In cosa consiste l’errore materiale rilevante ai fini della ammissibilità del rimedio di cui all’art. 625 bis cod. proc. pen.

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(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 625-bis)

Il fatto

Il Tribunale di Reggio Calabria, decidendo in merito alle imputazioni elevate nei confronti di una pluralità di persone per fatti di associazione a delinquere di stampo mafioso e per reati-fine, aveva, tra gli altri, riconosciuto uno di costoro responsabile del delitto di avere partecipato ad una cosca mafiosa e lo aveva condannato alla pena di anni 13 di reclusione.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, inoltre, aveva riconosciuto la continuazione tra il fatto per cui era intervenuta la condanna in primo grado ed altri fatti già giudicati ed aveva rideterminato la pena inflitta al predetto nella misura complessiva di anni 14 di reclusione.

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

L’odierno ricorrente, a mezzo dei difensori di fiducia, aveva impugnato la sentenza della Corte di Appello deducendo otto motivi di ricorso che la Sesta Sezione della Cassazione aveva giudicato in parte inammissibili ed in parte infondati.

A fronte di ciò, la difesa del condannato impugnato, quindi, impugnava questa sentenza della Sesta Sezione con ricorso ex art. 625 bis cod. proc. pen. lamentando l’errore di fatto su cui sarebbe incorsa la Suprema Corte.

Si deduceva come erroneamente i giudici di legittimità avessero ritenuto che ad essere tratto in arresto e condannato per detenzione di armi era stato il ricorrente laddove, come risultava dalla stessa sentenza impugnata, ad essere arrestato e condannato per tale motivo era stato un altro imputato nel medesimo procedimento con posizione stralciata in quanto trattata nelle forme del rito abbreviato; nella condanna adottata nei confronti di quest’ ultimo, inoltre, era stata esclusa la finalità di agevolazione del sodalizio criminoso e, quanto alla imputazione associativa, era stata esclusa la aggravante della disponibilità di armi; si segnalava come, per altro verso, erronea in fatto fosse stata l’affermazione secondo cui la disponibilità di armi da parte della cosca era stata affermata con sentenza passata in giudicato laddove, al contrario, con sentenza definitiva, tale aggravante era stata invece esclusa; del pari erronea, secondo la difesa, ed alla luce della univoca giurisprudenza della Cassazione, sarebbe stata inoltre l’affermazione circa l’irrilevanza della esclusione della aggravante in altro procedimento.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva dichiarato inammissibile alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si osservava a tal proposito, in particolar modo in punto di diritto, dopo essere stato postulato che, con l’introduzione del rimedio del ricorso straordinario per cassazione, il legislatore ha permesso di superare il principio della irrevocabilità e della immodificabilità delle sentenze della Corte di cassazione in tutti i casi in cui si palesi necessaria l’eliminazione di errori interni al giudizio di cassazione purché tali errori risultino essenziali attinenti ai presupposti di fatto della decisione stessa ed aventi natura percettiva nel senso che l’errore di fatto, verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’ad. 625-bis cod. proc. pen., consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. 2, Sentenza n. 41782 del 30/09/2015), che l’errore non valutativo, così conformato, deve avere inoltre il carattere della decisività, tale dunque da avere materialmente condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non si fosse verificato (Sez. 6, Sentenza n. 14296 del 20/03/2014) rilevandosi al contempo che l’errore materiale – unico rilevante ai fini della ammissibilità del rimedio di cui all’ad. 625 bis cod. proc. pen. – deve essere esclusivamente una fuorviata rappresentazione percettiva del tutto priva di contenuto valutativo (Sez. U., Sentenza n. 18651 del 26/03/2015).

Di conseguenza, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, gli Ermellini giungevano ad affermare che tale errore materiale, dovendo consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile, presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche, non consistere in un vizio di assunzione del fatto né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo, non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, ma non può tradursi in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali, vedendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio estraneo all’ambito di applicabilità del rimedio straordinario invocato.

Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, i giudici di piazza Cavour facevano presente come il ricorrente non avesse prospettato, in realtà, un errore di fatto avente un carattere della decisività trattandosi, per la Suprema Corte, all’evidenza, di un dato della motivazione (asseritamente erroneo) che non appare decisivo tenuto conto altresì del fatto che la Corte di Cassazione ha affermato (in continuità con Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002) che, in tema di ricorso straordinario per errore di fatto, l’errore che può essere rilevato ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p. è solo quello decisivo che abbia condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non si fosse verificato (Sez. 6^, n. 14296 del 20/03/2014; vedi anche Sez. 2, n. 41782 del 30/09/2015), risultando quindi chiaro che una diversa disamina dei dati fattuali non avrebbe potuto certamente in alcun modo consentire di ribaltare la pronunzia in ordine alla configurabilità dell’ aggravante de qua.

Conclusioni

La decisione in questione è interessante nella parte in cui si spiega, in modo preciso e circostanziato, in cosa consiste l’errore materiale che può rilevare per proporre ricorso straordinario per questo errore a norma dell’art. 625-bis c.p.p..

Difatti, in questa pronuncia, è postulato che un errore materiale di tal tipo è configurabile nella misura in cui esso: 1) consista in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) presenti i caratteri della evidenza e della obiettività sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 3) non consista in un vizio di assunzione del fatto né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo.

Tale sentenza, quindi, ben può essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare la sussistenza di questo errore che, come è noto, unitamente all’errore di fatto, può consentire di proporre ricorso straordinario a norma dell’art. 625-bis c.p.p..

Il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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