Corte di Cassazione Civile Sezione lavoro 24/1/2008 n. 1563; Pres. Senese, S., Est. Miani Canevari,I F.

Redazione 24/01/08
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DM SANITà DEL 03/11/1989 ART. 2 DM SANITà DEL 03/11/1989 ART. 7 DM SANITà DEL 13/05/1993 ART. 2 E rilevante e non manifestamente infondata – in relazione agli artt. 3 e 32 della Costituzione – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 comma 5 della legge 23 ottobre 1985 n.595, come integrato dagli artt. 2 e 7 del d.m. 3 novembre 1989 e dall’art. 2 del d.m. 13 maggio 1993, nella parte in cui, riconoscendo il diritto alla fruizione in forma indiretta di prestazioni assistenziali per i cittadini italiani all’estero presso centri di altissima specializzazione, esclude tale assistenza per prestazioni ottenute all’estero in strutture diverse dai suddetti centri anche quando tali prestazioni siano rese indispensabili da comprovate ragioni di gravità. Tale norma, infatti, realizza una irragionevole disparità di trattamento tra le due situazioni poiché la lesione del diritto alla salute, che non incontra, nel suo nucleo irriducibile, il limite delle risorse finanziarie disponibili, si prospetta negli stessi termini sia quando la patologia – per l’altissima specializzazione del centro – possa essere curata solo all’estero, sia quando la stessa, imprevista al momento del passaggio della frontiera, debba necessariamente essere curata – anche in strutture diverse dai centri di altissima specializzazione – solo nel luogo ove si è manifestata, non sopportando, per l’irreparabile pregiudizio che ne può derivare, alcun differimento. Né una diversità di trattamento può trovare giustificazione nelle ragioni – professionali o meno – che hanno determinato il soggiorno all’estero, non potendosi assegnare una aprioristica valutazione negativa a motivi diversi dal lavoro o dallo studio, che, anzi, possono corrispondere a fattori di arricchimento e sviluppo della personalità. (Solleva questione legittimità costituzionale, App. Milano, 8 Gennaio 2004)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La sig. C.M. ha convenuto dinanzi al Tribunale di Monza la Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Milano n. (OMISSIS) e la Regione Lombardia chiedendo il rimborso delle spese sanitarie sostenute, durante un soggiorno in (OMISSIS), a seguito del ricovero di urgenza presso un ospedale di (OMISSIS), dove a causa di un edema polmonare acuto aveva subito un intervento di tracheotomia.
Il Giudice adito ha rigettato la domanda proposta nei confronti della ASL convenuta, dichiarando il difetto di legittimazione passiva della Regione Lombardia. Su gravame proposto da S.R. e D., eredi della sig. C., la Corte di Appello di Milano con la sentenza oggi denunciata ha riformato tale decisione condannando la ASL al pagamento della somma richiesta.
Il Giudice dell’appello ha affermato il diritto soggettivo dell’interessata a fruire in forma indiretta delle prestazioni sanitarie per un intervento sanitario indispensabile ed urgente, rilevando che le regole dettate dalla L. n. 595 del 1985, art. 3 comma 5, e dal D.M. 3 novembre 1989 per i criteri di fruizione all’estero di prestazioni sanitarie presso centri di altissima specializzazione riguardano l’ipotesi del soggetto che trovandosi in Italia voglia recarsi all’estero per curarsi; ma in situazioni di urgenza come quella considerata si deve ritenere sufficiente la idoneità istituzionale del luogo di ricovero a far fronte al problema creatosi.
Avverso questa sentenza la Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Milano n. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo complesso. S.R. e D. resistono con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 32 Cost., della L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 37, del D.P.R. 31 luglio 1980 n. 618, della L. 23 ottobre 1985 n. 595, art. 3, del D.M. 3 novembre 1989 (modificato dal D.M. 13 maggio 1993, art. 2) e del D.M. 24 gennaio 1990 e D.M. 30 agosto 1991.
La parte ricorrente censura la sentenza impugnata rilevando che sia la legge n. 595 del 1985, art. 3, sia il D.M. del 1989, art. 7 comma 2, riguardano esclusivamente prestazioni assistenziali presso centri di altissima specializzazione all’estero e non trovano applicazione per prestazioni ottenute in strutture prive di tale caratteristica.
Il cit. D.M., art. 7, introduce una deroga per i casi di urgenza alla regola generale della preventiva autorizzazione, ma opera sempre nell’ambito di applicazione della legge per le cure presso centri di altissima specializzazione; ed infatti richiama espressamente i presupposti e le condizioni di cui all’art. 2 (che definisce le prestazioni erogabili in relazione alle caratteristiche delle strutture sanitarie).
Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, non si può derivare dall’art. 32 Cost., un diritto soggettivo al rimborso delle spese sanitarie sostenute all’estero per motivi di urgenza, oltre gli specifici casi previsti dalla normativa vigente.
Si rileva infine che nella specie non può farsi riferimento alla tutela prevista dal D.P.R. n. 618 del 1980, per i casi di permanenza all’estero per motivi di lavoro o per fruire di borse di studio, dato che la sig. C. si trovava all’estero per motivi di svago o di diporto.
2. La sentenza impugnata merita le critiche mosse dall’azienda ricorrente. La L. 23 ottobre 1985, n. 595, art. 3, comma 5, stabilisce che "con decreto del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, previo parere del Consiglio superiore di sanità, sono previsti i criteri di fruizione, in forma indiretta, di prestazioni assistenziali presso centri di altissima specializzazione all’estero in favore di cittadini italiani residenti in Italia, per prestazioni che non siano ottenibili nel nostro Paese tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico. Con lo stesso decreto sono stabiliti i limiti e le modalità per il concorso nella spesa relativa a carico dei bilanci delle singole unità sanitarie locali. Non può far carico al fondo sanitario nazionale la concessione di concorsi nelle spese di carattere non strettamente sanitario".
In relazione a questa previsione, il D.M. 3 novembre 1989 (che reca il titolo "criteri per la fruizione di prestazioni assistenziali in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all’estero") fissa all’art. 2, le tipologie di prestazioni erogabili, stabilisce all’art. 2, la regola secondo cui "il concorso nella spesa è concesso solo per le prestazioni autorizzate" (regolando poi la procedura di autorizzazione) e all’art. 5 fornisce la nozione di centro di altissima specializzazione all’estero, definito come "struttura estera, notoriamente riconosciuta in Italia, che sia in grado di assicurare prestazioni sanitarie di altissima specializzazione e che possegga caratteristiche superiori paragonate a standards, criteri e definizioni propri dell’ordinamento sanitario italiano".
L’art. 7 dello stesso testo normativo prevede deroghe alla procedura di autorizzazione di cui all’art. 4 e alle regole sul concorso nelle spese del servizio sanitario nazionale poste dall’art. 6, stabilendo poi al comma 3, (modificato dal D.M. 13 maggio 1993, art. 2) che "ferma restando la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di cui all’art. 2, si prescinde dalla preventiva autorizzazione per le prestazioni di comprovata eccezionale gravita ed urgenza ivi comprese quelle usufruite dai cittadini che si trovino già all’estero". La stessa norma dispone altresì che "in tali casi la valutatone sulla sussistenza dei presupposti e condizioni e il parere sulle spese rimborsabili sono dati dal centro di riferimento territorialmente competente entro tre mesi dall’effettuazione della relativa spesa a pena di decadenza dal diritto al rimborso".
Questa regola, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, è destinata a operare solo nell’ambito della tutela prevista "per i cittadini italiani residenti in Italia" dalla cit. L. n. 595 del 1985, art. 3, comma 5, e cioè per la fruizione di prestazioni assistenziali in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all’estero, in ordine alla quale il D.M. del 1989, e successive modificazioni, detta criteri di attuazione.
La disciplina in esame, posta dalla L. n. 595 del 1985, art. 3, comma 5, come integrato dal D.M. 3 novembre 1989, artt. 2 e 7, (modificato dal D.M. 13 maggio 1993, art. 2), deve essere quindi interpretata nel senso che il rimborso delle spese sanitarie sostenute all’estero per interventi urgenti e indifferibili spetta solo se tali spese sono sostenute per le prestazioni descritte nel citato D.M. 3 novembre 1989, art. 2. In questa linea si è espressa anche la giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentenze 17 maggio 2003 n. 7736, 17 maggio 2007 n. 11462); non può essere riferita ad un diverso orientamento Cass. 18 dicembre 2003 n. 19425, che, pur senza esaminare specificamente detto presupposto, conferma il principio di diritto enunciato da Cass. 14 giugno 1999 n. 5890, ove si afferma espressamente, come condizione per l’accesso alla prestazione, la necessità di urgente ricovero presso un centro ospedaliero di altissima specializzazione).
D’altro canto, non rileva nel caso in esame la diversa tutela per l’assistenza sanitaria ai cittadini italiani all’estero prevista dal D.P.R. 31 luglio 1980, n. 618, (emanato in base alla delega di cui la L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 37), con cui lo Stato si è assunto l’onere di provvedere a detta assistenza per i cittadini italiani per il periodo di loro permanenza all’estero, delimitando l’ambito dei beneficiari alle categorie elencate nell’art. 2, relative a soggetti che svolgano attività lavorativa all’estero (alla quale è equiparata la fruizione di borse di studio presso università o fondazioni straniere). Sono dunque esclusi dall’assistenza i cittadini che si trovino all’estero, come nel caso di specie, per motivi diversi da quelli del lavoro o di fruizione di borse di studio.
Nella fattispecie non entra neppure in considerazione l’assistenza per i cittadini che si trovino nel territorio di uno Stato membro della Comunità Europea, o in Stati per i quali operano accordi bilaterali o multilaterali.
3. Questa interpretazione, peraltro, pone dei dubbi di legittimità costituzionale della L. n. 595 del 1985, art. 3, comma 5, come integrato dal D.M. 3 novembre 1989, artt. 2 e 7, e dal D.M. 13 maggio 1993, art. 2, in relazione all’art. 3 Cost..
Il Collegio ritiene la questione rilevante, perchè- secondo l’interpretazione che essa fa propria nell’esercizio della funzione nomofilattica che gli è demandata – la pretesa azionata nel presente giudizio non può trovare tutela nell’ordinamento e il ricorso dovrebbe essere accolto. La questione, inoltre, non è manifestamente infondata per le considerazioni che seguono.
La giurisprudenza costituzionale ha più volte affermato che la tutela del diritto alla salute garantito dall’art. 32 Cost., non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone; le esigenze della finanza pubblica tuttavia non possono assumere nel bilanciamento del legislatore un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile di tale diritto, protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della personalità umana.
Con particolare riferimento alla tutela fornita dall’ordinamento per le prestazioni sanitarie fornite all’estero, la Corte Costituzionale ha più volte confermato che la previsione delle modalità di attuazione di tale garanzia postula scelte riservate alla discrezionalità del legislatore (cfr. ord. n. 19/1992, sent. n. 247/1992); con V ordinanza n. 78/1996 ha in particolare ritenuto inammissibile la questione di costituzionalità della L. 23 ottobre 1985, n. 595, art. 3, comma 5, (nella parte in cui esclude dalla assistenza le prestazioni ottenute all’estero sul solo presupposto dell’urgenza) sul rilievo che la richiesta del Giudice a quo avrebbe imposto di definire – mediante una sentenza di tipo additivo condizioni, limiti e modalità di una ipotesi nuova di assistenza indiretta da dispensare all’estero, secondo regole oggetto di scelte riservate alla discrezionalità del legislatore.
Peraltro, importanti indicazioni su questo tema sono state fornite da Corte Cost. n. 309/1999, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della L. n. 833 del 1978, art. 37, e del D.P.R. 31 luglio 1980, n. 618, artt. 1 e 2, nella parte in cui, a favore dei cittadini all’estero che non rientrano nelle categorie dell’art. 2, di detto testo normativo e versano in disagiate condizioni economiche, non prevedono forme di assistenza gratuita da stabilirsi dal legislatore. Con riguardo alla normativa denunciata, il Giudice delle leggi ha affermato che "l’istanza di protezione del diritto alla salute anche al di fuori dei confini nazionali che informa l’intera legge non viene subordinata ad alcun parametro di reddito…". "Ciò denota che il diritto alla salute, qui declinato come diritto all’assistenza in caso di malattia, ha assunto una configurazione legislativa che ne rispecchia la vocazione espansiva".
La sentenza nota anche che ai fini della delimitazione dell’ambito della tutela i vari motivi di soggiorno fuori dal territorio nazionale, diversi dal lavoro o dalla fruizione di borse di studio, non può essere assegnata una aprioristica valutatone negativa, perchè l’espatrio può costituire in ogni caso fattore di arricchimento e di sviluppo della personalità.
La "vocazione espansiva" che nella legislazione italiana ha assunto la configurazione del diritto alla salute (oltre il limite irriducibile della garanzia dell’assistenza gratuita per i cittadini non abbienti) è rappresentata – indipendentemente dalle condizioni economiche dei cittadini interessatianche dalla disciplina introdotta dalla L. del 1985, art. 3 comma 5, progressivamente ampliata con i vari decreti ministeriali emanati in attuazione di tale normativa primaria; per situazioni in cui danni gravi e irreparabili alla salute possono essere evitati solo ricorrendo a prestazioni sanitarie erogate all’estero, il legislatore ha riconosciuto di dover attribuire, rispetto alle esigenze della finanza pubblica, preminenza al diritto alla salute, se lo stesso risulti compromesso (con il diritto alla integrità fisica e lo stesso diritto alla vita) nei casi in cui solo le cure ottenibili all’estero possano porre rimedio alla gravita della patologia e ai rischi connessi al differimento dell’intervento terapeutico.
Peraltro, in relazione alla tutela così concessa dall’ordinamento, la lesione dei beni costituzionalmente protetti si prospetta negli stessi termini sia quando la patologia possa essere curata solo all’estero grazie all’altissima specializzazione della struttura ivi operante, sia quando la patologia, insorta all’estero, possa essere curata solo dove è sorta (anche in strutture diverse) e non tolleri un differimento delle terapie necessarie, sia pure con un rapido rientro in patria.
Va d’altro canto considerato che le condizioni, i limiti e le modalità di accesso all’assistenza indiretta L. n. 595 del 1985, ex art. 3, risultano attualmente regolati dalla normativa secondaria di attuazione nell’ultima parte del D.M. del 1989, art. 7, comma 2, nel testo modificato dal D.M. del 1993, art. 2.
Appare dunque priva di giustificazione e irragionevole, in relazione all’art. 3 Cost., una normativa che limiti l’assistenza indiretta alle ipotesi di ricovero all’estero nei centri di altissima specializzazione e la neghi invece per le terapie urgenti in strutture diverse, quando, pur essendo differenti le ragioni che impongono la cura all’estero, sia identica la minaccia al bene costituzionalmente protetto, e questo possa essere garantito alle stesse condizioni, con i medesimi limiti e le medesime modalità già stabiliti per le ipotesi contemplate dalla normativa denunciata, senza che l’estensione della sua applicazione alle ipotesi tra cui rientra quella della fattispecie oggetto del presente giudizio implichi in alcun modo, sotto questo profilo, la definizione di un regime diverso.
Non sembra, infine, che la diversità di trattamento possa essere giustificata dal fatto volontario che determina la presenza all’estero (diverso dalle ragioni di lavoro o di studio) perchè a tali motivi, anche culturali e di svago, che possono corrispondere a fattori di arricchimento e sviluppo della personalità, non può essere collegata, come sopra rilevato, una valutatone negativa.
Per concludere, va dichiarata rilevante, e non manifestamente infondata, in relazione all’art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale della L. 23 ottobre 1985, n. 595, art. 3 comma 5, come integrato dal D.M. 3 novembre 1989, artt. 2 e 7, e dal D.M. 13 maggio 1993, art. 2, nella parte in cui, riconoscendo il diritto alla fruizione in forma indiretta di prestazioni assistenziali per cittadini italiani all’estero presso centri di altissima specializzazione, esclude tale assistenza per prestazioni ottenute all’estero in strutture diverse dai suddetti centri anche quando tali prestazioni siano rese indispensabili da comprovate ragioni di gravita ed urgenza.
Ai sensi della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, alla dichiarazione di rilevanza nel giudizio e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, segue la sospensione del giudizio, e l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

P.Q.M.

La Corte dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 32 Cost., la questione di legittimità costituzionale della L. 23 ottobre 1985, n. 595, art. 3 comma 5, come integrato dal D.M. 3 novembre 1989, artt. 2 e 7, e dal D.M. 13 maggio 1993, art. 2, nella parte in cui non è applicabile alle ipotesi di prestazioni sanitarie ottenute presso strutture estere diverse dai centri di altissima specializzazione nei casi in cui tali prestazioni siano l’unica possibilità per evitare un danno grave e irreversibile alla salute.
Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio.
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Redazione