In materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore prontamente reperibile nominato in udienza

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In materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore prontamente reperibile nominato in udienza, – in sostituzione del difensore di ufficio – che, in violazione degli obblighi di diligenza, abbia omesso di informare il difensore di ufficio assente circa lo sviluppo del processo e la pronuncia della sentenza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto, non può essere considerata ipotesi di caso fortuito, nè di forza maggiore

Cassazione penale, sez. I, 27 novembre 2020 (ud. 27 novembre 2020, dep. 21 dicembre 2020), n. 36821 (Presidente Tardi, Relatore Aprile)

(Ricorso rigettato)

Il fatto

La Corte d’appello di Napoli rigettava le istanze avanzate nell’interesse volte a ottenere la rescissione del giudicato ex art. 629-bis c.p.p. in relazione ad una sentenza emessa dal Tribunale di Nola nonché la restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p. per proporre appello avverso la detta sentenza.

In particolare, era stata esclusa la ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 175 c.p.p. derivante dalla presunta negligenza del difensore il quale, pur in presenza di chiari e precisi accordi con l’imputato, ometteva di proporre appello avverso la sentenza non avvedendosi del termine breve di 15 giorni dalla pronuncia della sentenza con motivazione contestuale.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Ricorreva l’istante, a mezzo del suo difensore il quale, limitatamente alla restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p., denunciava il vizio della motivazione perché sussisteva il caso fortuito derivante dalla circostanza che il difensore d’ufficio, pur avendo mantenuto costanti contatti con l’imputato, non si presentava all’udienza all’esito della quale il Tribunale pronunciava la sentenza con motivazione contestuale e, erroneamente, faceva affidamento sul termine ordinario di impugnazione.
In particolare, il ricorso deduceva l’inapplicabilità della giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 55106 del 18/10/2017) citata dalla Corte d’appello di Napoli perché il difensore non era legato da incarico fiduciario essendo stato nominato di ufficio e perché era stato concluso, come risulta dalla nota a firma del ridetto difensore, un espresso accordo verbale in forza del quale in occasione dell’ultima udienza il difensore avrebbe dovuto comunicare l’esito del processo all’imputato impegnandosi quindi a proporre l’eventuale impugnazione e comunque ad avvisare lo stesso dei motivi della condanna in tempo utile per proporre appello.

Risultava, invece, ad avviso del ricorrente, che nonostante la diligenza dell’imputato, il quale aveva mantenuto stabili collegamenti con il difensore e gli aveva attribuito lo specifico compito di tenerlo informato della pronuncia della sentenza, il difensore, che non aveva partecipato all’udienza di discussione finale, non si era accorto che l’appello andava proposto entro il termine breve così rendendo impossibile per un caso fortuito, cioè imprevedibile e non evitabile, il deposito dell’atto di impugnazione.
Non poteva dunque essere posto a carico dell’imputato un ulteriore onere di diligenza, consistente nel vigilare sull’attività del proprio difensore, avendo egli fatto ragionevole affidamento sull’incarico conferito al difensore il quale non si era attenuto agli obblighi previsti dall’art. 1176 c.c..

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso che, ravvisava la Suprema Corte, non censurava il rigetto dell’istanza ex art. 629-bis c.p.p., era reputato infondato nella parte in cui criticava la decisione impugnata sotto l’angolo visuale dell’art. 175 c.p.p..

Si evidenziava a tal proposito come la giurisprudenza di legittimità sia costantemente orientata ad affermare che “il mancato o l’inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non sono idonei a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore – che legittimano la restituzione nel termine -, poiché consistono in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché non può essere escluso, in via presuntiva, un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo” (Sez. 6, n. 3631 del 20/12/2016 dep. 2017) rilevandosi al contempo come tale principio di diritto trovi applicazione anche nel caso dell’inadempimento del difensore di ufficio in quanto siffatto principio, costantemente seguito dalla Corte di legittimità, ad avviso degli Ermellini, trova applicazione, per identità di ratio, anche quando il patrocinio è assegnato d’ufficio in quanto la sentenza delle Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, ha chiarito che “in materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore d’ufficio, che, in violazione degli obblighi di diligenza, abbia omesso di informare il difensore circa il mancato accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 c.p.p., non può essere considerata, per gli effetti dell’art. 175 c.p.p., comma 1, ipotesi di caso fortuito, nè di forza maggiore” ed è perciò evidente, sempre per il Supremo Consesso, che, per ciò che concerne gli obblighi professionali che incombono al difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, non esiste alcuna differenza nel nostro ordinamento processuale ridondando, semmai, la questione sull’onorario spettante al difensore di fiducia che abbia in ipotesi adempiuto in modo negligente al mandato.

Oltre a ciò, veniva altresì fatto presente che  la rimessione nel termine per proporre impugnazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 175 c.p.p., il quale ne individua le possibili cause nella forza maggiore o nel caso fortuito denotandosi al contempo che l’elaborazione giurisprudenziale della Cassazione, in relazione ai concetti di forza maggiore e caso fortuito, consente di ritenere ormai pacifico che costituisce causa di forza maggiore quel fatto umano o naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che, perciò, è irresistibile, mentre si definisce caso fortuito ogni evento non evitabile con la normale diligenza e non imputabile al soggetto a titolo di colpa o dolo.

Ciò che caratterizza, dunque, il caso fortuito è la sua “imprevedibilità“, mentre nota distintiva della forza maggiore è l’elemento della “irresistibilità” mentre connotazione comune a entrambi è l’”inevitabilità” del fatto.

Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso in esame, si osservava che il difensore d’ufficio presente all’udienza ex art. 97 c.p.p., comma 4 – rivestiva la qualifica di sostituto ai sensi dell’art. 102 c.p.p. e, quindi, esercitando gli stessi diritti e dovendo assumere gli stessi doveri del difensore di ufficio assente, per i giudici di piazza Cavour, costui aveva violato gli obblighi di diligenza che gli incombevano in quanto era tenuto ad avvertire il difensore dello sviluppo ed esito del giudizio e, in particolare, che era stata emessa una sentenza di condanna dell’imputato e che decorrevano i termini per impugnarla.

Ciò che in questa sede rilevava, ai fini della fondatezza dell’istanza di rimessione in termini, per la Suprema Corte, era stabilire se la mancata conoscenza dell’esito del processo di primo grado, da parte di C. e del suo difensore di ufficio, sia stato determinato da caso fortuito o da forza maggiore e, a tale quesito, sempre per gli Ermellini, era stata data legittimamente, dalla Corte d’Appello, risposta negativa dal momento che non si verteva in un’ipotesi di evento non evitabile con la normale diligenza, nè di causa di forza maggiore, cioè di evento irresistibile, visto che, con un comportamento improntato a normale diligenza (accesso nella cancelleria del giudice che doveva celebrare il dibattimento), il difensore avrebbe potuto conoscere per tempo che era stata pronunciata una sentenza di condanna e presentare l’impugnazione essendo egli, del resto, a conoscenza della data dell’udienza di discussione.

D’altra parte, sempre ad avviso dei giudici di legittimità ordinaria, le omissioni eventualmente ascrivibili al difensore, nominato ex art. 97 c.p.p., comma 4, non aveva dato luogo a un evento irresistibile, né imprevedibile e, dunque, inevitabile posto che costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita dato che il difensore nominato d’ufficio, ove sia impedito di partecipare a singole attività processuali, deve darne tempestiva e motivata comunicazione all’autorità procedente ovvero incaricare della difesa un collega che, ove accetti, è responsabile dell’adempimento dell’incarico (art. 26 Codice deontologico forense) sicché egli non risulta esonerato dall’obbligo di diligenza mentre ciò rende ragione dell’insussistenza di una ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, dovendosi, semmai, ascrivere l’evento verificatosi alla violazione di un obbligo professionale che incombe sul difensore.

Ciò posto, si evidenziava, del resto, che costituisce un principio indiscusso quello di equiparazione della difesa di fiducia a quella d’ufficio e, con riferimento al potere di impugnazione, il riconoscimento di un autonomo potere in capo al difensore nominato in sostituzione ex art. 97 c.p.p., comma 4 avendo il massimo consesso giudiziario, da tempo, chiarito quanto segue: “poiché il nuovo codice di procedura penale ha realizzato, in attuazione della direttiva n. 105 della Legge-Delega, la sostanziale equiparazione della difesa di ufficio a quella di fiducia, nel senso che anch’essa si caratterizza per l’immutabilità del difensore fino all’eventuale dispensa dall’incarico o all’avvenuta nomina fiduciaria, il diritto di impugnazione riservato in via autonoma al difensore ai sensi dell’art. 571 c.p.p., comma 3, compete al difensore di ufficio a suo tempo designato dal giudice o dal pubblico ministero, che va considerato titolare dell’ufficio di difesa anche al momento del deposito del provvedimento impugnabile, pur se, in costanza di una delle situazioni previste dall’art. 97 c.p.p., comma 4, egli sia stato momentaneamente sostituito. Tuttavia, per l’esigenza di non costringere la sostituzione del difensore di ufficio in limiti temporali aprioristicamente determinati o di correlarla a cadenze o a momenti processuali prestabiliti e per l’impossibilità di pretendere dal difensore “sostituito” comunicazioni circa le cause ed i tempi di durata dell’impedimento, può ritenersi utilmente proposta l’impugnazione da parte del difensore “sostituto” che, nei tempi e con le forme prescritte dalla legge, abbia preso l’iniziativa di presentare gravame a fronte del silenzio del difensore “sostituito”; tale intervento, che di per sé costituisce un’innegabile forma di garanzia per l’imputato e di salvaguardia dei suoi interessi, non produce tuttavia effetti vincolanti per il difensore titolare dell’ufficio, al quale va coerentemente riconosciuto il diritto, se ancora nei termini, di proporre l’impugnazione, così superando quanto fatto in sua vece” (Sez. U, n. 22 del 11/11/1994).

L’esistenza di un tale autonomo potere di impugnazione, per il Supremo Consesso, pone, in effetti, al riparo l’assistito da qualunque conseguenza derivante dall’assenza del proprio patrocinatore dall’udienza in cui è stata pronunciata la sentenza, poiché attribuisce al sostituto processuale, in disparte l’obbligo di informare il difensore titolare, un autonomo potere di impugnazione.

Tal che, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, veniva enunciato il seguente principio di diritto: “in materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore prontamente reperibile nominato in udienza ex art. 97 c.p.p., comma 4, – in sostituzione del difensore di ufficio di cui all’art. 97 c.p.p., comma 1, – che, in violazione degli obblighi di diligenza, abbia omesso di informare il difensore di ufficio assente circa lo sviluppo del processo e la pronuncia della sentenza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 c.p.p., non può essere considerata, per gli effetti dell’art. 175 c.p.p., comma 1, ipotesi di caso fortuito, nè di forza maggiore“.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui è ivi postulato il principio di diritto secondo il quale, in materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore prontamente reperibile nominato in udienza ex art. 97 c.p.p., comma 4, – in sostituzione del difensore di ufficio di cui all’art. 97 c.p.p., comma 1, – che, in violazione degli obblighi di diligenza, abbia omesso di informare il difensore di ufficio assente circa lo sviluppo del processo e la pronuncia della sentenza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 c.p.p., non può essere considerata, per gli effetti dell’art. 175 c.p.p., comma 1, ipotesi di caso fortuito, nè di forza maggiore.

E’ dunque sconsigliabile chiedere la restituzione nel termine ove si verifichi una situazione di questo genere.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché fa chiarezza su cotale tematica giuridica, quindi, non può che essere positivo.

 

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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