Corte di Cassazione Civile Sezione lavoro 29/7/2009 n. 17654; Pres. De Luca, M., Est. Monaci, S.

Redazione 29/07/09
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L’indennità sostitutiva delle ferie non godute va assoggettata ai contributi previdenziali perché ha natura retributiva.

 

(Omissis)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’oggetto della causa è costituito dall’esistenza, o meno, di un obbligo, a carico del datore di lavoro, di corrispondere all’inps i contributi assicurativi sulle somme corrisposte ai dipendenti a titolo di indennità sostitutive delle ferie non godute.

La società Metro Centrale Acquisti s.p.a. ha presentato opposizione alla cartella esattoriale emanata a suo carico a questo titolo per contributi relativi al periodo dal gennaio 1992 al marzo 1997.

Il Tribunale di Milano ha revocato la cartella ma ha condannato l’opponente a pagare la somma capitale per i contributi, riducendo peraltro le sanzioni irrogate.

Allo stesso modo, l’altra società Metro Commerciale s.p.a. ha proposto una controversia analoga per le medesime ragioni, riferite a contributi relativi al periodo dal giugno 1992 al gennaio 1997.

Anche in questo caso il Tribunale di Milano ha revocato la cartella, ma ha condannato l’opponente a pagare la somma capitale per i contributi, oltre alle sanzioni nella misura di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 217, lett. a).

2. Entrambe le controversia venivano impugnate.

La Corte d’Appello di Milano ha riunito le due controversie, e, con sentenza n.773, in data 13 ottobre / 22 novembre 2005, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ed in accoglimento dell’appello incidentale dell’inps, ha rigettato l’opposizione alla cartella esattoriale nei confronti della Metro Centrale Acquisti.

Ha rigettato, però, anche gli appelli principali della due società, ed ha compensato, infine, le spese dei due gradi di giudizio.

La sentenza, riteneva, in sintesi, che sussistesse l’obbligo di corrispondere i contributi assicurativi anche sulle somme corrisposte ai lavoratori in sostituzione di ferie non godute, e che non si potessero applicare al caso di specie le diverse disposizioni in materia di riduzione delle sanzioni (L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 218, e L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 10), perchè presupponevano tutte che i contributi fossero stati pagati, e nei casi di specie questo requisito non si era verificato; proprio per questo ha accolto l’appello incidentale, proposto dall’istituto assicuratore soltanto nel giudizio proposto dalla Metro Centrale Acquisti. Ha compensato peraltro le spese in considerazione dell’esistenza di contrastanti orientamenti giurisprudenziali.

3. Avverso la sentenza di appello, notificata il 20 febbraio 2006, la società Metro Italia Cash and ************ (quale incorporante sia della società Metro Centrale Acquisti s.p.a. che della società Metro Commerciale s.p.a.) ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi di impugnazione (indicati nell’atto con i numeri 2 e 3, dopo un paragrafo di premesse), notificato, in termine, il 19 – 20 aprile 2006.

L’intimato Inps ha resistito con controricorso notificato, in termine, il 23 – 25 maggio 2006.

L’altra intimata Esatri – Esazione Tributi s.p.a. non ha presentato difese in questa fase.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Dopo un primo paragrafo (sub 1) quale premessa, sul diritto alle ferie e all’indennità sostitutiva e sul contrastante orientamento della giurisprudenza in ordine alla natura giuridica dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute, nel primo motivo di impugnazione (sub 2) la ricorrente società Metro Italia Cash and ***** s.p.a. denunzia l’insufficiente motivazione su di un punto decisivo della giurisprudenza, quello relativo alla natura giuridica dell’indennità sostitutiva per ferie non godute.

La sentenza – a suo parere – non conteneva una effettiva giustificazione della decisione adottata, che consentisse di individuarne le ragioni.

2. Nel secondo motivo di impugnazione (sub 3) la ricorrente denunzia, invece, la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento alla L. n. 153 del 1969, art. 12, ed alla normativa da applicare in materia di sanzioni.

Contesta l’interpretazione della nozione data dalla Corte d’Appello di Milano al concetto di retribuzione imponibile prevista dalla norma.

Secondo la ricorrente dovevano essere esclusi dalla retribuzione imponibile i pagamenti effettuati in forza di una causa autonoma ancorchè occasionata dal rapporto di lavoro, come il risarcimento del danno per obblighi contrattuali non adempiuti.

Le somme erogate a titolo di risarcimento avevano una causa autonoma.

La ricorrente contesta anche l’interpretazione data dalla sentenza alla normativa applicabile in materia di sanzioni, vale a dire alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 218, e alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 18.

3. Il ricorso non è fondato e non può trovare accoglimento.

Deve essere esaminato per primo, perchè logicamente prioritario, il secondo motivo di impugnazione.

Le due censure contenute nel motivo sono entrambe infondate.

La materia in discussione nella prima di esse è già stata esaminata più volte da questa Corte che, in particolare negli ultimi anni, è giunta ormai ad esprimere un orientamento uniforme.

Uno dei precedenti più recenti concerne proprio una controversia intercorsa sulla medesima materia tra le stesse parti, e la Corte lo ha deciso ha deciso ribadendo ancora una volta il principio che “l’indennità sostitutiva di ferie non godute è assoggettabile a contribuzione previdenziale in base alla L. n. 153 del 1969, art. 12, sia perchè essendo in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che il lavoratore avrebbe dovuto dedicare al riposo ha carattere retributivo e gode della garanzia prestata dall’art. 2126 c.c., a favore delle prestazioni effettuate in violazione di norme poste a tutela del lavoratore, sia perchè un eventuale suo profilo risarcitorio non escluderebbe la riconducibilità all’ampia nozione di retribuzione imponibile delineata dal citato art. 12, costituendo essa comunque un’attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e non essendo ricompresa nell’elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla contribuzione”. (Cass. civ., 4 settembre 2006, n. 19023; nello stesso senso, 3 aprile 2004, n. 6607; 22 settembre 2000, n. 12601; 13 maggio 1998, n. 4839; 10 agosto 1995, n. 8791; 9 settembre 1993, n. 9436; 13 aprile 1993, n. 4361; in senso contrario soltanto 27 agosto 2003, n. 12580; 2 agosto 2000, n.10173).

Infatti, “ai sensi della L. n. 153 del 1969, art. 12, rientra nella nozione di retribuzione imponibile ai fini previdenziali, in relazione alla quale sussiste l’obbligo contributivo del datore di lavoro, qualsiasi utilità economicamente valutabile corrisposta al dipendente che provenga soggettivamente dal datore di lavoro se, sotto il profilo oggettivo o causale sia collegata al rapporto di lavoro e ricevuta in dipendenza dello stesso” (Cass. civ., 24 novembre 2004, n.22165; nello stesso senso, 9 agosto 2005, n. 16761; 19 agosto 2004, n. 16313; 21 luglio 2004, n. 13523; 23 ottobre 2002, n. 14956; 11 dicembre 2001, n. 15621; 23 marzo 2001, n. 4262; 9 ottobre 1999, n. 11148; e, con riferimento alla materia fiscale – logicamente vicina a quella della contribuzione previdenziale – 18 agosto 2004, n. 16101).

Questo Collegio condivide e fa proprio l’orientamento espresso appunto dalla giurisprudenza prevalente e più recente, secondo cui appunto l’indennità sostitutiva delle ferie non godute deve essere assoggettata a contribuzione previdenza le, in quanto non sussistono motivi per discostarsene.

4. è infondato anche il secondo profilo di illegittimità prospettato nel secondo motivo di impugnazione.

La società ricorrente lamenta che sarebbe stata erroneamente applicata la normativa in materia di sanzioni, e critica, in particolare, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui non potrebbe trovare applicazione il regime più favorevole previsto dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 218, nonchè quella successiva secondo cui nel caso di specie non ricorrono i presupposti di legge per l’applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 18.

La sentenza ha ritenuto che le due norme non potessero essere applicate perchè presupponevano entrambe l’avvenuto versamento dei contributi assicurativi entro i termini fissati dagli enti impositori, e nel caso di specie questo obbligo non era stato adempiuto. L’argomentazione della Corte d’Appello appare corretta, e non viene scalfita dalle critiche, peraltro generiche, svolte dall’appellante.

Per chiarezza, la L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 218, stabilisce che “nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, semprechè il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositorì, si applica una somma aggiuntiva, in ragione d’anno, in misura pari al tasso dell’interesse di differimento e di dilazione di cui al D.L. 29 luglio 1981, n. 402, art. 13, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni ed integrazioni. La somma aggiuntiva non può essere superiore al 100 per cento dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge”, mentre la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116, comma 10, dispone analogamente che “nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, semprechè il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impostori, si applica una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge”.

Entrambe le norme presuppongono, dunque, che il pagamento dei contributi base sia stato effettuato nel termine fissato dall’ente impostore, e non è in contestazione che nel caso di specie questo adempimento non sia stato effettuato.

Nè la ricorrente può avvalersi della previsione della stessa L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 18, secondo cui “per i crediti in essere e accertati al 30 settembre 2000 le sanzioni sono dovute nella misura e secondo le modalità fissate dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 217, 218, 219, 220, 221, 222, 223 e 224. Il maggiore importo versato, pari alla differenza fra quanto dovuto ai sensi dei predetti commi della citata L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, e quanto calcolato in base all’applicazione dei commi da 8 a 17 del presente articolo, costituisce un credito contributivo nei confronti dell’ente previdenziale che potrà essere posto a conguaglio ratealmente nell’arco di un anno, tenendo conto delle scadenze temporali previste per il pagamento dei contributi e premi assicurativi correnti, secondo modalità operative fissate da ciascun ente previdenziale”.

Il richiamo così effettuato alla L. n. 662 del 1996, art. 1, commi da 217 a 224, presuppone che le disposizioni nei singoli commi richiamate non siano interpretate separatamente, ma nel loro complesso, e più ampiamente nell’intero contesto sia della L. n. 662 del 1996, che della L. n. 338 del 2000.

Non va dimenticato che sono entrambe leggi di bilancio, tese, per la parte che qui interessa, al rientro dell’evasione contributiva ed alla diminuzione del contenzioso; di conseguenza prevedono benefici sulle sanzioni in favore dei datori di lavori inadempienti, ma se ed in quanto i contributi base vengano pagati e rientrino nelle casse degli Istituti assicuratori pubblici (con conseguente sollievo, indirettamente, per lo stesso bilancio dello Stato).

Sul piano strettamente testuale il richiamo, astraendo da una serie di disposizioni di carattere particolare che non interessano la fattispecie in esame (in concreto quelle contenute nella L. n. 662 del 1996, art. 1, commi da 219 a 224), il richiamo non può essere inteso come riferito al solo comma 217, (che stabilisce modalità meno gravose di calcolo delle sanzioni), ma anche al successivo comma 218, proprio perchè la ricorrente assume che il mancato pagamento dei contributi era dovuto proprio ad oggettìve incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali.

E, come si è detto, il comma 218 prescrive tra le altre modalità di applicazione, che i benefici siano dovuti soltanto se “il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori”.

La censura è dunque infondata.

5. Il primo motivo di impugnazione, sul difetto di motivazione, è parzialmente assorbito dal rigetto del secondo motivo, ed è comunque infondato.

Da un lato non è esatto che la sentenza impugnata non abbia motivato, chiaramente ed in dettaglio, sulle ragioni della decisione assunte, e, in secondo luogo, la decisione deve, in ogni caso, comunque essere confermata sulla base alle considerazioni già esposte.

6. Il ricorso pertanto deve essere rigettato.

Le spese, liquidate così come in dispositivo (anche in relazione all’entità della controversia) seguono la soccombenza in danno della società ricorrente ed in favore de resistente Inps.

Nulla va disposto per le spese nei confronti dell’altra intimata ****** che non ha presentato difese in questa fase.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 16,00, oltre ad Euro 6.000,00 (seimila/00) per onorari, oltre ad accessori, nei confronti dell’Inps. Nulla per le spese nei confronti della Esatri.

Redazione