Corte di Cassazione Civile Sezioni unite 15/12/2008 n. 29290

Redazione 15/12/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La controversia concerne l’impugnativa proposta dai contribuenti, nella loro qualità di eredi di La.El., avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio del Registro di Napoli rettificava i valori dichiarati nella denuncia di successione.

Il ricorso era accolto in primo grado e l’appello veniva dichiarato "improcedibile" (rectius: inammissibile), con sentenza n. 492/52/00 del 26 settembre 2001 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, per essere stata l’impugnazione notificata al procuratore costituito di una pluralità di parti mediante consegna di una sola copia.

Avverso tale sentenza l’amministrazione ricorre per cassazione con tre motivi. Resistono con controricorso gli intimati L.A., L.M. e L.C., la quale propone anche ricorso incidentale condizionato con unico motivo.

Gli altri intimati non si sono costituiti, nonostante anche nei loro confronti, attraverso più atti di integrazione del contraddittorio e di rinnovazione della notifica, si sia alla fine perfezionato il processo notificatorio dell’impugnazione.

Con atto notificato il 15 aprile 2004, l’amministrazione ricorrente. preso atto che la controricorrente e ricorrente incidentale L.C. ha rinunciato all’eredità ha dichiarato di rinunciare al ricorso nei soli confronti di quest’ultima, "salva ed impregiudicata l’impugnazione nei confronti di tutti gli altri intimati", nei cui confronti dovevano "ritenersi confermate le rassegnate conclusioni". Con atto notificato il 20 maggio 2004, la controricorrente e ricorrente incidentale in questione ha dichiarato di accettare la rinuncia e di rinunciare a sua volta al ricorso incidentale.

La controversia veniva a decisione avanti alla sezione tributaria di questa Corte il 7 magio 2007.

Con ordinanza 14354 del 20 giugno 2007 la sezione tributaria dichiarava l’estinzione del processo nei confronti della sig.ra L.C.. Mentre con ordinanza n. 14365 sempre del 20 giugno 2007 la sezione rappresentava al Primo Presidente l’opportunità di devolvere alle Sezioni Unite il contrasto formatosi nell’ambito della Sezione e relativo alla applicabilità nel processo tributario dell’art. 330 c.p.c., nella parte in cui dispone la eseguibilità della notifica dell’impugnazione "presso il procuratore costituito; nonchè l’opportunità di devolvere alle Sezioni Unite la questione di particolare importanza di decidere se alla luce del principio (costituzionalmente asseverato) della ragionevole durata del processo che sollecita una riduzione all’essenziale delle ipotesi di nullità per "vizi formali" e della doverosa ispirazione di un efficiente sistema di giustizia ad una collaborazione tra giudicante e procuratore costituito in finzione di una sollecita definizione della controversia – non si debba affermare la validità della notifica di un’unica copia dell’atto a mani del procuratore costituito in rappresentanza di una pluralità di parti. Ciò tanto più ora che la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto al giudice nazionale il potere – dovere di estendere i diritti sanciti nell’art. 111 Cost., al contribuente, in tutti i procedimenti di competenza del giudice tributario, secondo un criterio guida che imporrebbe di applicare sempre ai cittadini lo standard più elevato di tutela dei diritti".

Il Primo Presidente rimetteva entrambe le questioni alle Sezioni Unite e la controversia, veniva a decisione all’udienza del 10 giugno 2008.

La Amministrazione ha depositato memoria. Hanno depositato memoria anche A. e L.M., sostenendo che nel caso di specie si sarebbe realizzata l’omessa notifica nei confronti di una parte dei contribuenti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Si deve preliminarmente osservare che nella memoria i contribuenti non distinguono il vizio che avrebbe investito la notifica dell’atto di appello da quello che avrebbe riguardato la notifica dei ricorso per cassazione.

L’atto di appello risulta notificato in unica copia al difensore di tutte le parti. Mentre il ricorso di cassazione è stato originariamente notificato in 24 copie al difensore di sole due parti; le successive notifiche hanno però integrato il contraddittorio, per cui il ricorso può senz’altro essere deciso.

Tra i motivi di ricorso proposti dall’amministrazione assume valore assorbente il primo, con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 160, 170, 330, 331, e 350 c.p.c., per aver la sentenza impugnata dichiarato inammissibile e improcedibile l’appello dell’Ufficio in quanto notificato in una sola copia ai procuratori costituiti, nonostante la pluralità dei destinatari.

Infatti, non avendo la Commissione tributaria regionale esaminato il merito della causa, risolvendo il giudizio con la dichiarazione di improcedibilità (rectius: inammissibilità) dell’appello, l’accoglimento del primo motivo di ricorso impone comunque il rinvio della causa al giudice di secondo grado. Vero è che la sentenza impugnata ha anche affermato che "ad ogni buon conto, questa Commissione condivide l’integrale motivazione con cui la Commissione provinciale di primo grado ha annullato l’avviso di accertamento". Ma, come hanno statuito le Sezioni Unite di questa Corte, una siffatta pronuncia deve ritenersi emessa in assenza di potestas indicandi, dato che il giudice se ne è spogliato, con riferimento al merito della controversia, a seguito della dichiarazione di inammissibilità dell’appello: con la conseguenza che deve ritenersi "ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale" e viceversa "inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda (come nel caso di specie può dirsi con riferimento al secondo motivo di ricorso) un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata" (Cass. S.U. nn. 3840 e 8087 del 2007).

L’Amministrazione sostiene che, essendosi nella specie eseguita la notifica dell’impugnazione mediante la consegna di una sola copia ad un unico procuratore costituito per una pluralità di parti, il giudice di merito non avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello; invece, trovandosi di fronte ad una ipotesi di nullità (e non di inesistenza) della notificazione, avrebbe dovuto ordinarne la rinnovazione. La sezione tributaria ha però prospetto alle Sezioni Unite l’ulteriore valutazione se non possa ritenersi pienamente valida la notifica dell’impugnazione eseguita mediante la consegna di una sola copia (o di un numero di copie insufficienti) all’unico procuratore costituito per una pluralità di parti.

Per affrontare tale quesito, occorre risolvere preliminarmente la questione. anch’ essa ritenuta "di massima di particolare importanza". relativa alla, applicabilità nel processo tributario della disposizione di cui all’art. 330 c.p.c., in particolare nella parte in cui dispone l’eseguibilità della notifica dell’impugnazione "presso il procuratore costituito".

Il problema si pone perchè una sentenza della Corte (Cass. Sez. Trib. n. 12098 del 2007) ha assunto, in proposito, una posizione negativa, escludendo l’applicabilità nel processo tributario dell’art. 330 c.p.c., mentre altra pronuncia della medesima Sezione (sia pur per implicito, facendo applicazione della citata, norma del codice di rito) ha assunto una posizione positiva (Cass. Sez. Trib. n. 8972 del 2007).

La tesi negativa poggia sostanzialmente su due argomenti: a) la specialità (e, quindi, la prevalenza sulla citata norma del codice di rito) della disposizione dettata per il processo tributario, in ordine ai "luoghi della notificazione", dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, che prescrive (per i sostenitori di questa tesi, anche per il secondo grado dei giudizio) che le notificazioni debbano eseguirsi, "salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio"; b) il fatto che il medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, imponga nel processo tributario l’"assistenza tecnica" di un soggetto qualificato, ma non preveda che "il difensore" sia, come nel processo civile, "procuratore ad litem", circostanza che escluderebbe l’applicabilità di quelle disposizioni del codice di rito, come l’art. 330 c.p.c., che privilegiano il ruolo del "procuratore" sul ruolo del "difensore".

Questa tesi deve per altro essere superata attraverso un diverso duplice ordine di argomentazioni a) la previsione di cui all’art. 17, del citato decreto costituisce eccezione alla sola disposizione di cui all’art. 170 c.p.c., per le notificazioni endoprocessuali: mancando dunque per la notifica degli atti di impugnazione una disposizione specifica, deve trovare applicazione quella prevista dall’art. 330 c.p.c., ai sensi e per gli effetti di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 49; b) nella previgente disciplina del "contenzioso tributario" dettata dal D.P.R. n. 636 del 1972, l’esistenza di una disposizione di contenuto analogo a quella di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, cioè dell’art. 32 bis, a norma del quale "le comunicazioni e le notificazioni (erano) eseguite, salva consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza dichiarata dalla parte nel suo primo atto, fino al decimo giorno successivo a quello in cui sia stata presentata o sia pervenuta alla segreteria della commissione la comunicazione di variazioni", non aveva creato ostacolo all’applicabilità dell’art. 330 c.p.c..

Su questa linea si era, del resto, esplicitamente collocata una pale della giurisprudenza di questa Corte, affermando che il ricorso dell’ufficio alla Commissione tributaria centrale doveva ritenersi "ritualmente notificato alla parte presso il procuratore legale" che l’avesse "rappresentata nel giudizio di secondo grado", ancorchè non vi fosse stata elezione di domicilio, così come consentito dall’art. 330 c.p.c., norma non derogata da alcuna disposizione speciale del contenzioso tributario, disciplinato dal D.P.R. n. 636 del 1972, (Cass. n. 4468 del 1987). Quest’ultimo punto valorizza un ulteriore argomento che può trarsi dall’art. 30, comma 1, della Legge Delega per la riforma del "contenzioso tributario" (L. n. 413 del 1991), la cui lett. g), colloca tra i principi – guida l’adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile: in questa prospettiva sarebbe davvero singolare che nel quadro di una disciplina che dovrebbe "armonizzarsi" con le disposizioni sul processo civile trovassero spazio dubbi sull’applicabilità dell’art. 330 c.p.c., che non insorgevano nel vigore della precedente disciplina che dal sistema processualcivilistico era (dallo stesso legislatore) ritenuta distante. Piuttosto appare maggiormente credibile, e più costituzionalmente conforme, la lettura delle norme processualtributarie in una trama di continuità con le norme del processo civile capace di colmare ogni possibile lacuna.

Anche l’argomento tratto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, appare superabile in quanto la norma, se pur prevede come obbligatoria la (sola) assistenza tecnica, non esclude che la parte possa (validamente) affidare al proprio difensore (anche) l’incarico di rappresentarla in giudizio come "procuratore ad litem" (con la differenza, rispetto al processo civile, che tale rappresentanza è, nel processo tributario, di carattere facoltativo). Peraltro, si può rilevare che la giurisprudenza della Corte ha ritenuto applicabile nel processo tributario le disposizioni di cui all’art. 83 del codice di procedura civile (ad es. Cass. Sez. Trib. n. 3537 del 2002).

In questa prospettiva si può concludere che nell’ipotesi, verificatasi nel caso di specie, che un siffatto "incarico" sia stato conferito dalla parte al proprio difensore, non sussiste alcun ragionevole ostacolo a ritenere valida. ai sensi del art. 330 c.p.c., la notifica dell’appello "presso il procuratore costituito" (l’applicabilità nel processo tributario dell’art. 330 c.p.c., è affermata dalle sentenze di questa Corte n. 18861 del 7 settembre 2007 e n. 21161 del 6 agosto 2008).

3. La soluzione in precedenza accolta consente d prendere in esame la questione della notifica dell’impugnazione eseguita mediante la consegna di una sola copia al procuratore costituito per una pluralità di parti, allo scopo di verificare se non debbano essere rimeditate le scelte sin qui operate dalla giurisprudenza della Corte.

Come noto, la posizione di questa Corte appare attualmente consolidata nell’opinione accolta dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 9859 del 10 ottobre 1997, secondo cui "la notificazione dell’atto di impugnazione a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di una sola copia o di un numero di copie inferiori rispetto alle parti cui l’atto è destinato, non è inesistente, ma nulla (cfr. ad esempio le sentenze di questa Corte n. 1574 del 24 gennaio 2007 e 4 aprile 2006, n. 7818); il relativo vizio può essere sanato, con efficacia ex tunc, o con la costituzione in giudizio di tutte le parti, cui l’impugnazione è diretta, o con la rinnovazione della notificazione da eseguire in un termine perentorio assegnato dal giudice a norma dell’art. 291 c.p.c., con la consegna di un numero di copie pari a quello dei destinatari, tenuto conto di quella o di quelle già consegnate; con la conseguenza che qualora il giudice abbia dichiarato l’inammissibilità del gravame, la Corte di Cassazione, investita della questione, deve cassare la decisione impugnata, con rinvio allo stesso giudice, perchè decida nel merito il giudizio d’impugnazione, qualora in tale giudizio tutte le parti si fossero costituite, a prescindere dal momento in cui la costituzione sia avvenuta, o perchè assegni all’appellante un termine perentorio per la rinnovazione della notificazione dell’atto d’impugnazione".

Le Sezioni Unite, non hanno, in passato, ritenuto di poter affermare la validità tout court della notifica dell’impugnazione in unica copia presso il procuratore costituito per una pluralità di parti, giudicando che a tanto ostasse: a) l’inapplicabilità della disposizione di cui all’art. 170 c.p.c., comma 2, che consente la consegna di un sola copia dell’atto, anche se il procuratore è costituito per più parti, perchè la stessa si riferirebbe solo alle notificazioni e comunicazioni che avvengono nel corso del procedimento, senza alcuna possibilità di estenderlo alla diversa ipotesi della notificazione dell’impugnazione; b) il fatto confermativo della inapplicabilità al regime dell’impugnazione della ricordata disposizione di cui all’art. 170 c.p.c., comma 2, che l’art. 285 c.p.c., in tema di notificazione della sentenza, richiami l’art. 170, soli commi 1 e 3; c) il fatto che nella notifica dell’impugnazione il procuratore non è qualificabile come destinatario dell’atto, ma solo come consegnatario dello stesso, deponendo in tal senso la diversa formulazione dell’art. 170 c.p.c., comma 1, rispetto a quella dell’art. 330 c.p.c., comma 1: "mentre nella prima ipotesi il procuratore costituito è il destinatario dell’atto (le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito), nella seconda ipotesi è solo un consegnatario dello stesso (l’impugnazione… si notifica presso il procuratore costituito)"; d) l’irrilevanza del fatto che, "in determinate fattispecie, sia valida la notifica effettuata in modo diverso come in tema di notifica per pubblici proclami o secondo le modalità indicate dal giudice o di notifica agli eredi in forma impersonale e collettiva": siffatta circostanza, secondo le Sezioni Unite, "se può rilevare al fine di escludere che la consegna di una copia dell’atto per ogni destinatario costituisca elemento imprescindibilmente caratterizzante la notificazione, non consente di ritenere valida la notifica dell’impugnazione mediante consegna di una sola copia, in ipotesi diverse da quelle espressamente previste".

Questa soluzione, che ha avuto il pregio di aver correttamente riportato il discorso nel quadro delle ipotesi di nullità della notificazione (e non della citazione per inesistenza della notificazione), ha, fino ad oggi, costituito il punto di riferimento della giurisprudenza della Corte in materia.

Il Collegio ritiene però che la posizione esposta sia superata alla luce del principio (recepito nella Costituzione) della ragionevole durata del processo. che sollecita una riduzione all’essenziale delle ipotesi di nullità per "vizi formali" – e della doverosa collaborazione tra giudicante e procuratore costituito in funzione di una sollecita definizione della controversia. Tanto più che la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto al giudice nazionale il potere-dovere di estendere i diritti sanciti nell’ art. 111 Cost., in tutti i procedimenti di competenza del giudice tributario, secondo un criterio guida che imporrebbe di applicare sempre ai cittadini lo standard più elevato di tutela dei diritti (*****. *******, 23 novembre 2006, Jussila vs. Finland).

In questa prospettiva di carattere generale, si apre lo spazio per un più approfondito ripensamento degli argomenti utilizzati nel 1997 dalle Sezioni Unite per verificarne la "capacità di resistenza" anche alla luce del successivo atteggiarsi della giurisprudenza della Corte.

Invero l’orientamento giurisprudenziale formatosi a seguito della ricordata pronuncia delle Sezioni Unite non è stato sempre saldamente coerente con i principi allora affermati.

Nonostante le Sezioni Unite avessero abbandonato l’idea che la nullità della notifica dell’impugnazione con la consegna di un sola copia (o di un numero di copie insufficienti) al procuratore costituito per una pluralità di parti derivasse dalla circostanza (attinente in verità ad una ipotesi di nullità della citazione) che in tal modo vi fosse incertezza sul destinatario, è stato ribadito, anche di recente, che "nel caso di notificazione di un atto a più persone, presso il difensore domiciliatario, allorquando dalla relazione risulta che il numero delle copie consegnate a quest’ultimo corrisponde al numero delle persone destinatane dell’atto medesimo, non è necessario che siano indicati i cognomi e i nomi dei singoli destinatari, non potendo sorgere, dalla detta omissione, alcuna incertezza sull’effettiva destinazione di una copia dell’atto a ciascuna delle persone destinatane della notificazione" (Cass. n. 21643 del 2005). Questa pronuncia riprende la posizione espressa da Cass. n. 4606 del 1990 (già ricordata) e ripropone, esaltando il "criterio quantitativo", una riflessione sulla unicità per tutte le parti del processo di notificazione e sulla possibile competenza del procuratore costituito a specificare l’identità del destinatario di ogni singola copia, con la conseguente perplessità sulla qualificazione del procuratore costituito come "mero consegnatario" della copia notificata.

Inoltre, nel linguaggio comunemente utilizzato sia in sede di massimazione, sia in sede di redazione delle sentenze, si è fatto spesso uso indifferentemente delle locuzioni "notifica al procuratore costituito" e "notifica presso il procuratore costituito", in funzione sinonimica l’una dell’altra e viceversa, riducendo inevitabilmente lo spessore di significato che le Sezioni Unite vollero attribuire all’una e all’altra delle predette espressioni al fine di escludere la possibile validità della notifica dell’impugnazione mediante consegna di unica copia al procuratore di più parti.

Quel che è certo è che la differenza di significato attribuita dalle Sezioni Unite, nella ricordata pronuncia del 1997, alle due citate espressioni nello schema normativo di cui all’art. 170 c.p.c., ove il procuratore costituito sarebbe il destinatario dell’atto (e tanto spiegherebbe la sufficienza della consegna al medesimo di una sola copia, anche se egli rappresenti una pluralità di parti) e in quello di cui all’art. 330 c.p.c., ove il procuratore costituito sarebbe il consegnatario dell’atto (e tanto spiegherebbe la necessità della consegna al medesimo di più copie, laddove egli rappresenti mia pluralità di parti), potrebbe apparire in contraddizione con l’argomento tratto dalle medesime Sezioni Unite dalla formulazione dell’art. 285 c.p.c., in ordine alla notificazione della sentenza.

Invero, non può esservi dubbio sul fatto che l’art. 285 c.p.c., espressamente, prevede l’applicabilità alla notificazione della sentenza dello schema normativo di cui all’art. 170 c.p.c., qualificando così ineludibilmente il procuratore costituito come destinatario (e non mero consegnatario) della notifica (v. ad es. Cass. n. 8169 del 2004): e dunque non avrebbe alcun senso che quanto stabilito dall’art. 170 c.p.c., assumesse un altro (assai differente) significato una volta che quella stessa disposizione fosse letta nel contesto dell’art. 285 c.p.c., nulla essendovi in quest’ultima norma che autorizzi un simile stravolgimento interpretativo.

Peraltro, la stessa ratio per la quale la disposizione di cui all’art. 285 c.p.c., individua nel procuratore costituito il destinatario della notifica della sentenza rende evidente come sia puro formalismo distinguere tra notifica effettuata al procuratore costituito e notifica effettuata presso il medesimo procuratore: ed infatti, questa Corte non ha mancato di rilevare che "ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, la notificazione della sentenza alla parte presso il procuratore costituito deve considerarsi equivalente alla notificazione al procuratore stesso, ai sensi dell’art. 285 c.p.c., poichè entrambe le forme di notificazione soddisfano l’esigenza di assicurare che la sentenza sia portata a conoscenza della parte per il tramite del suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a vagliare l’opportunità dell’impugnazione" (Cass. n. 5998 dei 1994; v. nello stesso senso Cass. nn. 7818 del 1997; nn. 666 e 10602 del 1998; n. 5449 del 2000; n. i4652 del 2001; n. 11257 del 2004; n. 24795 del 2005).

Orbene se questa è, come è indubbio che lo sia, la ratio dell’individuazione normativa del procuratore costituito come destinatario della notificazione della sentenza, v’è da escludere che la funzione assolta dal procuratore costituito, cosi valorizzata dall’ordinamento, possa in qualche modo accrescerà o diminuire secondo il numero delle copie che allo stesso siano consegnate quando egli rappresenti una pluralità di parti. A meno che tale ragione non la si voglia trovare in un dato tutto formale, costituito dal mancato richiamo nell’art. 285 c.p.c., della disposizione di cui all’art. 170 c.p.c., comma 2. La dottrina, tuttavia, ha evidenziato che l’art. 285 del codice di procedura civile coerentemente richiama il primo ed l’art. 170 c.p.c., comma 3, perchè ivi è stabilita quale debba essere la forma delle notificazioni (e delle comunicazioni) successivamente alla costituzione in giudizio a seconda che la pane si sia costituita a mezzo di procuratore (comma 1) o personalmente (comma 2). L’art. 170 c.p.c., comma 2, non costituirebbe cioè una disposizione autonoma in senso proprio, bensì una specificazione della forma di notificazione sancita nel comma 1: se la notifica deve essere eseguita al procuratore costituito essa si esegue mediante la consegna di una sola copia anche se il procuratore rappresenti una pluralità di parti.

Si tratta solo di una modalità di esecuzione di quella particolare forma di notificazione che è la "notifica al procuratore costituito", un indubbio elemento di semplificazione del sistema che replica sul piano processuale la rappresentanza sostanziale rispetto alla quale non si è dubitato della validità della notifica di una sola copia al soggetto che rappresenti una pluralità di parti (v. Cass. un. 20140 del 2005; 11352 del 2003; 4529 del 2001). Sicchè una interpretazione sistematica della norma che impone di leggere l’art. 170 c.p.c., commi 1 e 2, come se fossero (e come realmente sembrano essere) espressione di un’unica disposizione – ben consente di ritenere valida (ed efficiente ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione nei confronti di tutte le parti rappresentante) la notifica della sentenza eseguita in unica copia al procuratore costituito che rappresenti una pluralità di parti.

Nemmeno la formulazione letterale dell’art. 330 c.p.c., è incompatibile con una simile conclusione.

Invero, questa Corte ha affermato – smentendo così che il procuratore costituito possa essere considerato, rispetto alla notifica dell’impugnazione, come un mero consegnatario – che l’art. 330 c.p.c., nel prevedere che l’impugnazione deve essere notificata presso il procuratore costituito, "non contiene una mera indicazione del luogo di notifica, ma identifica nel detto procuratore il destinatario di essa in forza di una proroga ex lege dei poteri conferitigli con la procura alle liti per il giudizio a quo" (Cass. nn. 11402 del 1992; 291 del 1995; 12102 del 1998; 17299 del 2005; 7631 del 2006, in motivazione).

Appare questa una conferma, sotto un diverso profilo, di quell’orientamento, già ricordato, secondo il quale, ai fini della validità della notificazione al procuratore costituito che rappresenti una pluralità di parti, è sufficiente che a quest’ultimo venga consegnato un numero di copie corrispondente al numero delle parti rappresentate (criterio quantitativo), senza che sia necessaria l’identificazione specifica nella relata di ciascuna delle parti: è evidente che presupposto di tale affermazione sia l’idea che il procuratore costituito sia un quid pluris di un mero consegnatario, dato che spetterebbe ad esso (e non al notificante) specificare le singole parti cui l’atto è diretto. Un compito che il procuratore costituito stante, da un lato, lo sviluppo dei mezzi di riproduzione, e, dall’altro, l’inderogabile obbligo che egli ha di fornire informazioni al proprio assistito sullo svolgimento e sull’esito del processo può ben assolvere anche nel caso gli sia consegnata un’unica copia dell’impugnazione. Ritenere che in caso di consegna di un’unica copia sia necessaria una rinnovazione della notifica, appare, quindi, in questo quadro "nuovo", puro formalismo (peraltro, non imposto dalla norma) in contrasto con le esigenze di efficienza e semplificazione, le quali impongono di privilegiare interpretazioni coerenti con la finalità di rendere giustizia in un tempo ragionevole (v. per la necessità di superare formalismi ostativi all’istanza di giustizia secondo il principio del giusto processo, Cass. nn. 24856 del 2006; S.U. 13916 del 2006; 23220 del 2005; 10963 del 2004). Ancor più perchè l’ordinamento sembra, in linea generale, privilegiare l’idea che meglio possa essere tutelato il diritto di difesa del cittadino se gli atti processuali pervengano nella sfera di conoscenza di chi abbia la competenza tecnica per suggerire le azioni da adottare.

Si deve quindi ribadire in relazione allo specifico caso di specie l’orientamento espresso con la sentenza di questa Corte n. 1540 del 24 gennaio 2007 secondo cui il principio costituzionale della ragionevole durata del processo deve ritenersi rivolto non soltanto, in funzione acceleratoria, al giudice quale soggetto processuale ma anche e soprattutto al legislatore ordinario ed al giudice quale interprete della norma processuale (in quanto una lettura "costituzionalmente orientata" delle norme che regolano il processo non può prescindere dal principio in esame, che esprime un canone ermeneutico valevole per ogni disciplina processuale) e – in ogni caso – rivolto a tutti i protagonisti del processo (ivi comprese le parti, che, specie nei processi caratterizzati da una difesa tecnica, devono responsabilmente collaborare per lo scopo della ragionevole durata), senza che la mancata applicabilità della disciplina in materia di equa riparazione al processo tributario possa indurre ad escludere che il precetto sancito dal novellato art. 111 Cost., sia applicabile anche al processo tributario (così come già affermato da questa Corte in relazione alla estensione al processo tributario del c.d. principio di non contestazione).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della CTR Campania che deciderà anche in ordine alle spese del presente grado di giudizio.

Redazione