2.- inoltre chiede, il ricorrente, che "vogliano le Sezioni Unite della Corte suprema di Cassazione dichiarare non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5, per violazione degli artt. 3 e 25 della Costituzione Italiana laddove non stabilisce la parità di diritti tra il ricorrente in materia di contributi per il servizio sanitario nazionale (…) e il ricorrente in materia di contributi previdenziali (…) e laddove non stabilisce che entrambi i tipi di ricorrenti abbiano lo stesso giudice naturale, visto che il servizio sanitario nazionale (già INAM) e l’INPS sono stati integrati e unificati (…)".
L’intimata non svolge attività difensiva.
Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso nei sensi riportati in epigrafe.
Motivi della decisione. – Per l’individuazione del giudice munito di potere giurisdizionale, in ipotesi di pretesa azionata a mezzo di cartella esattoriale, deve considerarsi che "tale atto costituisce uno strumento in cui viene enunciata una pregressa richiesta di natura sostanziale e non possiede alcuna autonomia; pertanto la cartella esattoriale deve essere impugnata davanti al giudice competente a decidere in ordine al rapporto cui la cartella stessa è funzionale, a nulla valendo che l’atto non contenga una puntuale indicazione della fonte di credito fatta valere" (così, per tutte, Cass., Sez.un., 3001/2008).
Ciò posto, la cartella nella presente sede azionata si riferisce esclusivamente (con suddivisione per periodi) ai "ruoli emessi dall’INPS per contributi previdenziali", con corrispondenti somme aggiuntive ed interessi di mora. Ne deriva che deve ribadirsi l’affermazione secondo cui "rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non di quello tributario la controversia avente ad oggetto diritti ed obblighi attinenti ad un rapporto previdenziale obbligatorio anche se originata da pretesa azionata dall’ente previdenziale a mezzo di cartella esattoriale, non solo per l’intrinseca natura del rapporto, ma anche perchè il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, sul riordino della disciplina mediante ruolo, nell’estendere tale procedura anche ai contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali, espressamente prevede che il contribuente in presenza di richiesta di contributi previdenziali può proporre opposizione contro l’iscrizione a ruolo avanti al giudice del lavoro" (Cass., Sez. un., 7399/2007).
Tale soluzione – sgombrato il campo dal secondo quesito, che pone in termini puramente dialettici una non rilevante questione sulla locuzione impiegata dal legislatore ("può") per riferirsi al potere di impugnativa, cui corrisponde sempre (in termini di "deve") un onere di impugnare – esaurisce la materia d’indagine, non essendo qui in discussione anche i contributi dovuti al servizio sanitario nazionale (rientranti invece nella giurisdizione tributaria: Cass., Sez. un., 2871/2009). La soluzione stessa priva infine di ogni rilevanza la proposta questione di legittimità costituzionale del ripetuto D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5: quanto all’ipotizzato contrasto con l’art. 3 Cost., (diversità dei termini di impugnativa), per evidente mancanza di tertium comparationis; quanto al prospettato vulnus all’art. 25 Cost., (diversità del giudice dell’impugnativa medesima), perchè la scelta risulta imposta dalla natura (previdenziale ovvero tributaria) dell’obbligazione dedotta in giudizio.
Non conseguono statuizioni sulle spese.
P.Q.M. – La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.