Quando il giudice per le indagini preliminari può prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero abbia richiesto l’emissione di decreto penale di condanna

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(Annullamento senza rinvio)

Il fatto

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sciacca con sentenza, ex art. 459 c.p.p., comma 3 e art. 129 c.p.p., assolveva un imputato dal reato contestatogli (art. 54 e 1161 Cod. Nav.) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Ricorreva in cassazione il Pubblico Ministero deducendo violazione di legge (art. 129 e 459 c.p.p.) in quanto l’assoluzione era stata pronunciata per mancanza delle prove relativamente al reato in accertamento.

Il giudice nella sentenza, difatti, aveva dato che le navi erano ormeggiate di punta con il relativo corpo morto ma si esprimeva per difetto del quadro probatorio per addivenire ad una condanna.

La giurisprudenza di legittimità, invece, è costante nell’indicare l’illegittimità della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari, richiesto dell’emissione di un decreto penale, per insussistenza o mancanza della prova (S.U. n. 18 del 1995).

Il P.M., dal canto, era stato privato della possibilità di integrare la prova ove necessario nella sede dibattimentale ove fosse necessario.

Si chiedeva pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva stimato fondato poiché il giudice per le indagini preliminari può, qualora lo ritenga, prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero abbia richiesto l’emissione di decreto penale di condanna solo per una delle ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 c.p.p., e non anche per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, alle quali, prima del dibattimento – non essendo stata la prova ancora assunta – l’art. 129 c.p.p. non consente si attribuisca valore processuale – Conf. Sez. Unite, 9 giugno 1995 n. 19, 20, 21, 22, (Sez. U, n. 18 del 09/06/1995 – dep. 25/10/1995; vedi anche Sez. 3, n. 45934 del 09/10/2014 – dep. 06/11/2014).

Difatti, se è vero che la sentenza di assoluzione ex art. 129 c.p.p. e art. 459 c.p.p., comma 3 potrebbe – in tesi – essere pronunciata anche quando risulti evidente che non possano essere più acquisite prove della sua colpevolezza: “Il giudice chiamato a valutare la richiesta di emissione del decreto penale di condanna può deliberare il proscioglimento, secondo il disposto degli artt. 459 e 129 c.p.p., solo quando risulti evidente la prova positiva dell’innocenza dell’imputato, o risulti evidente che non possono essere acquisite prove della sua colpevolezza, mentre l’analoga sentenza è preclusa quando l’infondatezza dell’accusa dovrebbe essere affermata mediante un esame critico degli elementi prodotti a sostegno della richiesta” (Sez. 5, n. 14981 del 24/03/2005), è altrettanto evidente che l’insufficienza di prove è prevista dall’art. 530 c.p.p., comma 2, e non dall’art. 129 c.p.p. poiché, mentre la sentenza ex art. 530 c.p.p., comma 2, è emessa dopo il dibattimento con l’acquisizione di tutte le prove richieste dalle parti e ammesse dal giudice, la sentenza ex art. 129 e 459 c.p.p., invece, è pronunciata allo stato degli atti con le prove che possono essere ancora acquisite nella sede naturale del dibattimento.

Allora, secondo il Supremo Consesso, solo la certezza argomentata dell’impossibilità in assoluto di nuove prove può far estendere anche in sede di richiesta di decreto penale l’eventualità dell’emissione di una sentenza ex art. 129 c.p.p. e art. 459 c.p.p., comma 3, sull’insussistenza probatoria.

Ciò posto, in relazione a tale quadro ermeneutico, gli Ermellini evidenziavano come la sentenza impugnata nell’ultima parte della sua motivazione cercasse di rappresentare proprio l’impossibilità di superare la situazione “di impasse probatorio” in relazione alla necessità di un accertamento tramite rilievi fotografici subacquei (della presenza di corpi morti) in quanto l’ormeggio di punta avrebbe potuto essere stato effettuato tramite l’utilizzo di ancore con esclusione del carattere permanente ed esclusivo dell’utilizzo dello specchio d’acqua da parte dei diportisti.

Tale deduzione del giudicante risultava però, ad avviso degli Ermellini, una congettura in quanto il giudice non aveva evidenziato una modifica dello stato dei luoghi con la rimozione definitiva di eventuali corpi morti (in genere costituiti da blocchi di cemento ai quali si agganciano con idonei funi o catene le imbarcazioni) che rendeva impossibili ulteriori accertamenti e non aveva neanche argomentato sulla possibilità concreta della visione diretta della P.G. dei corpi morti al momento del sequestro e dell’intervento; la P.G. avrebbe difatti potuto benissimo nel corso di un esame dibattimentale chiarire la situazione di fatto riscontrata per l’imbarcazione da diporto del ricorrente nel porto posto che il reato si configura proprio in relazione al tipo di ancoraggio del natante se fisso o mobile (Sez. 3, n. 49328 del 14/11/2013 – dep. 09/12/2013).

L’impossibilità (ulteriore) probatoria, quindi, era stata, per la Suprema Corte, solo assertiva e scollegata dai dati processuali e, comunque, la stessa non risultava essere evidente.

Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, veniva quindi affermato il seguente principio di diritto: “Il giudice chiamato a valutare la richiesta di emissione del decreto penale di condanna può pronunciare sentenza di proscioglimento, secondo il disposto degli artt. 129 e 459 c.p.p., solo quando risulti evidente la prova positiva dell’innocenza dell’imputato, o risulti evidente che non possono essere acquisite prove (ulteriori o anche integrative di quelle già raccolte dall’accusa) della sua colpevolezza, mentre l’analoga sentenza è preclusa quando l’infondatezza dell’accusa dovrebbe essere affermata mediante un esame critico degli elementi prodotti a sostegno della richiesta che si concluda per una incertezza probatoria“.

 

Conclusioni

 

La decisione in esame è assai interessante in quanto in essa si spiega quando il giudice per le indagini preliminari può prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero abbia richiesto l’emissione di decreto penale di condanna.

In tale pronuncia, difatti, è affermato il principio di diritto secondo cui il giudice, chiamato a valutare la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, può pronunciare sentenza di proscioglimento, secondo il disposto degli artt. 129 e 459 c.p.p., solo quando risulti evidente la prova positiva dell’innocenza dell’imputato o risulti evidente che non possono essere acquisite prove (ulteriori o anche integrative di quelle già raccolte dall’accusa) della sua colpevolezza mentre l’analoga sentenza è preclusa quando l’infondatezza dell’accusa dovrebbe essere affermata mediante un esame critico degli elementi prodotti a sostegno della richiesta che si concluda per una incertezza probatoria.

Questo provvedimento, quindi, può essere preso nella dovuta considerazione per verificare se il giudice, chiamato a considerare una richiesta di emissione del decreto penale di condanna, abbia correttamente emesso sentenza di proscioglimento a norma del combinato disposto articoli 129 e 459 c.p.p..

Il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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