Cosa è tenuto a provare chi invochi il dissequestro e la restituzione del mezzo utilizzato per il trasporto dei migranti

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(Ricorso rigettato)

Il fatto

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala disponeva l’archiviazione di un procedimento a carico di ignoti per il reato di cui all’art. 12 d.lgs. n. 286/1998, ordinando, ai sensi dell’art. 12, comma 4 ter, del citato decreto, la confisca del natante utilizzato per commettere il reato e, per l’effetto, rigettando la richiesta di restituzione del gommone avanzata nell’interesse del proprietario di questo natante.

Ciò posto, dal canto suo il Tribunale di Trapani, adito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., qualificato l’appello interposto avverso l’indicato provvedimento come incidente di esecuzione, disponeva la trasmissione degli atti al competente giudice dell’esecuzione.

Con ordinanza, il G.i.p. del Tribunale di Marsala, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’opposizione rinnovando il diniego di restituzione del bene, già in sequestro e successivamente confiscato osservando a tal proposito che l’istante non aveva offerto prova della titolarità del diritto sul bene così come era pure infondata la sua deduzione di essere estraneo al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina perché il natante gli sarebbe stato rubato.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso l’ordinanza appena menzionata veniva proposto ricorso per Cassazione dall’interessato a mezzo del difensore deducendo violazione di legge (artt. 125 cod. proc. pen., 240 cod. pen. e 12, comma 4 ter, D.Igs. n. 286/1998) con riferimento alla erronea applicazione dei parametri di estraneità al reato e di buona fede del terzo, proprietario del bene confiscato.

Secondo il ricorrente, infatti, l’iter argomentativo del provvedimento era privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, dunque, inidoneo a rendere comprensibile il discorso giustificativo della decisione essendo il ricorrente del tutto estraneo alla vicenda relativa all’immigrazione clandestina degli extracomunitari identificati a bordo dell’imbarcazione di sua proprietà non avendo beneficiato dei profitti da essa derivati, né ricorrevano le condizioni per poter configurare a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui fosse derivata la possibilità dell’altrui uso illecito del bene dal momento che il natante gli era stato sottratto mentre si trovava in custodia in un cantiere nautico in forza di regolare contratto di locazione di ormeggio, come comprovato dagli allegati tagliandi di pagamento.

La ritenuta strumentalità della denuncia di furto, che si assumeva essere stata presentata solo dopo aver appreso l’insuccesso della traversata, si basava, per la difesa, sulla erronea valorizzazione delle dichiarazioni dei migranti, affatto contraddittorie nell’indicazione del giorno, ma soprattutto del luogo da cui aveva avuto inizio il viaggio mentre, quanto alla non dimostrata proprietà del mezzo chiesto in restituzione (riscontrata dai documenti allegati al ricorso), solo per mero errore il ricorrente aveva prodotto a corredo dell’istanza documentazione relativa ad altra imbarcazione.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

La Cassazione osservava in via preliminare come non potesse essere condivisa la richiesta del concludente Procuratore generale di qualificare il ricorso come opposizione avendo il ricorrente avanzato richiesta di restituzione prima del provvedimento con cui, essendo stata disposta l’archiviazione del procedimento, erano stati altresì disposti il rigetto dell’istanza di restituzione del natante e la confisca del medesimo bene.

Il rimedio dell’opposizione alla statuizione di diniego della restituzione della res, dunque, ad avviso del Supremo Consesso, era stato già esperito con l’atto di appello, di poi qualificato come incidente di esecuzione sicché correttamente la decisione assunta risultava essere stata impugnata con il ricorso per Cassazione.

Premesso ciò, nel merito l’impugnazione appariva essere quanto meno infondata avendo il giudice dell’esecuzione, per la Corte di legittimità, fatto corretta interpretazione ed esatta applicazione del principio in forza del quale “In materia di reati di immigrazione clandestina, il terzo, che invochi il dissequestro e la restituzione del mezzo utilizzato per il trasporto dei migranti, è tenuto a provare, oltre alla titolarità del diritto vantato, anche l’estraneità al reato, intesa come assenza di condizioni in grado di configurare a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell’uso illecito della cosa” (Sez. 1, n. 48673 del 23/09/2015; Sez. 1, n. 68 del 17/10/2013; Sez. 1, n. 45473 del 25/10/2005).

Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, gli Ermellini ritenevano come fosse del tutto evidente che il ricorrente non aveva fornito dimostrazione dei fatti costitutivi della sua pretesa in quanto, da un lato, non era stata offerta la prova della titolarità del diritto vantato giacché, come espressamente ammesso, il ricorrente aveva erroneamente presentato a corredo dell’istanza documentazione relativa ad altro natante e tanto già era sufficiente, per la Corte, a destituire di fondamento l’impugnazione dal momento che la relativa documentazione allegata al ricorso non era esaminabile da questo giudice di legittimità potendo semmai costituire sopravvenienza oggettiva da far eventualmente valere con nuova istanza al giudice di merito, dall’altro, dal testo del provvedimento impugnato non emergeva alcun riferimento alla circostanza che il furto del natante si sarebbe consumato all’interno di un cantiere nautico ove il battello si trovava regolarmente ormeggiato.

Oltre a ciò, veniva altresì fatto presente, sebbene l’impugnante avesse articolato mirate deduzioni funzionali a contestare il congruo argomentare del giudice dell’esecuzione che aveva stimato niente affatto decisiva e dirimente la denuncia del furto dell’imbarcazione, come la sua attendibilità fosse seriamente minata dalle dichiarazioni dei migranti rinvenuti a bordo dell’imbarcazione avendo costoro concordemente riferito di essere partiti tre giorni prima (quindi in data antecedente alla esecuzione dell’azione predatoria) e di essere alla deriva da due giorni.

Veniva quindi ritenuto, da parte dei giudici di merito, e ribadito in Cassazione, di non potersi considerare il ricorrente estraneo al reato ipotizzato a di carico di ignoti nel procedimento archiviato, impeccabilmente rilevando in diritto che, ai fini della qualifica di persona estranea al reato, non è sufficiente che il soggetto non abbia veste di concorrente nel reato, ma occorreva altresì che lo stesso non avesse beneficiato in alcun modo dei profitti derivati e che versasse in una posizione soggettiva di affidamento incolpevole o buona fede mentre, nel caso all’esame, ad avviso della Suprema Corte, la parte istante non era riuscita a dimostrare l’insussistenza di alcun tipo di colpevole collegamento, diretto o indiretto, ancorché non punibile, con la consumazione dell’illecito.

Da quanto sin qui esposto se ne faceva discendere la reiezione del ricorso con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante specialmente nella parte in cui, citandosi giurisprudenza conforme, si afferma che, in materia di reati di immigrazione clandestina, il terzo, che invochi il dissequestro e la restituzione del mezzo utilizzato per il trasporto dei migranti, è tenuto a provare, oltre alla titolarità del diritto vantato, anche l’estraneità al reato, intesa come assenza di condizioni in grado di configurare a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell’uso illecito della cosa.

Da ciò deriva che, ove vengano contestati reati di questo genere, per ottenere il dissequestro e la restituzione del mezzo utilizzato per il trasporto dei migranti, per il terzo interessato, non basta provare l’esistenza della titolarità di un diritto di questo mezzo, essendo altresì richiesto che costui dimostri la sua estraneità rispetto al reato commesso, da doversi intendere in senso rigoroso, vale a dire, come appena visto, nei termini di assenza di condizioni in grado di configurare a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell’uso illecito della cosa fermo restando che, come sempre chiarito in tale sentenza, ai fini della qualifica di persona estranea al reato, non è sufficiente che il soggetto non abbia veste di concorrente nel reato occorrendo altresì che lo stesso non avesse beneficiato in alcun modo dei profitti derivati dovendo versare in una posizione soggettiva di affidamento incolpevole o buona fede.

Tale pronuncia, di conseguenza, deve essere presa nella dovuta considerazione ogni volta si chieda il dissequestro e la restituzione di un mezzo utilizzato per il trasporto (illegale) di migranti.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica giuridica, non può che essere positivo.

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