L’omessa valutazione del ricorso per Cassazione proposto dal difensore

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L’omessa valutazione del ricorso per Cassazione proposto dal difensore, trasmesso dalla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento separatamente e in un tempo diverso rispetto al ricorso personale dell’imputato, dichiarato inammissibile dalla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen., costituisce un’omissione materiale

(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Riferimenti normativi: Cod. proc. pen., art. 613, 625-bis, c. 3)

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Il fatto

La Corte di Cassazione, settima sezione penale, aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso personalmente proposto da un detenuto avverso un’ordinanza con cui il Tribunale di sorveglianza di Firenze aveva rigettato il reclamo ex art. 35-ter ord. pen. avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza che gli aveva negato il rimedio risarcitorio in riferimento ai periodi di carcerazione sofferti in condizioni inumane e degradanti nel carcere di Napoli – Secondigliano per la mancanza di acqua calda nelle celle e nei locali doccia e presso l’istituto di San Gimignano in ragione del cattivo stato di manutenzione dei locali doccia e della non potabilità dell’acqua.

Ciò posto, a sua volta il Presidente della Prima Sezione penale della Corte di Cassazione, rilevato che avverso la medesima ordinanza aveva proposto ricorso anche il difensore del detenuto e che per un disguido detto ricorso non era stato inoltrato alla Corte insieme a quello a firma del solo interessato, aveva disposto una nuova iscrizione del ricorso a firma del difensore la cui trattazione era stata fissata per l’odierna udienza.

Si osservava allora come il Tribunale di sorveglianza di Firenze avesse rigettato il reclamo ex art. 35-ter ord. pen. avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza gli aveva negato il rimedio risarcitorio in relazione ai periodi di carcerazione trascorsi asseritamente in condizioni di trattamento inumano e degradante presso il carcere di Napoli – Secondigliano e presso l’istituto di San Gimignano sottolineandosi a tal riguardo che il computo dello spazio individuale fruibile all’interno della cella di detenzione era stato operato detraendo dalla superficie lorda l’area destinata ai servizi igienici e quella occupata da strutture tendenzialmente fisse; in particolare, quanto al carcere di Napoli – Secondigliano, veniva rilevato come la mancanza di acqua calda nelle celle fosse stata compensata dalla possibilità di fruirne nei locali comuni delle docce e che furono effettuati i necessari interventi di manutenzione per fare fronte al malfunzionamento dell’impianto.

In ordine al periodo di detenzione presso l’Istituto di San Gimignano, veniva altresì fatto presente come le condizioni generali di detenzione fossero accettabili e che pertanto il cattivo stato di manutenzione delle docce, con presenza di muffe, non si era risolto in un pregiudizio tale da configurare una violazione dell’art. 3 Cedu.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Con il ricorso prima menzionato il difensore aveva dedotto difetto di motivazione posto che la relazione dell’Amministrazione penitenziaria in riguardo al periodo di detenzione nel carcere di Napoli – Secondigliano, versata in atti, non avrebbe superato i rilievi mossi dal detenuto e pertanto dovevano ritenersi vere le circostanze riferite in ordine alle carenze igienico-sanitarie, alla mancanza endemica di acqua calda in cella, all’impossibilità di spegnere le luci direttamente dalla cella, alle infiltrazioni di umidità capaci di rendere malsano l’ambiente, alle carenze di attività ricreative e alla inspiegabile riduzione delle ore di aria.

Analoghe osservazioni venivano fatte in riferimento al periodo di detenzione presso l’Istituto di San Gimignano, dal momento che la relazione dell’Amministrazione non aveva preso posizione sulla questione della mancata fruizione di zone comune a causa della presenza costante di soggetti fumatori che avrebbe esposto alle nocive conseguenze del fumo passivo.

Doveva allora applicarsi, ad avviso del ricorrente, il principio di non contestazione e ritenere provate le affermazioni dell’impugnante.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva ritenuto non meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.

Si osservava a tal proposito prima di tutto che, quando era stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto personalmente dall’interessato, non era agli atti il ricorso proposto dal difensore sicché non poteva dirsi, ad avviso degli Ermellini, a stretto rigore, che la Corte di cassazione, con la decisione di inammissibilità, fosse incorsa in un errore materiale o di fatto, in una svista, in una errata lettura degli atti interni al giudizio dal momento che quel ricorso non era nella sua disponibilità.

Nessun errore poteva quindi essere stato compiuto dalla Corte di Cassazione appunto perché il ricorso del difensore non era stato trasmesso e non era dunque nella disponibilità della Corte di Cassazione al momento in cui era stata emessa la pronuncia di inammissibilità.

Nel caso in esame, sempre secondo il Supremo Consesso, non trovava nemmeno applicazione la procedura di correzione dell’errore di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen., che invece si sarebbe attivata ove il ricorso da esaminare fosse stato trasmesso alla Corte di cassazione prima della pronuncia su quello presentato personalmente dall’interessato per il principio di diritto secondo cui “l’omessa valutazione del ricorso per cassazione proposto dal difensore, trasmesso dalla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento separatamente e in un tempo diverso rispetto al ricorso personale dell’imputato, dichiarato inammissibile dalla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen., costituisce un’omissione materiale, che deve essere emendata, anche d’ufficio, con la procedura di correzione di cui all’art. 625-bis, comma 3, la cui attivazione non è soggetta al rispetto del termine di novanta giorni dalla deliberazione della sentenza, prescritto soltanto per il ricorso straordinario per errore percettivo” – Sez. 1, n. 33567 del 21/5/2019 -.

Precisato ciò, si postulava come il ricorso non meritasse considerazione per le ragioni di seguito esposte.

Il Tribunale di sorveglianza, con motivazione adeguata, aveva premesso come la superficie fruibile della cella di detenzione fosse stata correttamente computata secondo il criterio della detrazione delle aree destinate ai servizi igienici o occupate dagli arredi fissi, ivi compreso il letto se “a castello” e aveva quindi dato conto, basandosi anche sulle informazioni rese dall’Amministrazione penitenziaria, delle ragioni per le quali i disagi lamentati in riferimento a quei periodi detentivi non avevano potuto costituire le condizioni di un trattamento carcerario connotato da disumanità.

Su questa articolazione del provvedimento impugnato il ricorso si era quindi limitato ad affermare che la relazione dell’Amministrazione penitenziaria non aveva risposto ad alcune delle questioni poste e aveva concluso invocando “l’applicazione della fictio iuris sul principio di non contestazione” avanzando al contempo richiesta di ritener provate le affermazioni del reclamo non espressamente confutate dall’Amministrazione penitenziaria.

In tal modo, per il Supremo Consesso, non erano stati prosepttati, con la necessaria specificità, i vizi del provvedimento, ma, al più, carenze di istruttoria, avanzando rilievi che ben avrebbero potuto (e dovuto) esser mossi nella sede di merito.

Nessuna censura, di conseguenza, era stato espressamente articolato in merito al provvedimento impugnato fatta eccezione della rubrica di intitolazione del motivo ove vi era un riferimento al difetto di motivazione “per travisamento della documentazione di rilevante decisività inerente al tessuto argomentativo dell’impugnata ordinanza” fermo restando però che dall’esposizione ben si comprendeva per la Cassazione come le critiche fossero state interamente rivolte al contenuto delle deduzioni dell’Amministrazione penitenziaria e quindi solo indirettamente e implicitamente e, pertanto, con inevitabile genericità, al provvedimento impugnato, per la parte in cui non avrebbe dato conto compiutamente delle ragioni della decisione a fronte di fatti e circostanze dedotte e sostanzialmente ignorate.

 

Conclusioni

 

La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui si afferma, citandosi un precedente conforme, che l’omessa valutazione del ricorso per Cassazione proposto dal difensore, trasmesso dalla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento separatamente e in un tempo diverso rispetto al ricorso personale dell’imputato, dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen., costituisce un’omissione materiale che deve essere emendata, anche d’ufficio, con la procedura di correzione di cui all’art. 625-bis, comma 3, cod. proc. pen. la cui attivazione non è soggetta al rispetto del termine di novanta giorni dalla deliberazione della sentenza essendo ciò prescritto soltanto per il ricorso straordinario per errore percettivo.

Di conseguenza, ben può attivarsi questa procedura ove si verifichi una situazione di questo tipo richiamandosi quanto statuito in siffatto provvedimento.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su questa particolare tematica procedurale, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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