La mancata comparizione in udienza dell’imputato detenuto, che abbia rinunciato ad essere presente, non dà luogo a contumacia ma a mera assenza

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(Annullamento con rinvio)

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., artt. 420-quater, c. 3, 420-quinquies)

Il fatto

Il Tribunale di Pistoia, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta nell’interesse di C. G. con cui si chiedeva la sospensione dell’ordine di esecuzione emesso con riferimento alla condanna alla pena di anni uno e mesi due di reclusione ed euro 300 di multa.

Secondo il Giudice, esattamente non era stato notificato all’imputato l’estratto contumaciale della sentenza di condanna poiché l’imputato, già dichiarato contumace, non era comparso all’udienza fissata dopo la richiesta di rinvio per legittimo impedimento, condotta che equivaleva ad una rinunzia a partecipare al processo.

In particolare, all’udienza del 15/1/2013, C. risultava detenuto per altra causa e la difesa aveva ottenuto il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento mentre successivamente era stato scarcerato in conseguenza della concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale e, quindi, si trovava in regime di libertà ma non era comparso all’udienza fissata, all’esito della quale, era stata pronunciata la sentenza.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Ricorreva per cassazione il difensore di C. G. deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al rigetto dell’istanza di restituzione nel termine per impugnare.

Per approfondire questo tema leggi anche “Procedimento ed esecuzione penale” di Cristina Marzagalli.

Il ricorrente osservava a tal riguardo che, alla data dell’udienza del 15/1/2013, lo stesso era detenuto e, quindi, esattamente era stato riconosciuto il legittimo impedimento a comparire seppure lo stato di detenzione fosse stato comunicato informalmente dal difensore mentre, all’udienza successiva del 14/5/2013, nella quale era stata pronunciata la sentenza, si trovava in affidamento in prova al servizio sociale presso una Comunità.

Ciò posto, si faceva altresì presente come non emergeva da alcun atto che l’imputato avesse avuto conoscenza dell’udienza di rinvio fissata cosicché non era giustificabile la revoca della dichiarazione di contumacia e la dichiarazione di assenza.

A fronte di tale stato delle cose, il ricorrente, una volta richiamava la norma dell’art. 175, comma 2 bis cod. proc. pen. sulla restituzione nel termine per proporre impugnazione ad una sentenza, sottolineandosi al contempo l’inversione dell’onere della prova relativa alla conoscenza del processo, sosteneva che l’estratto contumaciale avrebbe dovuto essere notificato all’imputato che non aveva mai rinunciato ad intervenire nel processo.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva ritenuto fondato sebbene per un motivo differente ed assorbente rispetto a quello esposto in ricorso che a sua volta comportava l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

Si osservava a tal proposito prima di tutto come l’incidente di esecuzione promosso nell’interesse di G. C.  avesse ad oggetto la contestazione della irrevocabilità della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 670, comma 1, cod. proc. pen. in ragione del mancato decorso del termine per l’impugnazione a sua volta dipendente dall’omessa notifica dell’estratto contumaciale e, pertanto, le deduzioni concernenti l’applicazione dell’art. 175 cod. proc. pen. svolte dal ricorrente erano ritenute dalla Corte estranee all’oggetto del procedimento stante il fatto che, in realtà, la difesa di C. non chiedeva di essere restituita nel termine per impugnare (istanza che avrebbe presupposto l’esistenza di un termine già scaduto) ma deduceva la mancata decorrenza del termine per l’impugnazione in ragione del mancato rispetto del dettato dell’art. 548, comma 3 cod. proc. pen. e, quindi, la non irrevocabilità della sentenza di condanna.

Premesso ciò, gli ermellini rilevavano come non apparisse convincente l’argomentazione dell’ordinanza impugnata in ordine all’esattezza della qualificazione dell’imputato come “assente“, e non più contumace, adottata all’udienza dibattimentale del 14/5/2013 fermo restando che tale diversa qualificazione risultava essere decisiva poiché in tale udienza venne pronunciata la sentenza di condanna nei confronti dell’imputato e il cancelliere non eseguiva la notifica dell’estratto contumaciale prevista dall’art. 548, comma 3 cod. proc. pen. previgente dato che l’intera vicenda processuale ricade sotto il vigore della normativa anteriore alla disciplina introdotta dalla legge n. 67 del 2014.

Chiarito tale aspetto processuale, i giudici di piazza Cavour evidenziavano – una volta fatto presente che, ai sensi dell’art. 420 quater, comma 3, cod. proc. pen., se l’imputato dichiarato contumace compare in udienza, il giudice revoca l’ordinanza che ha dichiarato la contumacia – come, nel caso in esame, l’imputato era stato dichiarato contumace mentre, all’udienza del 15/1/2013, era stato dichiarato il legittimo impedimento in quanto costui era detenuto mentre, all’udienza successiva, lo stesso, non più detenuto, ma in stato di affidamento in prova al servizio sociale, non era comparso e, di conseguenza, l’imputato non era mai comparso in udienza ma il Tribunale di Pistoia aveva revocato la dichiarazione di contumacia ritenendo che la mancata comparizione all’udienza fissata dopo la richiesta di rinvio per legittimo impedimento equivalesse ad una rinuncia a presenziare al processo.

Detto questo, si denotava inoltre che, per confermare tale conclusione, il giudice dell’esecuzione avesse richiamato il principio secondo cui, all’imputato già dichiarato contumace che, indipendentemente dalla revoca formale dell’ordinanza dichiarativa della contumacia, risulti, alle successive udienze, rinunciante a comparire non è dovuta la notifica dell’estratto della sentenza, neanche nel caso in cui questa indichi erroneamente come attuale lo stato di contumacia (Sez. 1, n. 20463 del 27/01/2015 – dep. 18/05/2015, omissis, Rv. 263569) specificandosi altresì che, come ben si comprendeva dalla motivazione di quella sentenza, la pronuncia concerneva un imputato, già dichiarato contumace, che risultava essere stato detenuto per altra causa e che aveva fatto pervenire rinuncia a comparire per le udienze successive e, in effetti, ai sensi dell’art. 420 quinquies cod. proc. pen., non si applicano le disposizioni sulla contumacia se l’imputato detenuto rifiuta di assistere all’udienza posto che la rinuncia a comparire dell’imputato detenuto equivale alla sua assenza volontaria a norma dell’art. 420 quinquies cod. proc. pen., nel testo vigente al tempo del processo in esame e, quindi, giustifica la revoca della dichiarazione di contumacia; in altri termini, la revoca della contumacia interviene non solo nel caso di successiva comparizione in udienza dell’interessato ma anche in quello di espresso rifiuto di assistervi da parte dell’imputato detenuto.

Del resto, a sostegno di quanto appena esposto, il Supremo Consesso metteva in risalto il fatto come anche recentemente fosse stato ribadito che la mancata comparizione in udienza dell’imputato detenuto, che abbia rinunciato ad essere presente, non dà luogo a contumacia ma a mera assenza con la conseguenza che, in tal caso, non sussiste alcun obbligo di notifica dell’avviso di deposito della sentenza previsto solo per l’imputato contumace (Sez. 4, n. 22079 del 12/04/2018).

Orbene, declinando tale principio di diritto rispetto al caso di specie, i giudici di legittimità ordinaria osservavano come lo stesso giudice dell’esecuzione avesse dato atto che, alla data del 14/5/2013, data di celebrazione dell’ultima udienza, l’imputato non era più detenuto essendo sottoposto alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale rilevandosi al contempo che l’ordinanza de qua avesse richiamato la giurisprudenza costante della Suprema Corte secondo cui non costituisce legittimo impedimento dell’imputato a comparire il fatto che egli, essendo sottoposto ad affidamento in prova al servizio sociale, non abbia ottenuto, pur avendone fatto richiesta, l’autorizzazione a partecipare all’udienza atteso che l’affidamento in prova al servizio sociale è una modalità del trattamento in regime di libertà e non già una misura restrittiva della libertà personale per cui il soggetto che vi è sottoposto non deve chiedere alcuna autorizzazione per comparire ad un’udienza essendo solo tenuto a darne tempestiva notizia al servizio sociale (Sez. 1, n. 19216 del 30/11/2015; Sez. 2, n. 13493 del 18/03/2005).

Tal che se ne faceva conseguire che – anche prescindendo dalla mancata prova della conoscenza da parte dell’imputato della data dell’udienza – l’assenza dell’imputato all’udienza del 14/5/2013 non poteva portare alla revoca (espressa o tacita) della dichiarazione di contumacia perché non ne ricorrevano le condizioni: l’imputato non era comparso, non era detenuto e quindi non aveva espresso il rifiuto di assistere all’udienza, né aveva chiesto o consentito che l’udienza avvenisse in sua assenza.

In sostanza, se il giudice dell’esecuzione sembra ritenere che la richiesta di rinvio per legittimo impedimento, avanzata all’udienza precedente in forza dello stato di detenzione dell’imputato, avesse la valenza di richiesta di partecipare al processo e, quindi, sortisse l’effetto di rendere inefficace la dichiarazione di contumacia in precedenza adottata, invece, il mutamento dello stato dell’imputato, da contumace ad assente, aveva fatto venire meno l’obbligo di notificargli l’estratto contumaciale della sentenza e tale valutazione non poteva che essere formale non essendo possibile ampliare i casi di revoca della dichiarazione di contumacia previsti dal codice di rito sulla base di un’argomentazione sostanziale.

Conclusioni

La sentenza in commento è assai interessante nella parte in cui si afferma che la rinuncia a comparire dell’imputato detenuto equivale alla sua assenza volontaria a norma dell’art. 420 quinquies cod. proc. pen., nel testo vigente al tempo del processo in esame, vale a dire quello in vigore prima della riforma introdotta con la legge n. 67 del 2014, e, quindi, giustifica la revoca della dichiarazione di contumacia essendo stato per l’appunto postulato che la revoca della contumacia interviene non solo nel caso di successiva comparizione in udienza dell’interessato ma anche in quello di espresso rifiuto di assistervi da parte dell’imputato detenuto.

Tale criterio ermeneutico, tra l’altro, non rappresenta una novità nello scenario giurisprudenziale in quanto, come evidenziato in questa stessa pronuncia, già in precedenza la Corte di Cassazione aveva parimenti asserito che la mancata comparizione in udienza dell’imputato detenuto, che abbia rinunciato ad essere presente, non dà luogo a contumacia ma a mera assenza con la conseguenza che, in tal caso, non sussiste alcun obbligo di notifica dell’avviso di deposito della sentenza previsto solo per l’imputato contumace (Sez. 4, n. 22079 del 12/04/2018).

Di talchè ne discende che questa decisione non può non essere presa nella dovuta considerazione allorchè si verifichino situazioni processuali analoghe a quella trattata in questo provvedimento.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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