Corte di Cassazione Civile Sezione lavoro 29/4/2009 n. 9988; Pres. Sciarelli G.

Redazione 29/04/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 23 dicembre 2004 S.C. propose appello avverso la sentenza con cui il Tribunale di Lecce aveva respinto la domanda diretta al riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità civile o, in subordine, del diritto all’assegno d’invalidità.

Con sentenza del 23 giugno 2005 la Corte d’Appello di Lecce respinse l’impugnazione. Afferma il giudicante che il primo giudice aveva adeguatamente motivato l’adesione al parere del consulente tecnico d’ufficio.

La certificazione dell'(omissis) (compilata anteriormente alla consulenza tecnica d’ufficio), attestante cardiopatia ipertensiva (peraltro diagnosticata anche dal consulente d’ufficio), essendo stata prodotta solo in appello, era tardiva.

Le altre certificazioni, pur posteriori alla consulenza tecnica d’ufficio, non segnalavano fatti rilevanti, che giustificassero una nuova consulenza tecnica d’ufficio.

Il certificato attestante l’iscrizione nelle liste speciali, non prodotto in primo grado, ai fini del diritto in controversia non era necessario. Necessario era provare lo stato di in occupazione ed il mancato superamento dei limiti reddituali: prova non fornita in primo grado. Ed il primo giudice aveva correttamente non fatto uso (ex art. 421 cod. proc. civ.) dei poteri d’ufficio.

Per la cassazione di questa sentenza S.C. propone ricorso, articolato in 5 motivi e coltivato con memoria; l’INPS resiste con controricorso; il MINISTERO DELLE FINANZE non si è costituito in giudizio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunciando per l’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 violazione ed erronea applicazione dell’art. 149 disp. att. cod. proc. civ. e degli artt. 421 e 437 cod. proc. civ. in relazione alla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13 nonchè omessa ed insufficiente motivazione, la ricorrente sostiene che, poichè dopo l’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio era stata depositata documentazione sanitaria, il giudice di merito aveva l’onere di valutare i fatti ivi segnalati in quanto posteriori all’indagine tecnica; e, per quelli anteriori, aveva l’onere di esercitare i poteri d’ufficio "ai fini della ricerca della verità materiale". 2. Con il secondo motivo, denunciando per l’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 violazione ed erronea applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13 e dell’art. 2909 cod. civ. e degli artt. 421 e 437 cod. proc. civ. nonchè omessa ed insufficiente motivazione, la ricorrente sostiene che:

2.a. poichè il giudice di primo grado non aveva riconosciuto il diritto all’assegno di invalidità per il mancato deposito della documentazione attestante "l’incollocamento", la questione attinente alla prova del requisito socio – economico era da ritenersi risolta con giudicato;

2.b. la documentazione depositata in secondo grado doveva essere acquisita nell’ambito della finalità di "ricerca della verità materiale";

2.c. il secondo giudice, poi, aveva affermato che, poichè il ricorrente era ultracinquantacinquenne, il requisito dell’iscrizione non era necessario; contraddittoriamente aveva poi rilevato che il certificato d’iscrizione non era stato prodotto in primo grado;

3. Con il terzo motivo, denunciando per l’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 violazione ed erronea applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13 nonchè omessa ed insufficiente motivazione, la ricorrente sostiene che:

3.a. "con l’atto d’appello il ricorrente ha motivato puntualmente in merito all’insorgenza del diritto sin dalla data della domanda amministrativa";

3.b. come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il giudice di merito, ove ritenga di spostare la data di decorrenza del diritto alla prestazione previdenziale od assistenziale, deve accertare la stessa decorrenza con la massima precisione, attraverso accurata valutazione di tutte le risultanze di causa;

3.c. nel caso in esame, il secondo giudice "non ha eseguito una valutazione con la massima precisione e tanto meno ha eseguito una valutazione critica ed attenta della complessa ed articolata situazione patologica dell’assicurato.

4. Con il quarto motivo, denunciando per l’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 violazione ed erronea applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13 nonchè omessa ed insufficiente motivazione, la ricorrente sostiene che il giudicante:

4.a. "scrupolosamente attenendosi alle tabelle ministeriali", non ha eseguito una valutazione globale delle affezioni;

4.b. non ha accertato se la residua capacità lavorativa fosse o non fosse sufficiente a conseguire un reddito che garantisca una vita dignitosa.

5. Con il quinto motivo, denunciando per l’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 37 nonchè omessa ed insufficiente motivazione, la ricorrente sostiene che il giudicante non si è pronunciato sul motivo di gravame relativo alla legittimazione passiva del MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE. 6. I motivi del ricorso, che essendo interconnessi devono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

7. E’ nota la necessità che la censura proposta in sede di legittimità indichi, nello stesso testo del ricorso, gli elementi trascurati dalla sentenza impugnata, nella loro materiale consistenza, nella loro processuale rilevanza – quale potenzialità probatoria, che consenta di giungere ad una diversa decisione – e nella loro pregressa deduzione (e plurimis, Cass. 11 ottobre 1995 n. 10611; Cass. 24 febbraio 2000 n. 2112; Cass. 23 gennaio 2009 n. 1707).

Per quanto attiene al dedotto difetto di legittimazione passiva, nulla è stato indicato. Il quinto motivo è inammissibile.

8. Il giudicante ha correttamente ritenuto che, poichè il ricorrente è ultracinquantacinquenne, il formale requisito dell’iscrizione nelle liste di collocamento non era necessario.

Necessario era (nè in ciò è contraddizione) il requisito dell’inoccupazione (quale materiale assenza di un’attualità lavorativa);

egualmente necessario, il requisito del mancato superamento dei limiti reddituali.

Ed il giudicante ha esattamente rilevata l’omissione della relativa prova.

Il secondo motivo è infondato.

9. La valutazione delle prove è funzione del giudice di merito, che, priva di vizi logici e giuridici, in sede di legittimità è insindacabile (e plurimis, Cass. Sez. Un. 27 dicembre 1997 n. 13045).

D’altro canto, come ripetutamente affermato da questa Corte, il difetto di motivazione in ordine ad aspetti sanitari sussiste solo ove vi sia palese devianza dalle correnti nozioni della scienza medica od omissione degli accertamenti strumentali necessari alla formulazione di una corretta diagnosi; al di fuori di tale ambito, la censura costituisce mero dissenso, non attinente a vizi del processo logico formale, e si traduce nell’irrilevante critica del convincimento del giudice (e plurimis, Cass. 21 gennaio 1998 n. 530).

Nel caso in esame, da un canto il giudicante ha accertato che la valutazione del consulente tecnico d’ufficio "è stata compiuta complessivamente alla luce dei riferimenti tabellari".

D’altro canto, ha esaminato analiticamente e motivatamente valutato le certificazioni esibite dopo la consulenza tecnica d’ufficio.

Per quanto attiene specificamente alla certificazione USL (omissis), la ricorrente non indica con autosufficienza gli elementi di fatto relativi alla patologia lamentata, nè, in modo particolare, la relativa processuale rilevanza – quale potenzialità probatoria, che consenta di giungere ad una diversa decisione.

Le censure precedentemente esposte sub "7", "5" e "4.a." sono pertanto infondate.

10. In ordine alla censura precedentemente esposta sub "4.b", è da affermare quanto segue.

Poichè il lavoratore ha diritto ad una retribuzione in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè ed alla famiglia un ‘esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.), l’idoneità ad assicurare a sè ed alla famiglia un ‘esistenza libera e dignitosa è qualità propria di ogni lavoro.

La capacità lavorativa è pertanto capacità di espletare attività che ha tale idoneità.

La normativa fissazione della riduzione (di capacità), indennizzabile con l’assegno di invalidità, presuppone che la residua capacità lavorativa:

a. di per sè sola non sia sufficiente ad assicurare a sè ed alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa è qualità propria di ogni lavoro;

b. conservi tuttavia la potenzialità per conseguire una parte di questa retribuzione;

c. esiga, nella misura della propria insufficienza, l’integrazione.

L’assegno ha questa funzione integrativa, come copertura dell’accertata incapacità.

In tal modo (e quale algebrica negazione di quanto la ricorrente deduce), il riconoscimento dell’assegno è normativa qualificazione della residua capacità lavorativa come insufficiente a far conseguire al lavoratore una retribuzione che assicuri un ‘esistenza libera e dignitosa.

11. Il ricorso deve essere respinto. In applicazione dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nulla è da disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; nulla dispone in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Redazione