Corte di Cassazione Civile Sezione lavoro 17/9/2009 n. 20047; Pres. Ianniruberto G.

Redazione 17/09/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex art. 414 c.p.c., dinanzi al Tribunale-Giudice del lavoro di Lecce L.T. conveniva in giudizio il CONSORZIO SPECIALE PER LA BONIFICA DI ARNEO esponendo di essere stato assunto dal convenuto CONSORZIO il 1 settembre 1998 in forza di un contratto biennale di formazione e lavoro finalizzato al conseguimento della qualifica di "capo ufficio centro elaborazione dati", senza che gli fosse stata consentita la lettura del progetto di formazione nè che gli fosse stata impartita per le previste rispettive 16 e 20 ore settimanali la dovuta formazione teorica e pratica, per cui il contratto di formazione lavoro (in acronimo, cfl) doveva ritenersi simulato e stipulato in frode alla legge con conseguente nullità del termine finale ivi apposto e che, comunque, risultavano gravemente inadempiuti gli obblighi formativi del cfl anche per il mancato riconoscimento al termine del rapporto dell’inquadramento di "capo ufficio Ced". Il ricorrente chiedeva, pertanto, che fosse dichiarata la nullità ovvero l’avvenuto inadempimento del cfl con conseguente attribuzione alla pattuizione della natura di contratto di lavoro a tempo indeterminato, con obbligo al ripristino del rapporto e con condanna del Consorzio alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno.

Si costituiva in giudizio il CONSORZIO SPECIALE PER LA BONIFICA DI ARNEO che impugnava integralmente la domanda attorea e ne chiedeva il rigetto.

L’adito Tribunale di Lecce, con sentenza del 5 novembre 2004, rigettava il ricorso – sul presupposto dell’accertato adempimento del convenuto agli obblighi assunti con il cfl mediante l’inserimento guidato del lavoratore nel contesto lavorativo con parallela somministrazione di formazione teorico-pratica – e, a seguito di impugnativa di L.T. e ricostituitosi il contraddittorio, la Corte di appello di Lecce, con sentenza del 26 gennaio 2006, rigettava l’appello, dichiarando compensate le spese del grado.

Per la cassazione di tale sentenza L.T. propone ricorso affidato a sette motivi.

L’intimato CONSORZIO SPECIALE PER LA BONIFICA DI ARNEO resiste con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia "violazione del D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 3, (convertito in L. n. 863 del 1984) recante misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali".

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia "omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione un punto decisivo della controversia".

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia "violazione del combinato disposto di cui del D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 4 e all’art. 249 Trattato CE".

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia "violazione del settimo del D.L. 30 ottobre 1984, art. 3, comma 7".

Con il quinto motivo il ricorrente denuncia "violazione del D.L. n. 862 del 1984, art. 3, comma 2".

Con il sesto motivo il ricorrente denuncia "omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia riguardante la formazione teorica di esso ricorrente".

Con il settimo motivo di ricorso il ricorrente denuncia "omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia costituito dalla sanzione della conversione del cfl in contratto a tempo indeterminato". 2. I cennati motivi di ricorso – da valutarsi congiuntamente in quanto sostanzialmente connessi – non sono (nonostante il notevole sforzo difensivo a sostegno delle ragioni del ricorrente) meritevoli di accoglimento.

2/a – Al riguardo, in merito alla censura inerente all’inadempimento degli obblighi formativi da parte del Consorzio – datore di lavoro, la Corte di appello di Lecce ha rilevato che "il cfl in questione atteneva all’acquisizione di professionalità di rango intermedio, quella di capo ufficio del centro elaborazione dati, in cui si riteneva dovesse prevalere la funzione formativa su quella, pure compresente, di agevolazione all’inserimento professionale del giovane lavoratore: funzione formativa da assolversi necessariamente mediante stages di apprendimento teorico sulle materie oggetto di apprendimento ed esecuzione di concrete mansioni lavorative negli ambiti di tali materie, il tutto finalizzato a far conseguire al soggetto al termine del biennio di durata del c.f.l. la professionalità sufficiente a consentirne l’operatività nella qualifica oggetto della formazione". 2/b – Precisato il punto essenzialmente controverso, occorre – in linea generale rimarcare che da tutto il complesso delle norma della L. n. 863 del 1984 si evince che l’obbligo di formazione non si esaurisce nella semplice comunicazione del progetto di formazione, o nella stipulazione del successivo contratto, ma deve trovare attuazione precisa e continua nello svolgimento concreto del rapporto di lavoro. Secondo le regole generali in materia di inadempimento, il lavoratore – in caso di mancata o carente formazione – potrebbe agire alternativamente recedento dal contratto per giusta causa ovvero richiedere l’adempimento in forma specifica del contratto, oltre al risarcimento del danno (art. 1453 c.c.). Tuttavia, i principi generali dei contratti non sono applicabili in questa particolare ipotesi di inadempimento del datore di lavoro, poichè sul punto vi è l’espressa deroga legislativa, contenuta nella L. n. 863, art. 3, comma 9, secondo cui: "in caso di inosservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi del contratto di formazione e lavoro, il contratto stesso si considera a tempo indeterminato fin dalla data di instaurazione del relativo rapporto".

Deve, pertanto, convenirsi che la formazione costituisce, per esplicito riconoscimento del legislatore, una vera e propria obbligazione del datore di lavoro, la cui inosservanza o inesatta osservanza determina – come peculiare sanzione – la trasformazione del rapporto di formazione in rapporto a tempo indeterminato e senza vincoli di formazione, senza possibilità di opzioni alternative rimesse alla volontà del lavoratore.

La L. 29 dicembre 1990, n. 407, art. 8, comma 8, prevede, poi, come ulteriore sanzione, quella della perdita, sin dall’origine, dei benefici contributivi ("in caso di inadempimento da parte del datore di lavoro agli obblighi inerenti alla formazione del lavoratore, l’ispettorato del lavoro, previa diffida, dispone la revoca, fin dalla costituzione del rapporto di formazione e lavoro, del beneficio di cui al comma 1 per il lavoratore stesso").

E’ evidente che il legislatore non si è affatto preoccupato di coordinare le due disposizioni tra di loro: per cui al limite, a fronte di una conversione del contratto a tempo indeterminato senza vincoli formativi (richiesta ed ottenuta giudizialmente dal lavoratore) potrebbe aversi un successivo adempimento del datore di lavoro agli obblighi formativi, rilevante esclusivamente ai fini del mantenimento delle agevolazioni contributive.

Le disposizione di cui alla L. n. 863, art. 3, comma 9, fa riferimento alla "inosservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi del contratto di formazione e lavoro".

Data la formulazione, quanto mai generica, utilizzata dal legislatore, si tratta di definire – prima di ogni altra cosa – quali siano gli obblighi la cui inosservanza determina la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, e senza vincoli formativi, sin dall’inizio.

Tenuto conto della ragione ispiratrice della legge, appare evidente che devono ritenersi esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 3, comma 9, tutti gli adempimenti del datore di lavoro che non riguardano strettamente gli obblighi di formazione. Tanto per fare un esempio, l’obbligo (pure discendente dal contratto di formazione e lavoro, ma in tutto analogo a quello derivante da un "ordinario" contratto di lavoro) di corrispondere puntualmente la retribuzione e quello di versare i contributi, seppure nella misura più ridotta prevista dalle disposizioni in vigore. Si devono, parimenti, escludere dall’ambito di applicazione dell’art. 3, comma 9, tutti quegli obblighi di natura legale e convenzionale che siano riconducibili a comportamenti ed atti puramente formali: ad esempio, la mancata notificazione del contratto all’ispettorato del lavoro, stabilita dal vecchio testo dell’art. 3 comma 3 della legge, la quale non poteva certamente dar origine alla conversione del rapporto a tempo indeterminato ciò a specifica conferma dell’infondatezza del terzo e del quarto motivo di ricorso prioritariamente inammissibili in quanto con essi, come è stato esattamente eccepito dal controricorrente, sono state proposte questioni nuove (Cass. n. 1474/2207).

In altre parole, la (indubbiamente grave) sanzione della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, oltre tutto fin dall’inizio del rapporto, non può che conseguire ad un (parimenti grave) inadempimento di natura sostanziale degli obblighi formativi posti a carico del datore di lavoro.

Questa appare anche l’unica interpretazione possibile, tenuto conto della lettera e dello spirito della legge.

Tale linea interpretativa trova conforto anche nel tenore letterale della L. n. 407 del 1990, art. 8, comma 8, che – sia pure ai fini limitati della revoca dei benefici contributivi – contiene una formulazione leggermente diversa da quella risultante ad una prima lettura della L. n. 863 del 1984, art. 3, comma 9 "inadempimento da parte del datore di lavoro agli obblighi inerenti alla formazione del lavoratore" (in luogo di "inosservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi del contratto di formazione e lavoro").

La nuova formula adottata dal legislatore, pur riguardando solo l’aspetto delle agevolazioni contributive, ed i rapporti tra datore di lavoro e Istituto previdenziale, ha sempre come comune presupposto l’inadempimento del datore di lavoro agli obblighi formativi (di cui al più volte citato della L. del 1984, art. 3, comma 9).

Essa, ad avviso del Collegio, chiarisce ancor meglio che gli unici inadempimenti rilevanti – almeno ai fini che qui interessano – sono quelli che riguardano strettamente gli obblighi di formazione posti a carico del datore di lavoro nel corso del rapporto.

Restano, pertanto, esclusi dall’ambito di applicazione della L. n. 863, art. 3, comma 9, come di quello di cui alla L. del 1990, art. 8, comma 8, tutti i fatti relativi al momento genetico del rapporto, che possono comportare la nullità o annullabilità del contratto di formazione ed, in molti casi, la conversione sin dall’origine in contratto di lavoro a tempo indeterminato, o in qualche caso, a termine, ma senza vincoli formativi così, ad esempio: – la mancanza assoluta di approvazione del progetto di formazione da parte della Commissione Regionale per l’impiego o del Ministero del Lavoro, ovvero l’approvazione intervenuta solo in un momento successivo all’inizio effettivo del rapporto – pure in caso di approvazione tempestiva (erroneamente concessa), la mancanza dei presupposti soggettivi per la validità del contratto, relativi alla persona del lavoratore (età maggiore o minore di quella stabilita dalla legge) o al datore di lavoro (escluso in via definitiva dall’ambito di applicazione della legge o via temporanea per effetto di sospensione o riduzione del personale); la difformità del contenuto del contratto di formazione e lavoro rispetto al progetto; l’adibizione a mansioni generiche o ripetitive, anche al di là di quanto previsto dalla contrattazione collettiva; – l’assegnazione di mansioni identiche a quelle in precedenza già svolte dal lavoratore in altra impresa o nella medesima (al di là della qualifica rivestita) (cfr. Cass. n. 15308/2004, n. 4015/1998, n. 6016/1997, 66/1995).

3/c – In sostanza, con le disposizioni summenzionate, il legislatore ha inteso, con tutta evidenza, riferirsi solo al momento dinamico del rapporto, cioè all’inadempimento del datore di lavoro concernente lo svolgimento effettivo della formazione: inadempimento che, peraltro, deve essere non solo di carattere sostanziale, ma soprattutto di particolare gravità.

Questa Corte ha ritenuto che, nei casi di mancata inadeguata attività formativa, il giudice generalmente, su ricorso del lavoratore, ovvero dell’istituto previdenziale deve valutare in base ai principi generali la gravità dell’inadempimento, (ai sensi dell’art. 1455 c.c.) dichiarando la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, e senza vincoli formativi solo nei casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza, e tali comunque da non poter essere sanati in tempo utile, in modo da consentire comunque la formazione nel tempo stabilito, (cfr. Cass. n. 15878/2004, n. 1006/2003, n. 320/2003, n. 11482/2002, n. 11412/2000).

In particolare questa Corte ha, di recente, testualmente statuito che "nel contratto di formazione e lavoro la divergenza fra obblighi contrattuali ed il concreto svolgimento del rapporto non realizza un inadempimento del datore di lavoro sanzionabile con la conversione del rapporto medesimo in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ove detto svolgimento – secondo la valutazione del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivata avvenga con modalità tali da non compromettere la funzione del contratto, che, diversamente dall’apprendistato, non tende a consentire il mero conseguimento delle nozioni base per l’esecuzione della prestazione professionale, ma a favorire, attraverso l’acquisizione di specifiche conoscenze, l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale in funzione dell’accesso nel mondo del lavoro". (Cass. n. 11365/2008 alla cui parte motiva anche espressamente vale riportarsi) 2/d. In conformità alla cennata giurisprudenza la Corte di appello di Lecce ha esattamente ritenuto che "nel valutare in concreto le modalità di attuazione del programma della formazione non può quindi prescindersi dall’atteggiamento del lavoratore-discente e da quello del datore di lavoro avuto riguardo alla qualifica oggetto del contratto ed alla organizzazione aziendale del Consorzio, rilevando, quanto al comportamento del Consorzio, che, non essendovi in sede un centro di addestramento del personale, la formazione teorico-pratica non poteva che promanare, come appunto previsto del c.f.l., da funzionari del Consorzio come in effetti avvenuto (i testi di S., B., C., D.M. e M. hanno confermato l’assolvimento dei compiti didattici del Consorzio essendo stato il L. destinatario di lezioni teoriche e di addestramento sul campo presso vari settori del Consorzio: per cui conclusivamente è ampiamente risultato che il datore predispose ed attuò la formazione teorico – pratica del L. finalizzato al conseguimento della qualifica prevista facendogli inoltre seguire dei corsi esterni a ciò deputati" (circostanza quest’ultima che, contrariamente a quanto argomentato dal ricorrente, costituiva, senza dubbio, un elemento aggiuntivo per realizzare il percorso formativo attuato dal Consorzio).

2/e – Ribadito, quindi, che la valutazione del giudice del merito sull’effettività dell’attività formativa resta incensurabile in sede di legittimità, la motivazione (dianzi trascritta) adottata sul punto dalla Corte di appello di Lecce appare corretta ed esaustiva rimarcando, comunque, in merito alle doglianze del ricorrente sugli asseriti vizi motivazionali che inficerebbero la sentenza impugnata – che:

-) il difetto di motivazione, nel senso d’insufficienza di essa, può riscontrarsi soltanto quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice e quale risulta dalla sentenza stessa emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero l’obiettiva deficienza, nel complesso di essa, del procedimento logico che ha indotto il giudice, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, come per i rilievi mossi nella specie dal ricorrente – quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati;

-) il vizio di motivazione sussiste unicamente quando le motivazioni del giudice non consentano di ripercorrere l’iter logico da questi seguito o esibiscano al loro interno non insanabile contrasto ovvero quando nel ragionamento sviluppato nella sentenza sia mancato l’esame di punti decisivi della controversia – irregolarità queste che la sentenza impugnata di certo non presenta;

-) per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi – come, nella specie, esaustivamente ha fatto la Corte di appello di Lecce – le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse.

3 – A conferma della pronuncia di rigetto dei motivi di ricorso in esame vale, infine, riportarsi al principio di cui alla sentenza di questa Corte n. 5149/2001 (e, più di recente, di Cass. Sezioni Unite n. 14297/2007) in virtù del quale, essendo stata rigettata la principale assorbente ragione di censura, il ricorso deve essere respinto nella sua interezza poichè diventano inammissibili, per difetto di interesse, le ulteriori ragioni di censura.

4 – In definitiva, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto dal L.T. deve essere respinto e il ricorrente – stante la sua soccombenza – va condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 53,00, oltre a Euro 2.000,00, per onorari ed alle spese generali e agli ulteriori "oneri di legge".

Redazione