Corte di Cassazione Civile Sezione lavoro 3/6/2009 n. 12811; Pres. Lamorgese A.

Redazione 03/06/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Autostrade per l’Italia spa ricorre contro la sentenza della Corte d’Appello di Firenze, che in parziale accoglimento del ricorso proposto dalle organizzazioni sindacali Uiltrasporti regionale della Toscana, FILT – CGIL comprensoriale fiorentina e FIT – CISL Toscana aveva dichiarato antisindacale la condotta delle Autostrade per l’Italia spa in occasione dello sciopero indetto in data 11 novembre dalle organizzazioni sindacali appellanti e aveva condannato la società alla cessazione della condotta, ordinando, "in vista della rimozione degli effetti, di astenersi in futuro dall’utilizzare sulla sede autostradale in occasione di scioperi personale abitualmente adibito ad altre e superiori mansioni, in violazione dell’art. 2103 c.c., adibendolo a compiti di pilotaggio del traffico ed altri servizi sostitutivi dell’attività degli addetti all’esazione del pedaggio in sciopero".

2. La società ricorrente chiede che la sentenza sia cassata per i seguenti motivi.

3. Il primo motivo è rubricato "violazione e falsa applicazione dell’art. 40 Cost., della L. n. 300 del 1970, art. 28, dell’art. 2103 c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia". La ricorrente sostiene che la Corte di Firenze non avrebbe correttamente applicato l’art. 40 Cost. e l’art. 2103 c.c., e i precedenti della Corte di Cassazione sul punto, perchè "il principio secondo il quale l’eccezionalità e la marginalità dell’assegnazione del lavoratore a mansioni non corrispondenti alla propria qualifica, quando ciò è determinato da contingenti esigenze aziendali (quali quelle che si verificano in occasione di uno sciopero) non integra una violazione dell’art. 2103 c.c.". E l’errore consisterebbe nel fatto di aver applicato la norma "presupponendo che il danno alla professionalità si realizzi automaticamente ed immediatamente per l’adibizione anche per un giorno a mansioni inferiori".

4. Il secondo motivo è così rubricato: "violazione e falsa applicazione dell’art. 40 Cost., della L. n. 300 del 1970, art. 28, dell’art. 176 C.d.S., commi 12 e 13, e degli artt. 115 e 116 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia". A tal fine nel ricorso si precisa che "l’eventuale violazione della norme sulla circolazione stradale da parte del datore di lavoro è in questa sede del tutto indifferente ed irrilevante in quanto non incide sul diritto di sciopero". Si contesta poi che l’azienda abbia costretto i suoi dipendenti a svolgere attività in violazione del C.d.S..

5. Il terzo motivo è così rubricato: "violazione e falsa applicazione dell’art. 40 Cost., della L. n. 300 del 1970, art. 28, del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 19, comma 1, lett. b), degli artt. 115 e 116 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Si critica l’affermazione della Corte d’Appello secondo la quale la società non avrebbe tenuto conto della sicurezza del personale non scioperante violando le specifiche prerogative del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, affermando che "la normativa citata è del tutto irrilevante ai fini della valutazione circa un’eventuale antisindacalità del comportamento datoriale" e che comunque "il bene della salute del personale comandato ad operare in sostituzione dei lavoratori in sciopero non risulta in alcun modo leso dal comportamento delle Autostrade".

6. Con il quarto si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 40 Cost., della L. n. 300 del 1970, art. 28, e degli artt. 115 e 116 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Il rilievo critico in questo caso concerne la affermazione della Corte secondo la quale la società nel riorganizzare il servizio riscossioni del pedaggio avrebbe violato la Carta dei servizi, sostenendo che "la Carte dei servizi riguarda i rapporti tra la società e l’utenza ed è quindi estranea ai rapporti tra Autostrade ed i dipendenti (conciò intendendosi sia quelli in sciopero che quelli comandati in sostituzione dei primi)" e non vi è prova che la società abbia inteso danneggiare i rapporti tra le organizzazioni sindacali e l’utenza.

7. Il quinto motivo è così proposto: violazione e falsa applicazione dell’art. 40 Cost., della L. n. 300 del 1970, art. 28, e degli artt. 100, 115 e 116 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Premesso che le norme che si assumono violate non possono ritenersi primarie e la loro violazione non può ritenersi "plurioffensiva" nel senso che "i diritti che si assumono violati non possono qualificarsi come collettivi bensì individuali, la società ricorrente eccepisce la carenza di interesse ad agire del sindacato, in quanto la L. n. 300 del 1970, art. 28, riafferma la regola generale secondo cui l’azione giudiziaria è riservata al titolare di un interesse giuridicamente rilevante da far valere (art. 100 c.p.c.)" e non può agire "sul presupposto della propria funzione istituzionale e generale di rappresentanza di interessi collettivi dei lavoratori, dovendo invece vantare uno specifico interesse ad ottenere la repressione del comportamento antisindacale" che nel caso specifico non sussiste.

8. Le tre organizzazioni sindacali resistenti hanno depositato un controricorso.

9. La società autostrade ha depositato una memoria difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

10. La Corte d’Appello di Firenze ha ritenuto antisindacale il comportamento della società autostrade in occasione dello sciopero dei casellanti svoltosi l'(OMISSIS).

11. Il giudice di merito ha accertato i seguenti fatti:

– lo sciopero fu indetto dagli addetti alla esazione del pedaggio presso le barriere di uscita del tronco.

– Autostrade per l’Italia il giorno dello sciopero – una domenica – comandò 31 dipendenti (costituiti da personale dirigente, quadri, impiegati di elevato livello, con orario di lavoro dal lunedì al venerdì e addetti anche ad altre direzioni ed unità produttive) ad operare presso otto caselli austradali.

– questi dipendenti non furono incaricati di sostituire gli esattori, bensì di svolgere due funzioni diverse:

1) sezionare, con apposita segnaletica i piazzali dinanzi alle barriere di esazione, per convogliare il traffico verso le piste dotate di sistemi automatici di riscossione del pedaggio (telepass, viacard, carte di credito) e 2) stazionare dinanzi ai caselli per provvedere al ritiro dei biglietti degli utenti che non erano in grado di utilizzare i mezzi di pagamento automatico, che venivano invitati a presentarsi nei giorni successivi presso gli appositi uffici della società o presso gli uffici postali per effettuare il pagamento.

12. Tali fatti, oltre che accertati dal giudice di merito, vengono espressamente riconosciuti dalla società Autostrade, che, nel ricorso per Cassazione, afferma: "sono stati presenti 31 dipendenti che sono stati dislocati in otto caselli autostradali e hanno provveduto a segnalare la chiusura di alcune piste convogliando il traffico verso le piste automatiche ponendo a terra i cosiddetti birilli" (punto n. 24, pag. 6 dei ricorso). Gli stessi dipendenti sono stati poi "posizionati a fianco dei caselli per il ritiro dei biglietti di viaggio", al fine di evitare alla Autostrade il duplice effetto negativo del mancato incasso del pedaggio e di eventuali abusi (punto n. 36, pag. 7 – 8 del ricorso).

13. Altrettanto pacifico, accertato dal giudice di merito ed ammesso dalla società è che tale personale svolge compiti diversi e di livello superiore e che le mansioni affidate a questi dipendenti quel giorno furono "mansioni inferiori" (cfr. sentenza impugnata pag. 5; ricorso per Cassazione, pag. 12).

14. Premesso ciò, deve rilevarsi che il punto cruciale della controversia è quello posto con il primo e con l’ultimo motivo di ricorso.

15. Il problema è di stabilire se in caso di sciopero il datore di lavoro possa elidere o limitare gli effetti della astensione affidando ad altri dipendenti estranei allo sciopero, mansioni diverse ed inferiori rispetto a quelle di loro competenza. E, qualora disponga in tal senso, se tale comportamento costituisca condotta antisindacale.

16. Questa Corte ha affermato più volte che non costituisce comportamento antisindacale la scelta del datore di lavoro di sostituire i lavoratori che aderiscono allo sciopero con altri lavoratori (non aderenti allo sciopero o appartenenti a settori non interessati dallo sciopero).

17. Tale principio è stato fissato, ad esempio, nei seguenti termini: "nel caso della proclamazione di uno sciopero delle organizzazioni sindacali di categoria, diretto a bloccare gli esami e gli scrutini di fine d’anno, non costituisce attività antisindacale la condotta del Ministero della P.I. e del Provveditorato agli Studi, i quali, nell’intento di limitare le conseguenze dannose della sospensione del servizio pubblico dell’istruzione, di cui gli esami e gli scrutini costituiscono il momento conclusivo di massima responsabilità, dispongano la sostituzione dei docenti scioperanti (o che intendono scioperare) con altri docenti non scioperanti e con supplenti, atteso che tale condotta è volta non ad impedire l’esercizio della libertà sindacale e del diritto di sciopero ma a contenerne gli effetti pregiudizievoli, nell’insussistenza di un obbligo della P.A. di subire passivamente l’interruzione del proprio servizio" (Cass., sentenza n. 12822 del 29/11/1991).

18. In questo caso, ci si muoveva all’interno di un servizio pubblico essenziale. Il diritto di sciopero era entrato in contrasto con il diritto alla istruzione pubblica (di cui gli scrutini di fine anno costituiscono un momento cruciale). La L. n. 146 del 1990 non applicabile ratione temporis al caso valutato dalla Cassazione, avrebbe poi disciplinato la materia.

19. Deve ritenersi che il criterio possa estendersi anche alle situazioni in cui l’interesse da coordinare con lo sciopero sia quello imprenditoriale, garantito dall’art. 41 Cost., per il quale "L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà alla dignità umana".

20. Il datore di lavoro in caso di sciopero può quindi, anche quando non vengano in rilievo interessi pubblici ma il suo interesse privato, procedere alla sostituzione dei lavoratori in sciopero con altri lavoratori, non aderenti alla astensione o impiegati in settori nei quali non è stato proclamato lo sciopero.

21. Si può anche ritenere che la riorganizzazione aziendale volta a limitare gli effetti negativi per l’azienda dello sciopero possa consistere tanto nell’impiego dei lavoratori non scioperanti nei compiti propri dei lavoratori in sciopero, quanto in compiti diversi, che permettano comunque di elidere gli effetti negativi per il datore di lavoro della astensione.

22. Non ogni scelta funzionale a tal fine è però consentita. Il limite è costituito dal fatto che la sostituzione deve essere fatta in modo legittimo.

23. Sicuramente legittimo è lo spostamento nelle mansioni degli scioperanti di lavoratori della stessa qualifica, nel pieno rispetto dell’art. 2103 c.c., o addirittura di lavoratori con qualifica inferiore, cui saranno riconosciuti i diritti previsti da tale norma, senza peraltro ledere i diritti dei lavoratori sostituiti.

24. Diverso è il caso in cui i lavoratori chiamati a sostituire i dipendenti in sciopero, o chiamati a svolgere attività diverse ma che neutralizzino gli effetti dello sciopero, siano di qualifica superiore e vengano quindi impiegati in mansioni inferiori.

25. In queste ipotesi bisogna verificare se lo svolgimento dei compiti inerenti ad una qualifica inferiore rientri negli ambiti, circoscritti, in cui ciò è consentito dalla legge.

26. L’art. 2103 c.c., infatti, nega tale possibilità, sancendo che "Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte…" ed aggiunge, che "ogni patto contrario è nullo". 27. La giurisprudenza, rispetto a tale rigore, ha aperto un varco, in relazione ad una situazione che è bene richiamare per cogliere la ragionevolezza della scelta e la sua portata. Una lavoratrice bancaria aveva compilato, nell’ambito delle sue mansioni, alcuni atti riservati, che avrebbero potuto essere esposti al rischio di disguidi e di smarrimenti. Per tali motivi le fu chiesto di metterli in busta, ma la lavoratrice rifiutò di farlo, ritenendo il compito non conforme alle sue mansioni. Questa Corte ritenne che, in quel contesto, imbustare una relazione fosse "un’attività complementare e conseguente all’atto rientrante nelle mansioni" della lavoratrice e affermò che lo svolgimento di un atto inerente a mansioni inferiori, "quando sia richiesto in modo marginale e solo per completamento e doverosa definizione del lavoro principale ed assorbente" sia compatibile con l’art. 2103 c.c.. La Corte affermò il principio che "l’attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore deve corrispondere a quella della qualifica di appartenenza" e che "incidentalmente e marginalmente, per ragioni di efficienza ed economia del lavoro, o addirittura di sicurezza, gli si possano presentare mansioni inferiori e che egli le debba svolgere" (Sez. lav., 25 febbraio 1998, n. 2045).

28. La scelta non può che essere condivisa e riaffermata. E’ stata successivamente richiamata negli stessi termini dalla sentenza n. 7821 del 2001, in un caso in cui però i contorni del fatto non sono chiari anche perchè la Corte annullò la sentenza impugnata per violazioni di legge nella valutazione della prova. Così come evanescenti sono le circostanze considerate dalla sentenza n. 9709 del 2002, che applicò il principio al caso delle mansioni inferiori richieste in sostituzione dei lavoratori in sciopero.

29. Sul tema specifico le decisioni più recenti hanno affermato che quando la sostituzione degli scioperanti avvenga "con strumenti non consentiti" e cioè "in violazione di legge o di norma collettiva" l’attività di sostituzione è illegittima e che "il consenso dei lavoratori assegnati in sostituzione non è idoneo a giustificare la deroga alla disciplina di legge" (entrambe le affermazioni sono di Cass., 9 maggio 2006, n. 10624).

30. Nè diverse indicazioni debbono trarsi da Cass., 26 settembre 2007, n. 20164. Tale sentenza ha sì annullato una decisione che aveva ritenuto antisindacale la condotta aziendale di sostituzione dei lavoratori in sciopero con altri dipendenti, due dei quali di livello superiore, ma lo ha fatto perchè la sentenza impugnata "ritiene acquisito il dato dell’avvenuta dequalificazione professionale dei due tecnici di prodotto senza esaminare, come necessario, il rapporto tra i compiti svolti da costoro nella specifica occasione e le funzioni proprie della loro posizione di lavoro". In quella occasione pertanto la Corte ha rinviato al giudice di merito per il relativo accertamento e per l’applicazione del principio elaborato da Cass., 2045/1998, prima esaminata.

31. La sentenza della Corte d’Appello di Firenze oggetto di questa controversia, al contrario, ha compiuto un preciso accertamento del fatto (peraltro nei suoi tratti salienti riconosciuto anche dalla società ricorrente) ed ha applicato i principi.

38. Il ricorso contro la decisione della Corte d’appello di Firenze deve pertanto essere respinto (gli altri motivi restano assorbiti).

39. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 29,00 e in Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA, da distrarre in favore degli avvocati (omissis).

Redazione