava però come però una simile ricostruzione, focalizzando l’attenzione sul solo atto del prelievo del campione biologico, soddisfa la necessità di chiarificazione solo parzialmente perché non esplicita quale disciplina deve trovare applicazione nei casi in cui i sanitari eseguono il prelievo ematico perché sul liquido biologico devono essere eseguite analisi per l’accertamento di valori suscettibili di indirizzare la diagnosi e la cura, tra i quali non è ricompreso il tasso alcolemico; ed è su questa decisione che però si innesta, non già la richiesta di procedere all’atto invasivo ma, quella di eseguire le analisi del campione biologico estendendo la ricerca ai valori del tasso alcolemico.

Ebbene, la Cassazione, in questa pronuncia, stabiliva come non vi fosse ragione di limitare l’obbligo di avviso al solo caso di richiesta di esecuzione del prelievo perché la ratio che è stata rinvenuta a giustificazione di quell’obbligo (“la necessità dell’avviso non è ricollegata alla tipologia dell’accertamento esperito (esame spirometrico o clinico), ma alla funzione dell’atto e alla sua esclusiva vocazione probatoria”, sentenza Lirussi) è comune all’ipotesi in cui la p.g. si limiti a richiedere l’esecuzione di una ulteriore analisi su campione biologico prelevato per fini di diagnosi e cura.

Tal che se ne faceva conseguire la conclusione secondo la quale l’ipotesi in cui non c’è necessità di dare l’avviso è solo quella in cui gli stessi sanitari abbiano ritenuto di procedere per l’accertamento del tasso alcolemico e la p.g. rivolga una richiesta sostanzialmente inutile o si limiti ad acquisire la documentazione dell’analisi.

Premesso ciò, i giudici di Piazza Cavour denotavano come nel caso di specie la Corte di Appello avesse chiaramente ritenuto decisivo che fosse stato instaurato un protocollo terapeutico, in conseguenza del coinvolgimento dell’E. in un incidente stradale dal quale gli era derivata una compromissione dello stato di salute; ciò rendeva l’accertamento (che viene indicato come ‘misurazione del tasso alcolemico‘) funzionale alla finalità curativa e attribuiva alla richiesta dei carabinieri “rilievo esclusivamente marginale“.

Sennonché, alla luce di quanto sin qui ritenuto, secondo la Corte, non è scriminante tra le diverse ipotesi che la richiesta attenga all’esecuzione del prelievo o alla estensione delle analisi alla ricerca e alla misurazione del tasso alcolemico; solo se gli operanti si fossero limitati a richiedere la documentazione di un esame del sangue (tasso alcolemico) che era stato disposto dai sanitari per finalità terapeutiche non avrebbe avuto campo l’obbligo di previo avviso, e ciò in ragione del fatto che, poiché la Corte di Appello non aveva accertato se l’accertamento del tasso alcolemico fosse stato disposto dai sanitari a prescindere dalla sollecitazione rivolta dai Carabinieri, ed anzi lasciasse intendere il contrario, enfatizzando la connessione con il protocollo medico e scrivendo, a proposito di quest’ultima, di ‘rilievo assolutamente marginale‘ (e non già di ininfluenza), doveva ritenersi che nell’occasione avrebbe dovuto essere dato all’E. il previo avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia e come l’omissione di tale adempimento avesse determinato l’inutilizzabilità dell’esito dell’accertamento con la conseguenza della assenza di prova dello stato di ebbrezza al tempo della guida dell’odierno ricorrente.

Tal che se ne faceva discendere l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

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Conclusioni

Nella sentenza in questione, si estende significativamente l’obbligo della p.g. – nel caso di prelievo ematico finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico su persona che, siccome conducente coinvolto in un incidente stradale, sia stata condotta presso una struttura sanitaria – di dare avviso alla medesima che ha facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

Difatti, anche andando anche al di là delle sentenze richiamate in tale decisione, detto obbligo non solo sussiste quando la decisione di fare il prelievo è stata fatta autonomamente da parte della polizia giudiziaria, ma pure quando gli stessi sanitari abbiano ritenuto di procedere per l’accertamento del tasso alcolemico e la p.g. rivolga una richiesta sostanzialmente inutile o si limiti ad acquisire la documentazione dell’analisi.

Ebbene, sempre ad avviso dello scrivente, una ricostruzione ermeneutica di questo genere sembra giustamente tener conto del fatto che la richiesta possa avvenire sia perché finalizzata alla ricerca delle prove di un reato, sia perché rivolta alla cura della persona sussistendo esigenze sanitarie che rendono comunque necessario fare delle analisi mediche.

Nel qual caso, come evidenziato nella pronuncia in commento, dovrebbe giustamente sussistere per la p.g. l’obbligo di avviso in questione posto che lo scopo di ricercare la prova di un reato ben può coesistere con quella di curare una persona.

L’approccio argomentativo utilizzato in questa pronuncia, pertanto, è del tutto condivisibile.

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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