Corte di Cassazione Civile Sezioni unite 9/7/2009 n. 16091; Pres. Carbone V.

Redazione 09/07/09
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RITENUTO IN FATTO

che P.M. aveva adito, in materia di lavoro, il tribunale di Vercelli con ricorso ex art. 700 c.p.c. che era stato rigettato con ordinanza in data 30.9.2005; che il ricorrente aveva proposto reclamo avverso il provvedimento di reiezione, reclamo in ordine a cui lo stesso Tribunale, in composizione collegiale, aveva dichiarato la propria incompetenza, indicando quale giudice competente la Corte di appello di Torino, di fronte alla quale il P. aveva tempestivamente riassunto il procedimento;

che la Corte piemontese, con ordinanza in data 20.12.2005, premesso di non condividere la tesi sostenuta dal tribunale di Vercelli, che riteneva, in composizione collegiale, competente a conoscere del reclamo in materia di lavoro, ha sollevato d’ufficio regolamento di competenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che sul punto si è venuto a creare un contrasto giurisprudenziale in questa sede di legittimità sull’ammissibilità del regolamento di competenza relativamente ai procedimenti cautelari, concernente unicamente il regolamento necessario, su istanza di parte o di ufficio, ipotesi quest’ultima ricorrente nella fattispecie che ne occupa; che, su tale questione, ad un prevalente orientamento di inammissibilità, contrastato solo da sporadiche decisioni che non avevano peraltro affrontato funditus la problematica conseguente, si è venuta recentemente a contrapporre una tesi che sostiene l’orientamento contrario;

che nella specie, in materia di lavoro, campo questo in cui la domanda cautelare, che per sua natura esige una risposta rapida, la pretende, in via generale ed astratta, in modo ancor più cogente, il reclamo proposto è stato oggetto di una pronuncia di incompetenza, con indicazione di altro giudice che, ritenuta anch’esso la propria incompetenza, ha dovuto a sua volta omettere di pronunciare sul merito ed ha proposto regolamento necessario di competenza;

che, ovviamente, devesi avere riguardo alla situazione normativa venutasi a creare a seguito dell’introduzione del procedimento cautelare uniforme, esigenza questa .tenuta presente da entrambe le tesi giurisprudenziali che si contrappongono; che non può non essere evidenziato come, nell’attuale quadro normativo,questa tipologia di situazioni critiche potrebbe essere destinata ad aumentare in ragione dell’attuale tendenza legislativa alla moltiplicazione dei riti;

che la tesi dell’ammissibilità risulta sostenuta, a parte un remoto precedente (Cass. 12.6.1997, n 5264), che pure aveva dato luogo a qualche discussione in dottrina, da alcune pronunce adottate medio tempore, ed è stata nuovamente affermata con un filone giurisprudenziale (v. Cass. n 18680 del 2003) i cui più recenti arresti vanno ravvisati in Cass. 9.4.2008, n 9167 e 25.6.2008, n 17299, secondo cui ove, dichiaratosi incompetente il primo giudice, anche il secondo, successivamente adito, abbia pronunciato un analogo provvedimento sostanzialmente negatorio della propria competenza, deve ritenersi applicabile, rispetto a tale decisione, la norma generale di cui all’art. 42 c.p.c. e, conseguentemente, ammettersi l’istanza di regolamento di competenza, non essendo ipotizzabile che l’ordinamento non preveda alcuno strumento processuale attraverso cui dirimere una situazione in cui non vi sia, di fatto, un giudice obbligato a conoscere della domanda cautelare, a meno di non voler ipotizzare, nel sistema così delineato, un potenziale vulnus ai principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 24 Cost.;

che ulteriori argomenti a sostegno di tale posizione vengono individuati nel rilievo secondo cui per ciò che attiene ai provvedimenti cautelari a strumentante attenuata, idonei a fornire alla parte un titolo esecutivo ed a creare una condizione di stabilità di tutela che, pur non producendo gli effetti del giudicato, non incontra limitazioni temporali di efficacia in mancanza dell’instaurazione del giudizio a cognizione piena, la definitiva individuazione di un giudice competente ha assunto maggiore importanza che in passato, in quanto rafforza la certezza della statuizione cautelare e esclude la necessità di ricorrere al giudizio a cognizione piena solo per la individuazione del giudice competente per la misura cautelare, considerazione questa che comporterebbe che la funzione e le finalità del regolamento di competenza non potrebbero ritenersi, in astratto, incompatibili con la natura e la funzione dei .provvedimenti cautelari;

che nel caso (come il presente) di doppia pronuncia negativa, la vincolatività e la definitività delle due pronunce risiederebbe nell’idoneità a creare uno sbarramento tendenzialmente completo per la parte rispetto alla misura cautelare che si risolve in concreta compressione del diritto ad accedere alla tutela cautelare, assumendo così una capacità decisoria che, alla luce del regime giuridico loro proprio, non avrebbero; che, riassuntivamente, le connotazioni qualificanti la tesi favorevole alla ammissibilità del regolamento di competenza sono da ravvisarsi nella inammissibilità del regolamento di competenza ad istanza di parte quando vi sia stata una sola, pronuncia al riguardo (e conseguente non vincolatività dell’indicazione del giudice competente nel provvedimento di incompetenza); nella esclusività del reclamo come rimedio alla pronunce di competenza, positive o negative; nella residualità del regolamento di competenza ai soli casi in cui vi sia una doppia declaratoria di incompetenza e non sia possibile una revisione all’interno del procedimento cautelare; nella conseguente ammissibilità, in tali casi del regolamento di competenza, perchè in caso contrario si ipotizzerebbe violazione dell’art. 24 Cost.; che la contraria tesi (Cass. n 10767 del 1995; n. 490 (ord.za) del 1996, SS.UU. n Q 9377 del 1996; n 250 (ord.za) del 1997; n. 12918 del 2000; SS.UU. nn. 14301 e 19254 del 2007), tuttora maggioritaria, si basa su connotazioni attinenti alla natura stessa del regolamento di competenza e del procedimento che esso disciplina, ed evidenzia le connotazioni che lo caratterizzano, evidenziando per un verso che il provvedimento che contiene la statuizione sulla competenza deve assumere ex lege la forma della sentenza, cosa questa che comporterebbe la irriducibilità o la riconducibilità del provvedimento cautelare al genus sentenza mentre il provvedimento al riguardo non ha efficacia vincolante sulla competenza, neppure in caso di difetto di impugnazione;

che, negli attuali orientamenti della giurisprudenza paiono essere dunque evidenziagli:

la natura inderogabile e funzionale della competenza cautelare;

l’inammissibilità del regolamento di competenza adottato in primo grado, potendo essere esperibile il reclamo;

l’idoneità, anche costituzionale, del reclamo a soddisfare le esigenze difensive;

l’inammissibilità del regolamento di competenza anche nei confronti del provvedimento emesso in sede di reclamo, quando questo sia l’unico adottato in tema di competenza;

la controversa ammissibilità del regolamento di competenza ove entrambi i giudici abbiano declinato la propria competenza (conflitto negativo);

la necessità che la questione sia solo di competenza, in quanto, in caso contrario sarebbe sufficiente il reclamo;

che in dottrina le posizioni sono contrastanti, ma pare farsi strada un orientamento, peraltro non univoco, secondo cui il regolamento di competenza sarebbe ammissibile in caso di conflitto negativo, atteso che il ricorso al giudizio a cognizione piena ritarderebbe ancor più del giudizio sulla competenza l’iter della richiesta cautelare, che mai potrebbe essere comunque lasciata senza alcuno strumento di attuazione in un caso quale quello in esame;

che le argomentazioni esposte a sostegno dell’una e dell’altra tesi appaiono fondate su ragioni sostanzialmente diverse, atteso che la tesi dell’ammissibilità si basa su di un profilo di pretesa carenza del sistema, che non potrebbe non fornire rimedio all’ipotesi di conflitto negativo in sede di reclamo, con conseguente dubbio di legittimità costituzionale del sistema stesso, mentre quella dell’inammissibilità si fonda sulla natura intrinseca dei provvedimenti sostanzialmente declinatori della competenza, adottati nel provvedimento cautelare, che non assumono veste nè sostanza di sentenza, e sulla peculiarità di un eventuale provvedimento di questa Corte che, indicherebbe il giudice competente, senza peraltro alcuna connotazione di definitività, attesa la natura del procedimento in cui si verrebbe ad inserire tale pronuncia e in palese contrasto con quella che è l’indefettibile caratteristica delle pronunce di queste SS.UU. sulla competenza;

che, valutata praticabile, seppure non esaustiva, la via per ottenere comunque un provvedimento sulla competenza attraverso la proposizione del giudizio ordinario, nel cui ambito avanzare il ricorso per ottenere il provvedimento cautelare, cosa questa che se non elide la denunciata lacuna del sistema (sarebbe pur sempre possibile, in seguito a reclamo, il verificarsi di una doppia declaratoria di incompetenza), contribuirebbe ad accentuare la comunque rilevabile rarità di ipotesi siffatte, il contrasto va risolto nel senso della inammissibilità della proposizione del regolamento di competenza nell’ipotesi di duplice declaratoria di incompetenza in sede di reclamo avverso provvedimento cautelare e ciò in ragione della natura stessa dei provvedimenti declinatori, che, in sede cautelare non possono assurgere al genus della sentenza e sono pertanto in radice inidonei ad instaurare la procedura del regolamento di competenza e per l’ulteriore, assorbente ragione secondo cui l’eventuale decisione pronunciata in esito a tale procedimento sarebbe priva del connotato della definitività in ragione della natura del procedimento in cui andrebbe ad inserirsi, in contrasto con i rigidi confini del regolamento di competenza elaborati dalla consolidata (sul punto) giurisprudenza di questa Corte che ne costituiscono caratteristica qualificante;

che le pronunce favorevoli alla tesi dell’ammissibilità non hanno affrontato neppure implicitamente tali profili, limitandosi a registrare la asserita lacuna del sistema, senza preoccuparsi della violazione dei principi che sono sempre stati alla base del procedimento per regolamento di competenza e, segnatamente, del connotato della definitività della sentenza che lo chiude, cardine della natura di tale procedimento; che conclusivamente il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile, in base alla considerazioni che precedono;

che, peraltro questa Corte, in applicazione dell’art. 363 c.p.c., comma 3 ritiene, in ragione della peculiare natura del processo del lavoro e del rilevante impatto sociale che lo stesso riveste, cosa questa che comporta che la questione abbia particolare importanza, di affrontare la tematica relativa al giudice competente a pronunciarsi sul reclamo in materia di procedimento cautelare relativo a controversie di lavoro;

che la questione relativa va valutata alla stregua del dettato di cui all’art. 669 terdecies c.p.c. che stabilisce che il reclamo contro i provvedimenti del giudice monocratico del tribunale si propone al Collegio, di cui non può far parte il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato;

che tale previsione, di carattere generale e rispondente ad una logica del sistema intrinseca nella istituzione del giudice monocratico in tribunale, non può soffrire eccezioni in ragione del fatto che non è espressamente prevista alcuna ipotesi di composizione collegiale del Tribunale per la cause di lavoro, atteso che è la norma generale che attribuisce al tribunale in composizione collegiale la competenza a decidere sul reclamo in subiecta materia, mentre sarebbe stata necessaria una espressa previsione normativa per derogare alla ricordata regola relativa ai procedimenti cautelari, che costituiscono una procedura che ha caratteristiche proprie, tali da condurre a interpretazioni conseguenti alla natura di speditezza e di urgenza che istituzionalmente li connota, anche se inseriti in un processo come quello di lavoro che ha, per materia, disciplina propria;

che, in considerazione di tanto può essere, nell’interesse della legge, in ragione della particolare importanza della questione ed in applicazione dell’art. 363 c.p.c., comma 3 affermato il principio di diritto secondo cui nei procedimenti cautelari in materia di lavoro, l’eventuale reclamo deve essere deciso dal Tribunale in composizione collegiale e non dalla Corte di appello.

Non v’ha luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e, a norma dell’art. 363 c.p.c., comma 3 pronuncia il seguente principio di diritto: "Nei procedimenti cautelari in materia di lavoro, l’eventuale reclamo deve essere deciso dal Tribunale in composizione collegiale e non dalla Corte di appello".

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