La Cassazione fornisce alcuni chiarimenti in merito all’art. 659 c.p.: vediamo quali

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Il fatto

Il Tribunale di Ascoli condannava l’imputato alle pene di legge per il reato di cui agli art. 81 cpv. e 659 cod. pen. perché, in qualità di titolare di una caffetteria, aveva disturbato le occupazioni ed il riposo della parte offesa con il rumore provocato dalla sua attività.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Con il primo motivo di ricorso l’imputato deduceva la violazione di legge ed il vizio di motivazione, in relazione al reato ascrittogli, non i relativi presupposti.

Con il secondo costui lamentava la violazione di norme processuali per vizio di travisamento della prova.

Con il terzo si eccepiva il vizio di motivazione in relazione all’omessa valutazione della memoria ex art. 121 cod. proc. pen..

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione

Il ricorso veniva ritenuto fondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si osservava prima di tutto che il reato previsto dall’art. 659 cod. pen. presuppone l’accertamento della capacità delle emissioni sonore di danneggiare potenzialmente una collettività indistinta di persone (si vedano tra le più recenti, Cass., Sez. 3, n. 45262 del 12/07/2018 e n. 8351 del 24/06/2014, nelle quali si spiega che, in ragione della natura di reato di pericolo presunto, non è necessaria la prova dell’effettivo disturbo di più persone essendo sufficiente l’idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato).

Tal che se ne faceva conseguire come l’interesse tutelato dalla norma sia la pubblica tranquillità, sotto il profilo della pubblica quiete, la quale implica di per sé l’assenza di cause di disturbo per la generalità dei consociati e dunque, siccome l’evento disturbante deve avere la potenzialità di essere sentito da un numero indeterminato di persone, la contravvenzione in esame non sussiste allorché i rumori arrechino disturbo solo a determinati soggetti.

In relazione a quanto appena esposto, inoltre, gli Ermellini citavano i seguenti precedenti giurisprudenziali: “Cass., Sez. 1, n. 5578 del 06/11/1995, dep. 1996, (…) che ha escluso l’illecito penale, sussistendo invece quello civile nell’ambito dei rapporti di vicinato, nel caso di rumori prodotti in un edificio condominiale ove il disturbo sia arrecato ad un circoscritto numero di inquilini di appartamenti viciniori a quello di provenienza dei rumori, non essendo ravvisabile alcuna lesione o messa in pericolo del bene giuridico della pubblica tranquillità; n. 1406 del 12/12/1997, dep. 1998, (…) che ha escluso il reato nel caso di rumori arrecanti disturbo ai soli occupanti di un appartamento, all’interno del quale sono percepiti, e non ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita detta abitazione ovvero nelle zone circostanti, poiché, in tale ipotesi non si produce il disturbo, effettivo o potenziale, della tranquillità di un numero indeterminato di soggetti, ma soltanto di quella di persone definite; n. 1394 del 09/12/1999, dep. 2000, (…) che ha escluso il reato per l’abbaiare del cane che recava noia solo ai vicini di casa; n. 40393 del 08/10/2004 (…) secondo cui il giudice ha il compito di accertare se lo strepito dell’animale abbia caratteristiche tali per il suo modo di manifestarsi (intensità, frequenza, di giorno, di notte), o per le modalità dei luoghi (cane tenuto all’aperto, presenza di abitazioni), o per altri elementi risultanti dalle indagini espletate da costituire un potenziale disturbo per la quiete pubblica, costituita nella specie dal disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, a nulla rilevando la circostanza che lo strepito sia cessato, potendo tale fatto influire soltanto sulla data di consumazione del reato, ove lo si consideri eventualmente permanente”.

Ciò posto, declinando tali criteri ermeneutici in riferimento al caso di specie, i giudici di piazza Cavour – una volta rilevato che il Giudice di merito, avendo accertato il disturbo esclusivamente nei confronti del denunciante il quale aveva riferito di essere stato disturbato dai rumori del bar sovrastante la sua abitazione tanto che era intervenuto il personale dell’Arpam di Ascoli Piceno mentre il proprietario del bar aveva effettuato lavori di insonorizzazione del pavimento nel 2014 per ovviare alla lamentata situazione, si era limitato a considerare in diritto che i rumori avevano superato la normale tollerabilità senza preoccuparsi di indagare la diffusività degli stessi ed il potenziale danno ad una serie indeterminata di soggetti – ritenevano come la motivazione fosse inidonea a fondare la responsabilità penale per il reato ascritto perché mancava l’elemento oggettivo della fattispecie criminosa e, pertanto, per questa ragione, la sentenza impugnata veniva annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Conclusioni

La sentenza in esame è assai interessante nella parte in cui delimita la portata applicativa dell’art. 659 c.p. che, come è noto, prevede il reato contravvenzionale consistente nel disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone.

Difatti, in questa pronuncia, si afferma che il reato previsto dall’art. 659 cod. pen., presupponendo l’accertamento della capacità delle emissioni sonore di danneggiare potenzialmente una collettività indistinta di persone, fa sì che l’evento disturbante deve avere la potenzialità di essere sentito da un numero indeterminato di persone posto che l’interesse tutelato dalla norma de qua è la pubblica tranquillità, sotto il profilo della pubblica quiete, la quale implica di per sé l’assenza di cause di disturbo per la generalità dei consociati.

Da ciò deriva che la contravvenzione in esame non sussiste allorché i rumori arrechino disturbo solo a determinati soggetti.

La pronuncia in oggetto, di conseguenza, chiarisce che siffatto illecito penale può ritenersi configurabile solo nella misura in cui tale disturbo involga un numero indefinito di individui mentre, come appena visto, non rileva se siffatta molestia interessi solo specifiche persone.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale provvedimento, proprio perché spiega quando è applicabile tale norma incriminatrice, di conseguenza, non può che essere positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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