Quando la giurisdizione spetta al giudice ordinario anche per il reato militare in caso di connessione di reati

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(Dichiarata la giurisdizione del Tribunale di Cosenza)

Il fatto

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza rimetteva gli atti alla Corte di Cassazione perché si pronunciasse sul conflitto positivo di giurisdizione denunciato dalla difesa degli imputati nell’ambito di un procedimento penale intentato a loro carico dinanzi al predetto Tribunale ordinario di Cosenza per rispondere del delitto di cui agli artt. 110 e 479 cod. pen..

Esponeva quel giudice come, a carico degli imputati in ordine ai medesimi fatti, qualificati come violata consegna militare pluriaggravata in concorso – artt. 110 cod. pen., 47, n.2 e 120 commi 1 e 2, cod. pen. mil. pace -, fosse stata emessa richiesta di rinvio a giudizio davanti al Tribunale militare di Napoli e che, nella situazione di concorso formale, la competenza a conoscere del reato militare spetti al giudice militare mentre al giudice ordinario compete la cognizione del reato comune.

La richiesta formulata dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione

Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del dl. n. 137 del 2020, il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, rassegnate conclusioni scritte, chiedeva che venisse determinata la giurisdizione del giudice ordinario in ordine a tutti i reati ascritti agli imputati.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Gli Ermellini rilevavano prima di tutto come, dal raffronto delle accuse elevate nei due separati procedimenti, si traesse il convincimento della sussistenza del rapporto di connessione per concorso formale tra i reati rispettivamente contestati agli imputati, rilevante ai sensi dell’art. 12, lett. b), cod. proc. pen..

Premesso ciò, si faceva presente come le autorità giudiziarie occupatesi dei due processi avessero assunto per implicito determinazioni confliggenti per non avere entrambe declinato la giurisdizione e ricusato di prendere cognizione delle rispettive vicende processuali con ciò riconoscendo di essere dotati del potere di conoscere e definire, per le attribuzioni loro spettanti, il rispettivo giudizio.

Orbene, da tale situazione di dissenso rispetto all’adozione di provvedimenti necessari allo sviluppo del rapporto processuale (Sez. U, sent. n. 34655 del 28/06/2005; sez. 1, 06/07/2004; sez. 5, 16/06/1999), se ne faceva discendere anche la possibilità di un futuro contrasto tra giudicati il che, ad avviso del Supremo Consesso, giustificava la sollecitazione dell’intervento decisorio del giudice di legittimità.

Si osservava a tal proposito che se è noto che, anche per effetto della previsione contenuta nell’art. 103 Cost., comma 3, qualsiasi violazione della legge penale militare, integrante reato, offensiva di interessi dell’amministrazione militare e commessa da soggetto ad essa appartenente, appartiene alla giurisdizione esclusiva dell’autorità giudiziaria militare, tuttavia, tale principio generale va coordinato con la disposizione di cui all’art. 13, comma 2, cod. proc. pen. e con l’art. 103, comma 3, Cost..

Da ciò si giungeva alla conclusione secondo cui il riparto di potestà decisoria tra giudice ordinario e giudice militare attiene più propriamente alla giurisdizione e non alla competenza con l’ulteriore conseguenza che, in caso di connessione di reati, la potestas iudicandi spetta al giudice ordinario anche per il reato militare, ma soltanto a condizione che il reato comune sia da considerarsi di maggiore gravità alla stregua dei criteri di cui all’art. 16, comma 3, cod. proc. pen. essendosi in tal senso espresso l’orientamento costante della Cassazione (Sez. U, n. 18621 del 23/06/2016; Sez. 1 nr. 5680 del 15/10/2014; Sez. 1, n. 44514 del 28/09/2012; Sez. 1, n. 1110 del 01/12/2009; Sez. 1, n. 36418 del 21/05/2002).

Evidenziato tale approdo ermeneutico, i giudici di piazza Cavour rilevavano come in modo del tutto condivisibile si sia affermato che l’attrazione nella giurisdizione del giudice ordinario dei procedimenti per reati concorrenti, comuni e militari, opera solo se il reato comune è più grave di quello militare mentre negli altri casi le sfere di giurisdizione, ordinaria e militare, rimangono separate con la conseguenza che al giudice militare appartiene la cognizione dei reati militari e al giudice ordinario quella per i reati comuni. (Nella specie, relativa a procedimento per truffa militare, diserzione e falsità in certificazione amministrativa, il tribunale ordinario aveva declinato la giurisdizione in favore del tribunale militare che aveva proposto, limitatamente al reato comune, conflitto, risolto dalla Corte con la dichiarazione della giurisdizione ordinaria per il delitto di falso). (Sez. 1, n. 50012 del 01/12/2009).

Detto questo, si notava inoltre come sotto alcun profilo l’applicazione dell’art. 13 citato sia subordinata a valutazioni opinabili di opportunità di uno dei giudici chiamati a conoscere dei procedimenti distinti per i reati connessi, nè è richiesto, per rilevare l’operatività della connessione, che il rapporto processuale abbia raggiunto un determinato grado di sviluppo, oppure una fase specifica mentre, al contrario, la ratio sottesa alla connessione, identica in caso essa incida sulla distribuzione della competenza, piuttosto che della giurisdizione, ossia la concentrazione in capo ad un solo giudice della cognizione di più reati tra loro legati da un vincolo qualificante e richiedente il loro accertamento unitario e simultaneo, tale da evitare dispendio inutile di attività processuale e possibili contrasti decisori, opera in modo analogo, sia per la fase delle indagini preliminari, che per il giudizio, senza lasciare spazio a considerazioni di convenienza, non previste per legge, nell’individuazione del giudice naturale, secondo la previsione dell’art. 25 Cost..

L’unica condizione richiesta, quindi, è che, da un lato, i reati siano contestati in procedimenti pendenti, quindi non ancora definiti con sentenza passata in giudicato, dall’altro, che, durante le indagini preliminari, non sia sopraggiunto un provvedimento di archiviazione relativamente al reato ordinario, che rende operante la connessione: in tale situazione non può intervenire il principio della perpetuatio jurisdictionis per sostenere in relazione a tutti gli illeciti il permanere del potere cognitivo del giudice inizialmente individuato sulla base della connessione (Sez. 1, n. 1399 del 15/12/1999; Sez. 5, n. 736 del 12/02/1999; Sez. 1, n. 6442 del 17/11/1997).

Veniva, infine, ricordato che, per la risoluzione del conflitto di giurisdizione, la Corte di Cassazione, accertato il vincolo di connessione tra i reati contestati nelle diverse sedi processuali, è chiamata anche a valutare, discrezionalmente e in piena autonomia, la correttezza della qualificazione giuridica del fatto storico nelle sue componenti di condotta, evento e nesso causale, attribuita dall’uno o dall’altro giudice tenuto conto altresì del fatto che la verifica della maggiore gravità del reato va condotta in relazione alla contestazione formulata dal pubblico ministero, tranne che non siano riconoscibili errori macroscopici e immediatamente percepibili, dei quali è conseguente non tenere conto.

Alla luce dei richiamati principi si osservava pertanto come, nel caso di specie, dalle informazioni acquisite presso gli uffici coinvolti nel conflitto, non risultasse essere intervenuto un provvedimento di archiviazione riguardante il processo per il reato non militare, né sussistevano i presupposti per modificare, allo stato, la qualificazione giuridica dei fatti.

A ragione dei più elevati limiti edittali di pena irrogabili, veniva quindi riconosciuta la maggiore gravità del delitto di cui all’art. 479 cod. pen. contestato nel procedimento in corso presso il Tribunale di Cosenza cui apparteneva la cognizione per entrambi i reati in applicazione della regola di cui all’art. 13, comma 2, cod. proc. pen..

Veniva dunque dichiarata la giurisdizione del Tribunale di Cosenza cui si disponeva la trasmissione degli atti.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito quando la giurisdizione spetta al giudice ordinario anche per il reato militare nel caso di connessione di reati.

Difatti, in tale pronuncia, citandosi precedenti conformi, si afferma che, in caso di connessione di reati, la potestas iudicandi spetta al giudice ordinario anche per il reato militare, ma soltanto a condizione che il reato comune sia da considerarsi di maggiore gravità alla stregua dei criteri di cui all’art. 16, comma 3, cod. proc. pen. nel senso che l’attrazione nella giurisdizione del giudice ordinario dei procedimenti per reati concorrenti, comuni e militari opera solo se il reato comune è più grave di quello militare mentre, negli altri casi, le sfere di giurisdizione, ordinaria e militare, rimangono separate con la conseguenza che al giudice militare appartiene la cognizione dei reati militari e al giudice ordinario quella per i reati comuni.

Tale sentenza, di conseguenza, deve essere presa nella dovuta considerazione ove venga sollevato un conflitto di giurisdizione di questo tipo.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in tale provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica processuale, dunque, non può che essere positivo.

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