Corte di Cassazione Civile Sezione lavoro 27/5/2010 n. 12960

Redazione 27/05/10
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Svolgimento del processo
1. Con ricorso al Pretore di Chieti, depositato il 20 maggio 1987, la s.p.a. ICO chiedeva, nei confronti dell’INAIL, che fossero calcolati i premi assicurativi effettivamente dovuti all’Istituto per gli anni dal 1977 al 1986, con esclusione degli oneri indiretti e di quelli relativi alla spesa sanitaria e al tasso dell’1% previsto dal D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 181. Chiedeva, quindi, la condanna dell’INAIL a restituire, con gli accessori di legge, le somme indebitamente percette per tali titoli.
L’Istituto previdenziale si costituiva resistendo.
Con sentenza del 3 giugno/20 luglio 1988, il Pretore, sulla scorta della consulenza tecnica espletata, determinava il tasso specifico aziendale con esclusione degli oneri indiretti e condannava l’Istituto a restituire la somma di L. 56.861.451, oltre agli interessi legali e alle spese.
11 Tribunale di Chieti rigettava, con sentenza del 3 maggio/9 luglio 1990, l’appello dell’INAIL. 2. Su ricorso dell’Istituto assicuratore, questa Corte, con sentenza n. 2160 dell’8 aprile 1991/21 febbraio 1992, cassava la sentenza di secondo grado e rinviava al Tribunale di Teramo, affermando il principio secondo cui "ai fini dell’assicurazione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali nel settore industriale il tasso specifico aziendale di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 40, è calcolato con gli stessi criteri, elementi e norme tenuti presenti per la determinazione dei tassi medi di tariffa".
L’INAIL provvedeva alla riassunzione e il Tribunale di Teramo, con sentenza del 27 gennaio/10 febbraio 1995, accoglieva l’appello dell’Istituto e rigettava la domanda proposta dalla società ICO con il ricorso introduttivo, condannando la quest’ultima alla restituzione degli importi ottenuti dall’INAIL in esecuzione delle sentenze di merito.
Il Tribunale di Teramo riteneva che la società ICO avesse prestato acquiescenza alla determinazione ed alla inclusione, da parte del consulente tecnico di ufficio nominato in primo grado, degli oneri indiretti così come indicati dall’INAIL. 3. Su ricorso della ICO, questa Corte, reinvestita della questione, con sentenza n. 8482 del 12 giugno/25 settembre 1996 cassava la sentenza del giudice di rinvio ed affermava il principio secondo cui "l’art. 346 c.p.c., nel considerare rinunciate le domande ed eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado (o perchè respinte o perchè non esaminate) si riferisce a quelle ragioni delle parti su cui il giudice non può pronunciarsi se ne manchi l’allegazione ad opera delle stesse parti, e non riguarda i fatti dedotti dalle parti a fondamento della domanda o della eccezione nè le inerenti deduzioni probatorie che, sottoposti al giudice di primo grado, tornano a costituire oggetto di esame, valutazione ed accertamento da parte del giudice di appello, in quanto questi, a causa della impugnazione, torna a doversi pronunciare sulla domanda accolta o sulla eccezione respinta e quindi a dover esaminare fatti, allegazioni probatorie e ragioni giuridiche già dedotte in primo grado e rilevanti ai fini del giudizio sulla domanda o sull’eccezione". 4. La riassunzione della causa presso il designato Tribunale di Pescara veniva operata dalla società ICO s.r.l con ricorso depositato il 18 settembre 1997.
L’INAIL resisteva.
Disposta ed espletata consulenza tecnica, sulla scorta delle conclusioni del proprio ausiliare il giudice del secondo rinvio riteneva che l’INAIL, pur partendo dalla corretta premessa che il tasso specifico aziendale deve essere calcolato con gli stessi elementi, criteri e norme tenuti presenti per la determinazione del tasso medio nazionale relativo alla lavorazione (secondo il principio di diritto affermato dalla prima sentenza rescindente), aveva poi errato nel sostenere che oneri quali la riserva sinistri ed il caricamento vanno computati nel calcolo del tasso specifico aziendale anche in assenza di infortuni, in base al principio di solidarietà e mutualità.
Il Tribunale di Pescara condivideva, quindi, il sistema di calcolo adottato dal c.t.u. dallo stesso nominato, con la rideterminazione del premio assicurativo dovuto per gli anni dal 1977 al 1986 secondo questi criteri: considerazione non solo degli oneri diretti D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 66, effettivamente erogati dall’INAIL (con il computo, per le rendite erogate, dei ratei effettivamente pagati nei trienni, e non già degli importi, neppure frazionati, delle capitalizzazionì delle rendite), ma di tutte le spese sopportate dall’Istituto assicuratore, cioè degli oneri presunti (costituiti dalla riserva sinistri) nonchè di tutti gli oneri indiretti (consistenti nelle spese per prestazioni medico-legali, spese generali di amministrazione e tutte le altre spese previste per il tasso nazionale), riferiti ai trienni di osservazione; costi presunti, per quanto concerne la riserva sinistri, riferiti alla effettiva situazione presso la società ICO. I calcoli del c.t.u. comportavano, per il Tribunale di Pescara, che la società aveva pagato in più, per i periodi in contestazione, pressappoco le stesse somme determinate dal primo c.t.u.: L. 1.916.940 per la posizione assicurativa n. (omissis) e L. 56.945.980 per la posizione assicurativa n. (omissis).
Il Tribunale rigettava, pertanto, l’appello dell’INAIL e confermava la sentenza del Pretore di Chieti; compensava interamente fra le parti le spese dei giudizi di appello e di cassazione.
5. Per la cassazione di questa sentenza ricorreva, formulando tre motivi di censura, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL).
La ICO s.r.l. resisteva con controricorso e proponeva ricorso incidentale.
Questa Corte, nuovamente investita, con sentenze n. 3778 del 14 marzo 2003 ha accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, restando assorbita la censura relativa alla regolazione delle spese processuali; ha cassato la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di L’Aquila.
Osservava in particolare questa Corte che la tormentata questione delle modalità di determinazione del tasso specifico aziendale era stata sottoposta all’esame delle Sezioni Unite, che con sentenza n. 7853 dell’11 giugno 2001, avevano affermato: "Ai fini della determinazione del premio dovuto dalle aziende industriali per l’assicurazione dei dipendenti contro gli infortuni e le malattie professionali, nel calcolo del tasso specifico aziendale devono essere inclusi gli oneri per i casi di infortunio e di malattia professionale ancora da definire alla data di tale calcolo (riserva sinistri), anche quando nell’azienda non si siano verificati infortuni nel periodo considerato; ed infatti il detto tasso specifico aziendale è stato previsto dal D.M. 18 giugno 1988, e dai precedenti decreti (contenenti le tabelle di classificazione delle diverse lavorazioni con i corrispondenti tassi di tariffa, nonchè i criteri di determinazione del tasso specifico aziendale) con riferimento non all’andamento infortunistico della singola azienda, bensì al rapporto tra l’andamento infortunistico in ciascuna categoria di lavorazione ed il numero di lavoratori assicurati nelle singole imprese, in corrispondenza di un principio di mutualità tra le imprese assicuranti, che – salvaguardando l’equilibrio finanziario dell’ente assicuratore e ripartendo gli effetti dei sinistri fra le imprese – consente di evitare che l’assenza di eventi dannosi per una pluralità di imprese e la conseguente riduzione contributiva, eventualmente assai consistente nel complesso, si traduca in un pesante aggravio per le imprese colpite da sinistri o si ripercuota sul bilancio dell’ente assicuratore, mentre l’assenza di sinistri per la singola azienda può eventualmente comportare per quest’ultima il beneficio di una riduzione del tasso, una volta che questo sia stato determinato previa inclusione della detta riserva (ex art. 20, comma 4, del citato D.M. del 1988)".
Alla luce di tale principio di diritto La Corte cassava la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di L’Aquila specificando "Il giudice di rinvio si atterrà al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 7853 dell’11 giugno 2001 e sopra riportato, tenendo altresì conto del giudicato che si è formato sulle modalità di calcolo degli oneri relativi alle rendite per gli infortuni con esiti di inabilità permanente, come determinate dal primo c.t.u.". 6. Riassunto il giudizio, la Corte d’appello di L’Aquila con sentenza del 16 marzo – 26 luglio 2006 ha accolto l’appello rigettando l’originaria domanda della società. 7. Avverso questa pronuncia propone ricorso per cassazione l’originario ricorrente con sei motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.

Motivi della decisione
1. Il ricorso è articolato in sei motivi con cui la società ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c., e artt. 70, 77 e 117 Cost., (primo motivo); la violazione dell’art. 342 c.p.c., e la sostituzione del giudice alla parte nelle censure di merito (secondo motivo); la violazione del principio dispositivo per ultra-petizione e/o extra-petizione essendosi il giudice sostituito alla parte nel delibare lo soluzione della controversia (terzo motivo); la violazione di norme di legge ed in particolare del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 39 e 40, e del D.M. 18 giugno 1988, artt. 19 e 20, (quarto e quinto motivo).
Essenzialmente la ricorrente critica l’arresto giurisprudenziale di questa Corte che, sulla questione dei criteri di calcolo del tasso specifico aziendale, ha dato un’interpretazione delle norme applicabili nel presente giudizio diversa da quella auspicata dalla società ricorrente.
Infine la ricorrente lamenta la violazione delle norme sul regolamento delle spese di lite (sesto motivo).
2. Il ricorso – che in sei motivi, di cui i primi cinque esaminabili congiuntamente, ripropone, pervenendo per la quarta volta innanzi a questa Corte nello stesso giudizio, la questione delle modalità di calcolo del tasso aziendale INAIL – è infondato.
3. Tale questione è già stata esaminata e risolta dalle Sezioni Unite con sentenza n. 7853 dell’11 giugno 2001 Deve considerarsi in proposito – riprendendo la pronuncia citata – che il premio dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, da porre a carico delle imprese, dev’essere calcolato tenendo conto, fra l’altro, della necessità di costituire presso l’assicuratore una "riserva sinistri", il cui ammontare viene calcolato sulla base di un tasso medio nazionale, risultante dal rapporto tra gli oneri sopportati dall’istituto stesso e le retribuzioni corrisposte dalle imprese, e un tasso specifico aziendale. Il primo risulta da una stima effettuata a livello nazionale sulla base dei casi sia denunciati e non definiti sia già definiti, e della media delle retribuzioni. Il secondo risulta dalle situazioni delle singole imprese, ossia dal rischio corso dall’Istituto in relazione al numero degli occupati nella singola impresa ed all’ammontare delle retribuzioni.
In particolare il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 41, dispone che "il premio di assicurazione è dovuto dal datore di lavoro in base al tasso di premio previsto dalla tariffa di cui al precedente articolo, e applicato dall’INAIL nella misura, con le modalità e secondo le condizioni della tariffa stessa sull’ammontare complessivo delle retribuzioni effettivamente corrisposte o convenzionali, o comunque dovute ai sensi di legge per tutta la durata dei lavori ai prestatori d’opera compresi nell’obbligo di assicurazione".
Le tariffe successivamente approvate nel tempo, rispettivamente con D.M. 10 dicembre 1971, D.M. 14 novembre 1978 e D.M. 18 giugno 1988, hanno contenuto le tabelle di classificazione delle diverse lavorazioni, con i corrispondenti tassi di tariffa, nonchè le disposizioni sulle "modalità per l’applicazione della tariffa e per il pagamento dei premi". Il primo D.M. (quello del 1971) ha previsto, in applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 39 e 40, sia il tasso medio nazionale, di cui sopra s’è detto, sia il tasso specifico aziendale. L’art. 14 ha stabilito infatti: "L’INAIL applica un tasso in misura inferiore o superiore a non più del venti per cento del tasso medio (nazionale) di tariffa, in relazione all’andamento infortunistico aziendale quale risulta dal tasso specifico aziendale (comma 1)". E ancora: "il tasso specifico aziendale… è quello risultante dal rapporto oneri-mercedi nel triennio – o del minore periodo nell’ipotesi di attività che abbiano avuto inizio da meno di tre anni – immediatamente precedente l’anno in cui è stata avanzata la richiesta di riduzione (da parte del datore di lavoro) o d’aumento (da parte dell’INAIL) (comma 3)".
Il tasso specifico aziendale consente così di differenziare il premio dovuto in ragione della prevedibile spesa da sopportare per la singola impresa.
Per la fissazione di entrambi i tassi, nazionale e aziendale, occorre dunque computare, secondo la cit. pronuncia delle Sezioni Unite: a) gli oneri diretti, ossia le prestazioni economiche o sanitarie da erogare; b) gli oneri indiretti, ossia le spese aggiuntive per accertamenti medico-legali per amministrazione, per contributi allo Stato, ecc.; c) gli oneri presunti, che si traducono nella riserva sinistri, ossia nella somma destinata a coprire oneri sicuramente da sopportare ma attualmente non determinabili in via definitiva. Questi ultimi concorrono a fissare il tasso specifico aziendale.
La funzione del tasso specifico aziendale è dunque quella di ripartire fra le singole aziende lo stesso onere finanziario della gestione assicurativa che il tasso medio nazionale ripartisce fra gruppi di aziende esercitanti le medesime lavorazioni, previo un confronto dei rispettivi elementi costitutivi, in modo da rendere possibile il rilievo delle rispettive oscillazioni, in aumento o in diminuzione, sulla base dei dati da confrontare.
Pertanto, al fine di determinare il tasso specifico aziendale, nell’ambito della riserva sinistri deve presumersi un onere di prestazione anche nelle ipotesi in cui, durante l’esercizio in corso al momento del calcolo del premio, non siano stati denunciati nell’azienda infortuni o malattie professionali. In altre parole il tasso specifico aziendale è stato previsto nella tariffa del 1988 e nelle precedenti con riferimento non all’andamento infortunìstico della singola azienda bensì al rapporto tra l’andamento infortunistico in ciascuna categoria di lavorazione ed il numero di lavoratori assicurati nelle singole imprese nonchè le loro retribuzioni.
Secondo la sentenza delle SS.UU. gli oneri presunti sono calcolati a stima su base nazionale e attribuiti alle singole posizioni assicurative con criterio statistico – attuariale – c’è comunque un’incidenza. Il criterio è però l’opposto di quello previsto per gli oneri diretti ed indiretti che implicano di verificare l’andamento infortunistico della singola azienda. Invece per gli "oneri presunti" si passa dal grande gruppo al livello nazionale e l’eventuale scostamento determina una modifica, in meno o in più, del tasso medio.
La logica quindi sottesa a tale criterio non è quella del bonus – malus; ma è una logica solidaristica di riequilibrio: l’azienda che appartiene ad un grande gruppo con un’elevata riserva sinistri è agevolata dalla comparazione a livello nazionale; invece l’azienda che appartiene ad un grande gruppo con un bassa riserva sinistri è chiamata in ragione di questo canone solidaristico – ad un incremento del tasso medio. In questa diversa ottica è evidente che non rileva più l’andamento infortunistico concreto della singola azienda.
4. Pertanto – come ha poi correttamente ritenuto il giudice di rinvio facendo applicazione del principio di diritto enunciato dalla sentenza rescindente – al fine della determinazione del contributo previdenziale, il tasso specifico aziendale va calcolato tenendo conto della riserva sinistri, da includere nel calcolo anche quando nell’azienda e nel periodo considerato non si siano verificati infortuni.
Può anche aggiungersi, in riferimento a specifici rilievi della ricorrente, che nessun giudicato si è formato tra le parti e che il giudice di rinvio si è limitato a richiamare la giurisprudenza di questa Corte e segnatamente la sentenza rescindente che, sulla scorta della richiamata pronuncia delle Sezioni Unite, ha dato un’interpretazione delle norme applicabili nel presente giudizio diversa da quella auspicata dalla società ricorrente.
5. Infine, quanto al sesto motivo di ricorso, è sufficiente rilevare che le spese di lite giustamente sono state – dal giudice del rinvio – messe a carico della parte ricorrente che è risultata soccombente all’esito complessivo del giudizio.
6. Il ricorso nel suo complesso va quindi rigettato.
Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 19,00, per esborsi, oltre Euro 4.000,00 (quattromila) per onorario d’avvocato ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Redazione